Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28238 del 23/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28238 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NARDIN GRAZIANO, nato a Latina il 10/09/1977

avverso l’ordinanza del 10/09/2015 del Tribunale di Latina

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale dott. Alfredo
Pompeo Viola che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

1

Data Udienza: 23/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 22.7.2015, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Foggia, su richiesta del PM, disponeva il sequestro preventivo del
piano secondo dell’edificio residenziale sito in Latina alla via Albinoni, in relazione
ai reati di cui ali artt.81,110,479,323 cod. pen. e 44 lett. b) d.P.R. 380/2001.
Il Tribunale di Latina, a seguito di riesame proposta nell’interesse di Nardin

2.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Nardin

Graziano, per il tramite del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge in relazione al
requisito del

fumus commissi delle-ti,

argomentando che erroneamente il

Tribunale del riesame aveva ritenuto che il progetto di perequazione del
10.5.1984 con il relativo atto di obbligo non fosse sufficiente per la formazione
del silenzio assenso ex art. 20 comma 8 del d.P.R. 380/2001, in quanto tale atto
era stato presentato dagli eredi Schievano, soggetti aventi diritto esclusivo
all’edificazione in quanto, pur se non proprietari, nella disponibilità materiale e
giuridica dell’area.
Con un secondo motivo di ricorso deduce ulteriore violazione di legge in
relazione al requisito del fumus commissi delicti; argomenta che, alla luce di
quanto esposto a fondamento del primo motivo di ricorso, deve ritenersi
possibile il rilascio del titolo abilitativo anche a soggetti che pur avendo la
disponibilità dell’area di intervento non sono ancora proprietari della medesima;,
la legge regionale del Lazio n. 21 del 2009, come modificata dalla legge
regionale del Lazio n. 10 del 2014, prevede che il permesso di costruire possa
intendersi rilasciato anche per silentium; pertanto, tutte le opere realizzate
potevano e possono ancor oggi essere assentite atteso che per l’ottenimento del
titolo abilitativo per silentium deve ritenersi atto sufficiente il progetto di
perequazione del 10.5.1984 con il relativo atto di obbligo.
Chiede, pertanto, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
2. Va ricordato, in premessa, che, a norma dell’art. 325 cod. proc. pen., il
ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro

Graziano, rigettava l’istanza e confermava il decreto di sequestro i

preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi
comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno
del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile
l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov,
Rv. 239692).
Il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell’art. 325,

della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per mero
vizio logico della stessa, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv.
248129).
Il vizio motivazionale, infatti, va distinto dalla motivazione meramente
apparente essendo il primo configurabile solo in relazione ad una motivazione
presente (nel senso espresso, che il ricorso per cassazione per violazione di
legge, a norma dell’art. 325, comma 1, può essere proposto solo per mancanza
fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, ma non per
vizio motivazionale, Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini, Rv. 248129; Sez.
U, Sentenza n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710; Sez. U, Sentenza n. 5876 del
28/01/2004, Rv.226710).
Va, poi, ricordato che nella valutazione del fumus commissi delicti, quale
presupposto del sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 1 cod. proc.
pen., il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta
configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente,
delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli
elementi forniti dalle parti, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni che
rendono allo stato sostenibile l’impostazione accusatoria; ciò però non significa
che possa sindacare la concreta fondatezza dell’accusa, ma deve solo accertare
la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato (Sez. 4, n.
15448 del 14/03/2012, Vecchione, Rv. 253508; Sez. 5, n. 18078 del
26/01/2010, De Stefani, Rv. 247134,

Sez.5, n.

49596 del 16/09/2014,

Rv.261677).
Va, quindi, ribadito che mentre per la applicazione delle misure cautelarì
personali è necessario un giudizio di probabilità di colpevolezza dell’indagato in
relazione ad uno o più reati contestati, fondato su una valutazione di gravita
degli indizi a suo carico, giudizio richiesto dall’art. 273 c.p.p., per l’applicazione
delle misure cautelari reali è sufficiente e necessaria la sussistenza del fumus
commissi delicti, ovvero una verifica delle risultanze processuali che consenta di
ricondurre alla figura astratta del reato contestato la fattispecie concreta e renda

comma 1 cod. proc. pen., quindi, può essere proposto solo per mancanza fisica

plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato (Sez. U, n. 920 del
17/12/2003 – 19/01/2004, Montella, Rv. 226492).
Alla luce di tali principi, quindi, vanno valutati i motivi del ricorso.
Il Tribunale, nel provvedimento impugnato, ha adeguatamente valutato
l’astratta configurabilità del reato contestato, tenendo conto delle risultanze
processuali e delle deduzioni difensive della parte.
Le censure mosse in questa sede dal ricorrente sono inammissibili.
I motivi di ricorso articolati, infatti, si risolvono essenzialmente nella

impugnato in ordine alla ricostruzione fattuale dei presupposti applicativi della
legge regionale 10/2011 (valutazione della domanda presentata dal dante causa
del ricorrente sulla base del progetto di perequazione del 1984 e relativo atto di
obbligo), che, alla luce dei principi di diritto suesposti, non è consentito proporre
in questa sede.
4. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 23/3/2016

formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento

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