Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28234 del 10/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28234 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CIARELLI ANTONGIORGIO N. IL 14/08/1980
avverso l’ordinanza n. 2463/2013 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
21/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. (r Io V W 14 D’ Ft (r- Etc,
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Data Udienza: 10/04/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza pronunciata il 21.10.2013 il Tribunale di Roma, costituito ai
sensi dell’art. 310 cod.proc.pen., ha rigettato l’appello proposto da Ciarelli
Antoniogiorgio avverso l’ordinanza in data 1.08.2013 con cui il Tribunale di
Latina aveva respinto l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare
della custodia in carcere applicata nei confronti dell’appellante, imputato dei reati
di associazione per delinquere, tentato omicidio aggravato in concorso,
ricettazione e violazione della disciplina delle armi, in qualità di partecipe del

omicidi, omicidi, nonché di assistere gli associati ricercati dalle forze dell’ordine.
Il Tribunale rilevava che l’ordinanza genetica, dispositiva della misura cautelare a
carico del Ciarelli, emessa il 10.04.2012 dal giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Latina, era stata confermata il 7.05.2012 dal Tribunale del riesame,
con conseguente formazione del giudicato cautelare, e che il Ciarelli era stato
rinviato a giudizio per i reati per i quali era sottoposto alla misura; l’istanza di
revoca o modifica della misura, fondata sulle dichiarazioni rese in dibattimento
da Marchetto Fabrizio, era stata rigettata sul presupposto del giudicato formatosi
in ordine al quadro di gravità indiziaria e alle esigenze cautelari esistenti a carico
dell’imputato, che non erano venute meno in sede di istruttoria dibattimentale,
non ancora conclusa.
Il Tribunale richiamava le motivazioni dell’ordinanza genetica su cui si era
formato il giudicato cautelare, con particolare riguardo agli elementi ritenuti
gravemente indizianti del concorso del Ciarelli nel tentato omicidio di Marchetto
Fabrizio, rappresentati (tra gli altri) dall’utilizzo di alcune sim card interessate da
contatti telefonici con Grenga Simone, arrestato (insieme a Pradissitto Andrea)
con l’accusa di essere uno degli autori materiali del delitto, commesso come
ritorsione per l’omicidio di Ferdinando Di Silvio, attribuito allo stesso Marchetto,
nonché dal ruolo di palo nel tentato omicidio attribuito al Ciarelli dal Grenga e dal
Pradissitto, lamentando che il complice non li avesse avvisati dell’intervento della
polizia, che li aveva sorpresi impedendo la consumazione del delitto; l’ordinanza
genetica aveva altresì valorizzato il contenuto dei colloqui del Ciarelli captati
all’interno della casa circondariale di Velletri, dove era detenuto insieme al
Grenga, riguardanti in particolare i timori nutriti dal Pradissitto a seguito
dell’ingresso in carcere del Marchetto (di cui evidentemente temeva la vendetta).
Il Tribunale svalutava l’idoneità a modificare la gravità del quadro indiziario
dell’elemento di novità che l’appellante aveva individuato nelle dichiarazioni
dibattimentali del Marchetto di non conoscere il Ciarelli e i suoi complici e di non
aver commesso azioni che potessero innescare una vendetta nei suoi confronti:
la veridicità della prima circostanza era infatti contraddetta dall’appartenenza dei
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sodalizio criminoso di appartenenza col compito di eseguire attentati, tentati

soggetti al medesimo contesto criminale, dai periodi di carcerazione trascorsi in
comune e dal contenuto delle conversazioni intercettate, mentre la seconda
circostanza era irrilevante, dato che il tentato omicidio del Marchetto era stato
posto in essere nella convinzione dei suoi autori che egli fosse il responsabile
dell’omicidio del Di Silvio, a prescindere dalla verità storica della circostanza; il
Marchetto era stato inoltre arrestato, pochi giorni dopo il fallito attentato in suo
danno, in possesso di una pistola col colpo in canna, a conferma dello stato di
timore di possibili nuovi agguati in cui viveva.

riguardo a tutte e tre le ipotesi previste dall’art. 274 del codice di rito:
valorizzava, in particolare, il concreto pericolo di reiterazione dei reati ricavabile
dalla capacità a delinquere e dalla determinazione criminale dimostrate
dall’imputato, nonché l’attualità del vincolo associativo, la programmazione di
ulteriori delitti da parte degli associati durante la carcerazione e la dedizione
professionale al crimine del Ciarelli, che viveva esclusivamente dei relativi
proventi; rilevava che il mancato completamento dell’istruttoria dibattimentale,
nel giudizio di merito, manteneva attuale il pericolo di inquinamento probatorio,
tenuto conto della capacità di intimidazione dimostrata dal contenuto dei colloqui
captati in carcere, contemplanti l’ipotesi di attentati agli agenti penitenziari e di
minacce all’interprete di lingua rom; evidenziava il concreto pericolo di fuga
derivante dalla presumibile entità della pena irroganda e dal comportamento
concludente in tal senso di altri componenti della famiglia Di Silvio.
L’inaffidabilità complessiva del Ciarelli e l’irrilevanza del tempo trascorso
dall’esecuzione della misura escludevano infine l’adeguatezza di misure gradate.
2. Ricorre per cassazione Ciarelli Antoniogiorgio, a mezzo del difensore,
lamentando la natura meramente apparente della motivazione dell’ordinanza
impugnata, che si era limitata a riprodurre quella della precedente decisione del
Tribunale in sede di riesame dell’ordinanza genetica, senza esaminare i profili di
doglianza sollevati dall’imputato nei motivi d’appello e senza tenere conto del
mutato contesto processuale conseguente all’escussione di Marchetto Fabrizio,
così incorrendo nel travisamento del novum probatorio nella misura in cui era
stata completamente omessa la valutazione di tale (nuova) emergenza; deduce
tre motivi di censura, in base ai quali chiede l’annullamento del provvedimento
impugnato.
2.1. Col primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 606 comma 1 lett.
e) cod.proc.pen., in relazione all’art. 273 del codice di rito, rilevando l’assoluta
inconsistenza del quadro indiziario richiamato dall’ordinanza impugnata in ordine
al coinvolgimento del Ciarelli nel tentato omicidio del Marchetto, anche alla luce
dell’escussione di quest’ultimo che aveva vanificato l’ipotizzato movente del
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Il Tribunale riteneva invariato anche il quadro delle esigenze cautelari, con

delitto.
2.2. Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 606 comma 1
lett. c) ed e) cod.proc.pen., in relazione all’art. 274 del codice di rito,
lamentando l’apoditticità della motivazione sulla sussistenza delle esigenze
cautelari, basata su mere petizioni di principio, essendo tra l’altro venuto meno
qualsiasi pericolo di inquinamento probatorio a seguito dell’escussione del
Marchetto, e non bastando la mera previsione dell’irrogazione di un’elevata pena
detentiva a concretizzare il pericolo di fuga dell’imputato.

e) cod.proc.pen., in relazione all’art. 275 del codice di rito, rilevando la natura
abduttiva del giudizio di inaffidabilità formulato in ordine al rispetto da parte
dell’imputato degli obblighi di una misura gradata, nonché la violazione del
principio di proporzionalità a fronte di un quadro indiziario fortemente attenuato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato in ogni sua deduzione e deve essere rigettato.
2. Quanto al primo motivo di doglianza, l’ordinanza impugnata ha fatto corretto
richiamo del giudicato cautelare formatosi in ordine alla sussistenza di gravi
indizi di colpevolezza a carico del Ciarelli a seguito del rigetto del riesame dallo
stesso proposto avverso l’ordinanza genetica applicativa della misura cautelare
personale in corso, con particolare riguardo al concorso nel tentato omicidio di
Marchetto Fabrizio: l’effetto preclusivo del precedente giudizio cautelare è
destinato, infatti, a venir meno soltanto in presenza di un successivo,
apprezzabile, mutamento del fatto, con la conseguenza che in difetto di nuove
acquisizioni probatorie che implichino un mutamento della situazione di fatto
sulla quale la decisione del tribunale del riesame era fondata, le questioni
dedotte dall’interessato a sostegno di una richiesta di revoca della misura
restano precluse (Sez. 5 n. 17986 del 9/01/2009, Rv. 243974; vedi anche Sez. 1
n. 19521 del 15/04/2010, Rv. 247208, che ribadisce il principio secondo cui solo
la sopravvenienza di fatti nuovi può giustificare la rivalutazione di quelli già
apprezzati e rendere possibile la revoca o la modifica della misura applicata della
custodia cautelare in carcere su cui si sia formato il giudicato cautelare).
Le censure riguardanti la consistenza del quadro indiziario a carico del ricorrente
valutato nell’ordinanza genetica sono dunque precluse dal giudicato cautelare di
cui all’ordinanza 7.05.2012 del Tribunale del riesame, e il provvedimento
impugnato, emesso a seguito di richiesta ex art. 299 cod.proc.pen., ha
correttamente assolto il proprio obbligo motivazionale limitando l’esame all’unico
elemento di novità dedotto dalla difesa del Ciarelli, costituito dalle dichiarazioni
rese dalla parte lesa Marchetto Fabrizio nel dibattimento in corso di celebrazione,
i cui contenuti sono stati ritenuti inidonei a intaccare la permanente gravità del

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2.3. Col terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 606 comma 1 lett.

quadro indiziario sulla base di argomentazioni congrue e logicamente coerenti
che si sottraggono al sindacato di legittimità.
La capacità di depotenziare la gravità del quadro indiziario esistente dell’assunto,
di carattere essenzialmente negatorio, del Marchetto di essere estraneo
all’omicidio del Di Silvio, di non conoscere il Ciarelli e i suoi complici, di non
essere a conoscenza di ragioni di astio di questi ultimi nei suoi confronti e di non
temere perciò alcun attentato da parte loro, è stata, in particolare, disattesa dal
Tribunale sulla scorta di elementi fattuali e logici di obiettiva coerenza e

pistola e pronti a sparare, appostati nei pressi dell’abitazione del Marchetto, dai
pregressi periodi di detenzione comune e dal contenuto delle conversazioni
intercettate in carcere rivelanti che la vittima designata e i suoi attentatori si
conoscevano tra loro e che il Pradissitto era impaurito dall’ingresso nella (stessa)
casa circondariale del Marchetto (di cui temeva la vendetta), dal dato di fatto che
quest’ultimo era stato a sua volta tratto in arresto nel flagrante possesso di una
pistola col colpo in canna (che portava con sé nell’evidente timore di incorrere in
nuovi agguati), nonché dagli argomenti logici per cui, da un lato, il Marchetto
non aveva alcun interesse a confessare l’omicidio del Di Silvio, commesso con
modalità tali da poter comportare la pena dell’ergastolo, e, dall’altro, la
convinzione dei suoi attentatori che egli ne fosse l’autore era idonea ad animarne
l’agguato ritorsivo a prescindere dalla verità storica di un suo coinvolgimento
nell’omicidio del loro sodale: l’ordinanza impugnata non è pertanto incorsa in
alcun travisamento del novum probatorio rappresentato dalle dichiarazioni del
Marchetto, che è stato anzi puntualmente apprezzato nella sua (ritenuta)
inefficacia a incidere sul preesistente quadro cautelare.
3. Anche il secondo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati in
modo congiunto, sono infondati.
L’ordinanza impugnata ha motivato in modo congruo ed esaustivo, che si sottrae
a qualsiasi censura in sede di legittimità, le ragioni sia della permanente attualità
delle esigenze cautelari che dell’inadeguatezza di misure diverse dalla custodia in
carcere a contenere, in particolare, il pericolo di reiterazione da parte del Ciarelli
di gravi delitti rientranti nel novero di quelli indicati dalla lettera c) dell’art. 274
cod.proc.pen., confermato anche dal comportamento successivo all’arresto per i
reati per cui si procede, ricavato dai contenuti delle conversazioni captate
durante la detenzione in carcere, attestanti la persistenza del vincolo associativo
e la programmazione di nuove attività criminose, dirette anche a influire sulla
genuinità delle acquisizioni probatorie del giudizio di merito in corso.
La preclusione derivante dal giudicato cautelare formatosi sulla sussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti ascritti al ricorrente è, d’altronde,
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consistenza, tratti dall’arresto in flagranza del Grenga e del Pradissitto, armati di

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
‘Roma, lì “”

116. 2414

destinata a estendersi – in assenza di nuovi elementi di valutazione – anche al
punto della decisione relativo alle esigenze cautelari determinate dalla
pericolosità del prevenuto, allorchè, come nella fattispecie, esse siano desunte
(anche) dalla qualificazione dei fatti per cui si procede e le argomentazioni
dell’interessato dirette a contestarne la persistenza si esauriscano in una censura
riguardante il venir meno o l’attenuazione del quadro indiziario (vedi Sez. 2 n.
4046 del 10/01/2013, Rv. 254435).
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, co. 1-ter, disp. att.
c.p.p..
Così deciso il 10/04/2014

spese processuali.

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