Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28234 del 09/03/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28234 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: MANZON ENRICO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Antonelli Alberto nato a Sant’Elpidio a Mare il 15/03/1968
avverso la ordinanza del 11/12/2014 della Corte d’appello di Ancona
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
letta la requisitoria del PG che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità
del ricorso;
letta la memoria depositata dall’Avvocatura generale dello Stato in
rappresentanza del Ministero dell’economia e delle finanze.

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 11 dicembre 2014, giudicando in sede di rinvio, la
Corte d’appello di Ancona, accertato il diritto di Alberto Antonelli alla riparazione
per ingiusta detenzione, per questo titolo liquidava in suo favore la somma di
euro 8.275,46 e ne ordinava il pagamento al Ministero dell’economia e delle
finanze, compensando le spese di procedura. In particolare la Corte territoriale,
appunto riconosciuto il buon diritto del richiedente all’indennizzo in questione, in
considerazione del massimale di legge e delle circostanze del caso concreto
perveniva a determinare detta somma, peraltro escludendo la sussistenza di
danni patrimoniali e quindi imputandola ai soli danni morali.
2. Contro il provvedimento, tramite il difensore fiduciario, ha proposto
ricorso per cassazione l’ Antonelli deducendo due motivi.

Data Udienza: 09/03/2016

2.1 Con un primo motivo lamenta violazione di legge relativamente alle
modalità della liquidazione disposta dalla Corte territoriale. In particolare
contesta il metodo applicato, meramente aritmetico e basato sulla entità della
detenzione cautelare sofferta, senza alcuna considerazione per le ulteriori
conseguenze dirette della medesima, così peraltro violando i precetti rivenienti
dalla giurisprudenza di legittimità. Insiste al riguardo sulla sussistenza di ingenti
danni patrimoniali e soprattutto di immagine, in quanto titolare di pubblico
esercizio. Peraltro evidenzia la non corretta determinazione del danno non

2.2 Con un secondo motivo si duole di vizio della motivazione sempre con
riguardo alla determinazione della riparazione spettantegli.
3. Il PG ha depositato requisitoria scritta chiedendo dichiararsi inammissibile
il ricorso, avendo lo stesso dedotto motivi non scrutinabili in sede di giudizio di
legittimità.
4. Il Ministero dell’economia e delle finanze ha depositato memoria con la
quale chiede dichiararsi inammissibile ovvero subordinatamente rigettarsi il
ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. E’ utile ribadire in premessa il condivisibile e consolidato principio che «In
tema di ingiusta detenzione, il controllo sulla congruità della somma liquidata a
titolo di riparazione é sottratto al giudice di legittimità, che può soltanto
verificare se il giudice di merito abbia logicamente motivato il suo convincimento
e non sindacare la sufficienza o insufficienza dell’indennità liquidata, a meno che,
discostandosi sensibilmente dai criteri usualmente seguiti, lo stesso giudice non
abbia adottato criteri manifestamente arbitrari o immotivati ovvero abbia
liquidato in modo simbolico la somma dovuta» (tra le molte, da ultimo, Sez. 4,
n. 24225 del 04/03/2015, Pappalardi, Rv. 263721).
Ebbene, la Corte territoriale, nei limiti datile dalla sentenza di rinvio, ha
doviziosamente argomentato in ordine ai criteri adottati per giungere alla
determinazione del danno liquidabile al ricorrente, non presentando il correlativo
percorso motivazionale alcun vizio logico. In particolare ha parametrato
correttamente l’indenizzo diretto per il tempo della detenzione sia carceraria sia
domiciliare; ha limitato la liquidazione del danno non patrimoniale in
considerazione della condizione personale di già giudicato dell’Antonelli; ha infine
escluso il risarcimento del danno patrimoniale per mancanza di prove adeguate
al riguardo.

patrimoniale.

Sulla base del complesso di tali considerazioni la Corte d’appello di Ancona è
quindi giunta a quantificare la somma dovuta al ricorrente, con una valutazione
che, sulla scorta di detto principio di diritto, non è sindacabile in questa sede.
Ne consegue l’inammissibilità dei due motivi di ricorso dedotti.
3. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria

l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C mille.
Il ricorrente inoltre deve essere condannato al pagamento delle spese del
presente giudizio al Ministero dell’economia e delle finanze, liquidate come in
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle
Ammende nonché alla rifusione in favore del Ministero dell’economia e delle
finanze delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi euro seicento.

Così deciso il 09/03/2016

dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,

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