Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28229 del 11/06/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28229 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALLOCCA ANIELLO N. IL 22/05/1969
avverso la sentenza n. 6411/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
13/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA SILVIO BONITO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (9)
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 11/06/2014

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. La Corte di appello di Roma, con sentenza pronunciata il 13
aprile 2012, confermava quella resa il 15 febbraio 2008 dal
tribunale della stessa sede e, con essa, la condanna alla pena di mesi
nove di reclusione ed euro 150,00 di multa a carico di Allocca
Aniello, imputato del reato di cui agli artt. 81 c.p., 2 e 4 L.
895/1967, nella ipotesi attenuata di cui al successivo art. 5, per il
porto e la detenzione illegali di n. 30 cartucce parabellum; in Roma,
in epoca anteriore e prossima al 19 aprile 2005.
A sostegno della condanna i giudici territoriali deducevano che in
occasione della esecuzione di una ordinanza cautelare in danno
dell’imputato, all’epoca sovrintendente della Polizia di Stato, nel
suo armadietto di servizio venivano rinvenuti la pistola di ordinanza
completa di caricatore con quindici cartucce nonché trenta cartucce
in eccedenza, detenute cioè, come confermato dal teste Rufino,
della Polizia di Stato, in più rispetto alla dotazione annotata
nell’apposito libretto personale.
2.1 Avverso la sentenza di secondo grado ricorre per cassazione
l’imputato, assistito dal difensore di fiducia, il quale nel suo
interesse sviluppa contestualmente due motivi di impugnazione,
denunciando violazione dell’art. 4 L. 895/1967 e contraddittorietà
della motivazione, in particolare argomentando: per quanto riguarda
l’accusa di porto in luogo pubblico delle munizioni rinvenute come
innanzi, l’imputato ha precisato che trattasi di munizioni identiche a
quelle in dotazione, accumulate nel corso dei sedici anni di servizio
e non utilizzate in occasione delle varie esercitazioni; di qui
l’inconsistenza dell’accusa di porto abusivo di munizioni; la corte
di secondo grado non ha dato risposta ai rilievi difensivi articolati
secondo i riferiti moduli argomentativi; in realtà la corte territoriale
ha motivato esclusivamente in relazione alla detenzione e non già
anche al porto; di qui il palese vizio motivazionale quanto meno in
relazione alla condotta del presunto porto abusivo di munizioni; per
altro verso non ricorre la violazione dell’art. 4 L. 895/1967 giacchè
l’imputato non ha mai portato proiettili in numero superiore a
quello consentito dal regolamento.
2.2.1 In data 4 aprile 2014 il ricorrente, a mezzo di un secondo
difensore di fiducia, ha depositato motivi aggiunti, con il primo dei
quali ha chiesto, ai sensi altresì dell’art. 129 c.p.p., di considerare

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1

che l’imputato deteneva le munizioni di cui all’accusa in forza di
precise norme regolamentari, l’art. 73 del Regol. TULPS, gli artt. 3
e 10 DPR 359/1992 (Regolamento in materia di armamento in
dotazione al personale di P.S), la circolare ministeriale n. 559/1/
MASS. NORGEN. 120/2309 con la quale è stato regolato il porto e
la custodia delle armi in dotazione alla p.s., norme, quelle appena
citate, dalle quali non è dato evincere il numero minimo di quindici
cartucce detenibili, di guisa che, anche sotto tale profilo, deve
evincersi l’insussistenza del reato.
2.2.2 Col secondo motivo aggiunto denuncia altresì la difesa
ricorrente violazione di legge in relazione alla qualificazione
giuridica di arma da guerra delle cartucce cal. 9X19.
Richiama a tale fine parte istante l’art. 2 L. 110/1975, l’art. 23 co.
12 sexiesdecies d.l. 95 del 6.7.2012 sulla soppressione del catalogo
nazionale delle armi e sulle funzioni del Banco nazionale di prova,
che avrebbe, ad avviso della difesa, qualificata arma comune da
sparo una lunga serie di armi lunghe camerate per 9×19.
3. Il ricorso è infondato.
Manifestamente infondathono, in particolare, le doglianze affidate
dalla difesa al ricorso principale, con le quali sono state riproposte
in sede di legittimità rilievi di merito già confutati dal giudice
dell’appello.
Ha infatti questi evidenziato la certa acquisizione processuale in
ordine alla detenzione da parte dell’imputato di numero trenta
cartucce cal. 9 parabellum in eccedenza rispetto alla dotazione
registrata a suo carico e, con essa, la inverosimiglianza della
giustificazione addotta dal prevenuto a giustificazione di siffatta
circostanza fattuale e cioè che non si era egli accorto delle cartucce
che non venivano utilizzate in occasione delle esercitazioni presso il
poligono.
Palese la natura alternativa della lettura degli esiti processuali
argomentata difensivamente.
Quanto poi al rilievo motivazionale relativo alla mancata trattazione
argomentativa circa la condotta del porto abusivo, è appena il caso
di osservare che le munizioni di cui alla contestazione sono state
ritrovate presso l’armadietto di servizio e che, come annotato dal
giudice di prime cure la cui motivazione è stata esplicitamente
richiamata dalla corte territoriale, ciò ha di necessità comportato il
porto dal poligono all’ufficio di polizia.

2

Ancora priva di pregio è la tesi difensiva secondo cui il numero
minimo di munizioni per la dotazione del personale non è indicata
dalla legge, di guisa che non può ritenersi illegittima la detenzione
di 30 cartucce da parte di chi, come l’imputato, al momento dei fatti
era in forza alla Polizia di Stato.
Proprio in forza delle fonti regolamentari richiamate dalla difesa, il
personale di polizia non può detenere armi e munizioni diverse ed
in eccesso rispetto alla dotazione fornita dall’amministrazione, la
quale infatti registra ogni movimento personale di essa (dotazione).
Consegue che ogni detenzione non legittimata dalle riferite
registrazioni personalizzate è illegittima, dappoichè in violazione
dell’interesse della P.A. a conoscere in ogni momento l’entità della
dotazione in armi del proprio personale
Nessun dubbio, inoltre, sulla qualificazione di arma da guerra delle
munizioni cal. 9 Parabellum, come da costante insegnamento di
questo giudice di legittimità (Cass., Sez. I, 31/05/2011, n. 35106)
attesa la loro legittima destinazione alle Forze armate o ai Corpi
armati (come la Polizia) dello Stato (Cass., Sez. I, 20/03/2012, n.
12737).
Né l’avvenuta abolizione per effetto dell’art. 14, comma settimo,
legge n. 183 del 2011, con decorrenza dall’i gennaio 2012, del
Catalogo nazionale delle armi, già previsto dall’art. 7 legge n. 110
del 1975, considerata la funzione meramente ricognitiva e formale
delle iscrizioni in esso contenute, può comportare come
conseguenza quella di escludere la qualità di arma da guerra in esso
contemplate, facendole rientrare nella categoria delle armi comuni
da sparo (Cass.„ Sez. I, 12737/2012, cit.).
Non ha pregio, infine, il richiamo difensivo (di cui al secondo
motivo aggiunto) al dettato del secondo comma dell’art. 2 L.
110/1975, giacchè il comma precedente a quello evocato fa
espressamente salve le disposizioni del secondo comma dell’art. 1
stessa legge, disposizioni in forza delle quali è stato affermato e si è
consolidato il principio di diritto innanzi richiamato per qualificare
da guerra il munizionamento detenuto illegittimamente
dall’imputato.
4. Il ricorso va pertanto rigettato ed il ricorrente condannato, ai
sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.
P. T. M.

3

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali.
Roma, addì 11 giugno 2014

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