Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28232 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28232 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CICCONE FAUSTO N. IL 18/02/1968
avverso la sentenza n. 120/2013 CORTE MILITARE APPELLO di
ROMA, del 18/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per .)

Udito, per

te civile, l’Avv

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Data Udienza: 13/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18.12.2013 la Corte militare di appello confermava la
decisione del Tribunale militare di Roma che condannava Fausto Ciccone alla
pena di mesi uno e giorni dieci di reclusione militare, con i doppi benefici, per il
reato di disobbedienza aggravata perché, nella qualità di maresciallo capo del
NOE di Firenze, ometteva di eseguire l’ordine attinente al servizio di andare a
ritirare la posta presso la Legione carabinieri, impartito dal superiore

Ripercorsa la motivazione del tribunale ed i motivi di impugnazione, in primo
luogo, la Corte di appello riteneva fondata la richiesta di rinnovazione
dell’istruttoria al fine di acquisire le registrazione e la trascrizione della
conversazione intercorsa tra i due militari. Affermava, tuttavia, che anche dalla
conversazione risultava univoca la natura della disposizione come ordine e che le
circostanze di fatto accertate provano la sussistenza del dolo generico.

2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione
il Ciccone, a mezzo del difensore di fiducia.
Con il primo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio della
motivazione relativamente alla mancata rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale e la mancata assunzione di prova decisiva al fine di acquisire la
registrazione della conversazione tra presenti e la trascrizione, nonché, per
procedere al nuovo esame dei testimoni.
Rileva che la Corte di appello, pur avendo valutato il contenuto della
conversazione non l’ha formalmente acquisita agli atti previa ordinanza di
rinnovazione. Inoltre, la compiuta valutazione di detta prova richiedeva la
riassunzione della prova testimoniale sulla quale la Corte non ha deliberato.
Con il secondo motivo contesta la valutazione della prova della
responsabilità, avendo la Corte travisato i fatti. Lo stesso luogotenente Capecchi,
infatti, ha indicato di non avere dato un ordine al Ciccone, ma di averlo invitato
ad andare a ritirare la posta in giacenza, compito che, pur rientrando nell’attività
ordinaria, veniva espletato volontariamente, come confermato dai testimoni.
Il ricorrente non ha percepito la richiesta come ordine neppure
putativamente e, quindi, non voleva sottrarsi all’ordine, ma si è preoccupato del
fatto che assentandosi dall’ufficio per servizio esterno che non era
espressamente comandato dal capitano Ferri, avrebbe potuto pregiudicare
l’assolvimento dei compiti di servizio, benché il comandante abbia riferito di non
avere assegnato alcun compito al ricorrente. Del resto, il giorno precedente
aveva effettuato un tentativo di consegnare la posta ma l’ufficio era chiuso.

2

luogotenente Capecchi.

La vincolatività e la perentorietà della disposizione data al Ciccone è stata
esclusa dallo stesso Capecchi nell’esame dibattimentale.
Inoltre, rileva che nella specie pur non essendo certa la natura ordinatoria
della disposizione il Ciccone si è attenuto a quanto previsto dall’art, 729 dpr n.
90 del 2010 facendo presente l’esistenza di un contrasto con ordini verbali di
servizio in precedenza ricevuti dal comandante, ancorchè non impartiti nello
stesso giorno e di tanto la Corte non ha tenuto conto.
Lamenta che la disposizione di ritirare la posta, in violazione dell’art. 727

evitare dubbi o esitazioni da parte di chi riceve ordini.
Con l’ultimo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge ed il vizio
della motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Contesta l’affermazione in ordine al comportamento processuale negativo del
Ciccone, avendo presenziato alle udienze, essendosi sottoposto ad esame, ed
avendo fornito la prova della registrazione della conversazione, nonché
l’affermazione che aveva rifiutato di adempiere all’ordine mediante la
prospettazione di osservazioni pretestuose sottraendosi al dovere di lealtà.
L’entità della pena non è adeguata all’entità del fatto ed alla personalità
dell’imputato alla luce di criteri di cui all’art. 133 cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Come è noto, in considerazione del principio di presunzione di completezza
dell’istruttoria compiuta in primo grado, il giudice d’appello deve disporre la
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale solo se ritiene di non essere in grado
di decidere allo stato degli atti, a meno che si tratti prova sopravvenuta.
Pertanto, in caso di rigetto della richiesta avanzata dalla parte, la motivazione
potrà essere implicita e desumibile dalla struttura argomentativa della sentenza
d’appello, con la quale si evidenzia la sussistenza di elementi sufficienti
all’affermazione o alla negazione di responsabilità dell’imputato (Sez. 5, n.
15320 del 10/12/2009, Pacini, rv. 246859).
Tanto ribadito, nella specie la conversazione allegata all’atto di appello è
stata compiutamente valutata dalla Corte di secondo grado, pertanto, non può
assumere alcun rilievo la mancata pronuncia formale sul punto. Quanto alla
richiesta di procedere all’esame dei testimoni, il ricorrente non indica la rilevanza
ai fini della decisione, limitandosi ad affermare genericamente che era necessario
procedere all’esame di quelli già sentiti in primo grado e di altri indicati all’esito
della acquisizione della registrazione della conversazione.

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comma 1 dpr n. 90 del 2010, non era stato dato con chiarezza in modo da

2. Deve, invece, ritenersi fondata la doglianza in ordine alla valutazione
della prova dell’elemento soggettivo del reato contestato al Ciccone di
disobbedienza militare.
Si osserva, invero, che, se è vero che il reato di cui all’art. 173 c.p.m.p., è
connotato da dolo generico consistente nella consapevole volontà di rifiutarsi di
obbedire ad un ordine, attinente al servizio, impartito dal superiore (Sez. 1, n.
735 del 02.12.1997, Sartori rv. 209447), è pur vero che deve apparire
oggettivamente che si tratti di ordine attinente al servizio, in relazione a tutti gli

appalesi essersi formata nella piena consapevolezza della ribellione funzionale
che – per costituire reato – deve caratterizzare il rifiuto. Se, dunque, rimane
fermo il principio secondo cui il motivo individuale della singola disobbedienza è,
in generale, irrilevante nel reato in esame, è però ineludibile che sussista la
ragionevole percezione in capo al soggetto agente dell’ordine impartito dal
superiore con attinenza al servizio.
Invero, nella stessa motivazione della Corte di appello si dà atto che
l’affermazione del luogotenente Capecchi, tratta dalla registrazione della
conversazione con l’imputato: «cioè non è un ordine questo, questa è una
consuetudine» potrebbe far dubitare della natura della disposizione data,
negando che si sia trattato di un ordine. E se in altri punti del colloquio il
luogotenente aveva avuto modo di affermare la natura di4prdine -pdella richiesta
che il Ciccone doveva eseguire, comunque, risultano accertate- circostanze
contrastanti sul fatto che l’imputato potesse percepire la richiesta come un
ordine attinente al servizio. Così che, si deve ritenere il ragionevole dubbio in
relazione alla prova del dolo, non superatialla circostanza che il Capecchi
aveva già in precedenza ordinato all’imputato di svolgere incombenze presso
l’ufficio posta della Legione dei Carabinieri e che il Ciccone si era giustificato per
il fatto di non avere adempiuto affermando che l’ufficio era chiuso, nè dalla
rappresentata necessità di ritirare anche una lettera raccomandata. D’altro
canto, è risultato accertato che il servizio «posta» veniva svolto per prassi su
iniziativa dei singoli militari su base volontaristica.
Pertanto, in mancanza della prova certa dell’elemento psicologico del reato
contestato, si impone l’annullamento senza rinvio della gravata sentenza, con
assoluzione del ricorrente per tale causa, restando assorbiti gli ulteriori motivi di
ricorso.

P.Q.M.

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elementi circostanziali, di tal che siffatta coscienza e volontà diretta al rifiuto si

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non costituisce
reato.

Così deciso, il 13 giugno 2014.

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