Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28224 del 27/03/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28224 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: SARNO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ACAMPORA GIUSEPPE N. IL 29/09/1978
avverso la sentenza n. 369/2011 CORTE APPELLO di POTENZA, del
22/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/03/20131a relazione fatta dal
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Consigliere Dott. GIULIO SARNO
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Udito il Procuratore Geperale in persona del Dott. .1 .2-3,, 9–,’ /V%0-,- (12-che ha concluso per ,.._31 …..;.v–44–, Q1,….12..

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. Civi~it “”?.=s,J2. c:12

Data Udienza: 27/03/2013

Ritenuto in fatto

2. Come si rileva dalla sentenza di appello, la contestazione scaturisce da un controllo
effettuato dalla polizia sull’autovettura sulla quale viaggiava l’imputato e condotta da
altra persona. Agli agenti insospettiti dall’atteggiamento dei due occupanti della
vettura l’Acampora aveva consegnato un involucro contenente marijuana e a quel
punto il controllo era stato esteso all’autovettura all’interno del cui vano motore era
stata rinvenuta altra sostanza stupefacente dello stesso tipo suddivisa in 33 bustine di
plastica.
3. La corte di merito, dopo aver rilevato che il dato ponderale concernente la
marijuana eccedeva di oltre 10 volte il limite sancito con decreto del Ministro della
salute del 12 aprile 2006, attribuiva valore sintomatico all’occultamento della sostanza
nel vano motore dell’autovettura escludendo che sulla base della documentazione
prodotta dalla difesa vi fossero elementi certi per affermare che il prevenuto, all’epoca
dei fatti, fosse assuntore di cannabis indica e che godesse di un reddito adeguato a
supportare l’acquisto del quantitativo per uso personale. Riteneva inoltre del tutto
velleitaria l’invocazione dell’attenuante del comma 7 dell’art. 73 rilevando che nella
specie l’imputato si era limitato a fornire una descrizione vaga e generica del
venditore della sostanza.
4. Deduce in questa sede il ricorrente la violazione degli articoli 75, 73 comma 7 d.p.r.
309/90 e la mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione. Assume l’Acampora
che i giudici di appello non avrebbero tenuto in alcuna considerazione che egli si
trovava al momento del controllo con la propria compagna anche essa assuntrice di
sostanza stupefacente, che la macchina era impregnata del fumo della marijuana, che
ingiustamente non era stato valorizzata la documentazione prodotta con specifico
riferimento alle analisi eseguite presso l’Università di Napoli per attestare il suo stato
di tossicodipendenza, di avere regolare fonte reddituale svolgendo attività lavorativa
in un bar con i fratelli. In relazione al diniego dell’attenuante del comma 7 fa rilevare
inoltre che gli elementi forniti sarebbero stati idonei a svolgere efficacemente le
indagini sui suoi fornitori e che per beneficiare dell’attenuante è sufficiente che
l’imputato abbia offerto tutto il suo patrimonio di conoscenze e la sua possibilità di
collaborazione.
Considerato in diritto
5. Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che “dedurre il vizio di manifesta illogicità
della motivazione significa dimostrare che il testo del provvedimento è
macroscopicamente carente di logica e non già opporre alla logica valutazione degli
atti effettuata dal giudice di merito una diversa valutazione degli stessi, magari
altrettanto logica” (ss.uu., 19 giugno 1996, Di Francesco) e ciò per la evidente ragione
che la interpretazione e valutazione degli atti è quaestio facti riservata al giudizio di
merito, soltanto nel quale, dunque, è legittimo contrapporre, nella dialettica delle
parti, logica a logica. Ne consegue che il giudice di legittimità deve limitarsi ad
accertare se il giudice di merito abbia fatto propria, logicamente, con correttezza

1. Acampora Giuseppe propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
con la quale la corte di appello di Potenza confermava quella emessa dal gup del
tribunale di Lagonegro in data 13 ottobre 2011 con cui era stato condannato alla pena
di giustizia per il reato di cui all’articolo 73 comma 5 d.p.r. 309/90 per illecita
detenzione di grammi 54,2 di marijuana con principio attivo pari a grammi 7,217.

logica, una delle possibili interpretazioni o valutazioni degli atti e, accertato il rispetto
delle regole della logica, non può che disattendere la censura di manifesta illogicità
che sia stata proposta affermandosi – ed è quod plerumque accidit – che alla
interpretazione o valutazione degli atti data dal giudice di merito è possibile opporne
un’altra.
Ciò posto, non ricorrono evidentemente nella specie le condizioni per ritenere fondate
le doglianze in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato.
La sentenza offre infatti argomentazione logica e corretta sulle ragioni per le quali ha
ritenuto non decisiva la documentazione prodotta dalla difesa, facendo rilevare che la
stessa si riferiva a periodo successivo a quello dell’accertamento e, pertanto, non era
dirimente rispetto allo stato di tossicodipendenza con riferimento all’epoca
dell’accertamento del reato contestato e che, per quanto concerne l’asserita attività
lavorativa dell’imputato, mancava in atti qualsiasi documentazione comprovante la
percezione di reddito.
Ugualmente corretta appare l’esclusione dell’attenuante del comma 7 dell’art. 73.
Si è già affermato infatti che, ai fini della applicazione dell’attenuante speciale di cui
all’art. 73, comma settimo, del d.P.R. n. 309 del 1990, che si colloca in uno spazio più
avanzato della mera collaborazione informativa, l’operosità da prendere in
considerazione è quella che consente la realizzazione di uno dei risultati concreti
previsti dalla citata norma e, specificamente, di interrompere la catena delittuosa in
atto o di colpire i mezzi di produzione delle attività criminali (Sez. 6, Sentenza n.
37100 del 19/07/2012 Rv. 253381) e che non è sufficiente la mera indicazione del
nominativo di qualche complice, ma è necessario che la collaborazione prestata porti
alla sottrazione di risorse rilevanti ed eviti la commissione di ulteriori attività
delittuose (Sez. 6, Sentenza n. 20799 del 02/03/2010 Rv. 247376),
Nella specie i principi indicati appaiono correttamente applicati dal giudice di merito
aveno essei rilevato che l’imputato si era in realtà limitato a fornire esclusivamente un
soprannome del venditore inidoneo a qualsiasi attività investigativa.
Conclusivamente è da ritenere che le doglianze del ricorrente siano in realtà finalizzate
a sollecitare in questa sede una diversa valutazione di merito a fronte, invece, di una
decisione che si appalesa logicamente e correttamente supportata sul piano
motivazionale.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle
spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa
delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di
euro 1000.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna’gdi ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma
di euro 1000.
Così deciso, il giorno 27.3.2013

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