Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28222 del 03/02/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28222 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: RICCARDI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Davitti Matteo, nato a Firenze il 06/07/1995

avverso l’ordinanza del 08/11/2014 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Vito D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza depositata il 8 novembre 2014 il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Firenze convalidava il decreto di divieto di accesso
alle manifestazioni sportive con prescrizione di comparizione personale in
occasione degli incontri di calcio della squadra della Fiorentina emesso dal
Questore di Firenze, per la durata di anni cinque, nei confronti di Davitti Matteo.

Data Udienza: 03/02/2016

2. Avverso tale provvedimento il difensore del ricorrente, Avv. Mariano Mari,
ha proposto ricorso per cassazione, articolando cinque motivi di censura, di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173
disp. att. cod. proc. pen. .
Con un primo motivo deduce il vizio di violazione di legge processuale, in
quanto il provvedimento questorile è stato notificato al solo Davitti, nonostante
questi avesse nominato il proprio difensore di fiducia il giorno precedente;
inoltre, il provvedimento non indicherebbe il P.M. procedente, presso il quale
poter visionare gli atti.

motivazione in ordine alla identificazione del prevenuto quale responsabile degli
scontri avvenuti il 19 aprile 2014 dopo l’incontro di calcio Fiorentina-Roma,
notato mentre si trovava in una zona lontana dallo stadio e dagli scontri; inoltre,
non risulta alcuna iscrizione del prevenuto nel registro degli indagati, e quindi
non vi sarebbe il presupposto per l’applicazione del DASPO; dall’annotazione di
polizia non risulterebbero neppure gli elementi oggettivi dai quali desumere la
partecipazione agli atti di violenza, essendo una mera supposizione il ritenere
che il prevenuto fosse in attesa delle autovetture dei ‘tifosi’ romani, per
segnalarle al gruppo che si trovava nella zona dell’Obi Hall dove poi sono
avvenuti gli scontri.
Deduce, inoltre, l’omessa motivazione in ordine alla pericolosità del
prevenuto, che è incensurato e non frequenta lo stadio, non essendo tifoso.
Censura, inoltre, l’omessa motivazione in ordine alla congruità del divieto di
5 anni ed alla sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto l’art. 6 I. 401 del
1989 prevede la notifica del provvedimento questorile al solo interessato, non
anche al difensore eventualmente nominato; del resto, trattandosi di una misura
amministrativa, quanto al contenuto interdittivo, e di una misura di prevenzione
atipica, quanto alla prescrizione di comparizione, non si applicano le norme del
codice di rito in relazione alle fasi preliminari al (peraltro solo eventuale)
procedimento penale.
Va inoltre evidenziato che la nomina del difensore di fiducia è stata
effettuata in occasione del verbale di identificazione del 04/09/2014 eseguita
dalla Questura di Firenze in relazione al procedimento penale per i reati di

2

Con un secondo motivo viene censurata la violazione di legge e l’omessa

resistenza e violenza aggravata a p.u., lesioni personali aggravate,
danneggiamento, possesso e lancio di oggetti atti ad offendere in occasione di
manifestazioni sportive; la nomina e l’elezione di domicilio, dunque, possono

: ‘…

instauratosi in relazione agli ‘scontri’ del dopo-partita, ma non ai fini del
procedimento, amministrativo e di prevenzione, in oggetto, regolato dalla
disciplina speciale di cui all’art. 6 I. 401/1989.
Alcun rilievo ha, poi, l’omessa indicazione del P.M. titolare, che non è
requisito formale del provvedimento del Questore; del resto, a prescindere dalla
irrilevanza, essendo l’ufficio della Procura unitario, non sarebbe neppure possibile
un’indicazione del sostituto procuratore assegnatario del fascicolo per l’eventuale
richiesta di convalida, atteso che il turno di assegnazione dipende dalla data
della notifica del c.d. DASPO (acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni
SPOrtive) all’interessato.

3. Le altre censure rivolte all’ordinanza impugnata concernono il profilo della
omessa motivazione in ordine ai presupposti ed alla durata della misura.
Al riguardo, giova premettere che la Corte costituzionale ha qualificato la
misura prevista dal comma 2 dell’art. 6 I. 401 del 1989 come un provvedimento
di tipo preventivo “idoneo ad incidere sulla libertà personale del soggetto tenuto
a comparire”, facendola pertanto rientrare a pieno titolo nelle previsioni dell’art.

13 della Costituzione (Corte Cost., sentenza n. 193 del 1996).
Nel sottolineare (nella sentenza n. 143 del 1996) la sostanziale analogia fra
la procedura prescelta dal legislatore per disciplinare le modalità della convalida
della misura prevista dall’art. 6 comma 2 I. cit. e quella prevista dall’artt. 390
c.p.p. per la convalida dell’arresto o del fermo, la stessa Corte costituzionale ha
precisato che il giudizio di convalida effettuato dal giudice per le indagini
preliminari deve svilupparsi in un controllo pieno, ovvero tale da coinvolgere la
personalità del destinatario, le modalità di applicazione (sentenza n. 143 cit.), la
ragionevolezza ed “esigibilità” della misura (sentenza n. 136 del 1998), e deve
svolgersi nel rispetto delle garanzie della difesa (sentenza n. 144 del 1997).
Le Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza 27/10/2004, n. 44273,
Labbia, nel comporre il contrasto che si era profilato in giurisprudenza in ordine
ai limiti del controllo devoluto al giudice della convalida del provvedimento
adottato dal questore – essendo in particolare controverso se tale controllo
dovesse estendersi o meno alla verifica della pericolosità del soggetto interessato
-, hanno fatto proprie le indicazioni ermeneutiche del Giudice delle leggi (sent. n.
136 del 1998 cit. e sent. n. 512 del 2002), assegnando al controllo del giudice

P.

ritenersi efficaci, ai fini delle notifiche, nel procedimento penale evidentemente

carattere “pieno”, ossia esteso alla verifica in concreto, anche sotto il profilo della
sufficienza indiziaria, dell’esistenza dei presupposti richiesti dalla legge.
Invero, la prescrizione imposta dal Questore ai sensi dell’art. 6, comma 2 I.
401/1989 deve qualificarsi come “misura di prevenzione” (diretta in particolare
ad evitare la consumazione di reati attinenti alla tutela dell’ordine pubblico in
occasione di manifestazioni di carattere sportivo da parte di soggetti che, per
precedenti condotte, siano ritenuti socialmente pericolosi), che – come tutti i
provvedimenti provvisori restrittivi della libertà che l’autorità di polizia può

necessariamente “servente” rispetto all’intervento di competenza dell’autorità
giudiziaria, da identificarsi nel controllo di legalità devoluto al giudice della
convalida. In tale ricostruzione, solo l’atto motivato dell’autorità giudiziaria viene
a costituire il provvedimento idoneo a incidere definitivamente sulla posizione
soggettiva della persona, mentre quello dell’autorità di polizia, in quanto
servente, non può che avere “effetti anticipatori e preparatori”.
La convalida, quindi, non può che rivestire la natura di “pieno controllo di
legalità sull’esistenza dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento
da parte dell’autorità amministrativa, compresi quelli che la natura di misura di
prevenzione richiede”, non differenziandosi, nella sostanza, da quello previsto
per altri provvedimenti provvisori attribuiti alla competenza dell’autorità
amministrativa (quale in particolare quello avente ad oggetto l’arresto operato
dalla polizia).
I presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento del questore, sulla
cui sussistenza deve esplicarsi il controllo giudiziale sono stati individuati
segnatamente: nel “fumus” di attribuibilità delle condotte alla persona sottoposta
alla misura; nella riconducibilità di tali condotte alle ipotesi previste dalla norma;
nelle ragioni di “necessità ed urgenza” che hanno indotto il questore ad adottare
il provvedimento; nella valutazione di sussistenza della pericolosità del soggetto
cui è applicata la misura (il giudice della convalida dovrà in particolare verificare
se i fatti indicati dal questore possano costituire indice sicuro della pericolosità
intesa nella particolare accezione che risulta dal testo dell’art. 6 della I.
401/1989). Inoltre, il giudice della convalida deve procedere alla valutazione
circa la “congruità” della durata della misura, potendo, ove la ritenga eccessiva,
ridurla (Sez. U, n. 44273 del 27/10/2004, Labbia, Rv. 229110: “In sede di
convalida del provvedimento del questore che, incidendo sulla libertà personale,
imponga a taluno, ai sensi dell’art. 6, comma secondo, della legge 13 dicembre
1989 n. 401 e succ. modd., l’obbligo di presentarsi ad un ufficio o comando di
polizia in coincidenza con lo svolgimento di manifestazioni sportive, il controllo di
legalità del giudice deve riguardare l’esistenza di tutti i presupposti legittimanti

4

adottare a norma dell’art. 13, terzo comma, Cost. – deve avere natura

l’adozione dell’atto da parte dell’autorità amministrativa, compresi quelli imposti
dalla circostanza che con esso si dispone una misura di prevenzione (ragioni di
necessità e urgenza, pericolosità concreta ed attuale del soggetto, attribuibilità al
medesimo delle condotte addebitate e loro riconducibilità alle ipotesi previste
dalla norma), ed investire altresì la durata della misura che, se ritenuta
eccessiva, può essere congruamente ridotta dal giudice della convalida (V. Corte
cost., 5 dicembre 2002 n. 512)”;

in senso analogo, Sez. U, n. 4443 del

29/11/2005, dep. 2006, Spinelli, Rv. 232712).

materia, il giudice della convalida può legittimamente avvalersi della motivazione
per relationem, purché dia conto del percorso giustificativo e delle ragioni di
condivisione del provvedimento richiamato, non potendosi risolvere la
motivazione in una acritica recezione del provvedimento amministrativo.
2.1. Tanto premesso, la doglianza relativa all’omessa motivazione in ordine
alle ragioni di necessità ed urgenza è infondata, in quanto l’ordinanza fornisce
puntuale descrizione degli atti di violenza posti in essere da Davitti Matteo, sulla
base dei quali fonda la valutazione di “ricorrenza in concreto della necessità ed
urgenza dell’intervento”.
La motivazione, pertanto, pur nella necessaria sinteticità di un
provvedimento di convalida, dà conto in maniera congrua dei motivi che fondano
l’urgenza di provvedere, in tal senso esplicitando il vaglio giurisdizionale previsto
nella predetta fase di controllo della legalità.
In ogni caso, ogni censura sul punto appare inammissibile a fronte della
mancata prova, incombente sull’interessato, che il provvedimento abbia avuto in
concreta esecuzione prima dell’intervento del magistrato, essendo la necessità di
motivazione in ordine al requisito dell’urgenza del provvedimento circoscritta al
verificarsi di tale sola ipotesi (Sez. 3, n. 22256 del 06/05/2008, Dal Prà, Rv.
240244: “In tema di motivazione dell’ordinanza di convalida del provvedimento
con cui il Questore, ai sensi dell’art. 6, secondo comma, della L. n. 401 del 1989,
imponga l’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia durante lo
svolgimento di manifestazioni sportive, incombe sull’interessato l’onere di
provare che detto provvedimento ha avuto in concreto esecuzione prima
dell’intervento del magistrato, essendo la necessità di motivazione in ordine al
requisito dell’urgenza del provvedimento circoscritta al verificarsi di tale sola
ipotesi”; conforme, Sez. 3, n. 32824 del 11/06/2013, Cesare, sul punto non
massimata).
2.2. Anche le censure riguardanti l’omessa motivazione in ordine alla
pericolosità del prevenuto e alla sua individuazione, nonché la violazione di
legge, per la mancanza di elementi di fatto fondanti la misura, sono infondate, in

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/7.f(-

La stessa Corte ha poi ribadito il principio secondo cui, anche in questa

quanto nell’ordinanza la pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica viene
desunta proprio dalle modalità delle condotte violente poste in essere: in
particolare, viene attentamente richiamata la dinamica dei fatti contestati, che,
lungi dall’esaurirsi in una supposizione fondata sulla mera presenza del
prevenuto in un luogo lontano dagli ‘scontri’, hanno visto il Davitti partecipe
attivo delle condotte violente; invero, dopo essere stato notato, insieme ad
un’altra persona, lungo la strada predisposta per il deflusso dei ‘tifosi’ della
squadra della Roma, verosimilmente per segnalare il passaggio al gruppo di c.d.
‘tifosi’ della Fiorentina che si erano già radunati, travisati con sciarpe, caschi e

essere stato invitato ad allontanarsi dal personale della Digos, la p.g. ne
accertava la presenza nel gruppo di c.d. ‘tifosi’, mentre partecipava alla violenta
azione nei confronti dei sostenitori della squadra avversaria e delle stesse forze
di polizia.
Una dinamica, dunque, che integra gli elementi di fatto idonei a fondare la
misura di prevenzione, per la partecipazione a condotte violente di gruppo, ed un
giudizio di pericolosità calibrato sulla pervicacia del prevenuto, che ha persistito
nelle intenzioni illecite nonostante l’invito della p.g., raggiungendo il ‘gruppo’ già
radunatosi ed armato, e partecipando all’azione violenta, sotto la diretta
percezione delle forze di polizia.
Né rileva, ai fini della formulazione del giudizio di pericolosità,
l’incensuratezza del prevenuto, il non essere ‘tifoso’ o frequentatore della stadio,
ovvero il rilievo che non sia stato in precedenza sottoposto a provvedimenti di
DASPO (acronimo di Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive); con la
singolare conseguenza che chi non sia già stato sottoposto alla misura
interdittiva non possa essere ritenuto pericoloso, e quindi ad essa sottoposta; al
contrario, nel caso di specie, la gravità delle condotte poste in essere, peraltro in
un contesto ‘di gruppo’, ed al fine di impedire l’intervento delle forze dell’ordine,
fondano ragionevolmente un giudizio di pericolosità del prevenuto, a prescindere
dalla sussistenza degli interessi calcistici, che, con tali azioni violente, ben poca
affinità hanno.
2.3. Le censure rivolte all’omessa motivazione in ordine alla congruità di una
durata di cinque anni sono manifestamente infondate, oltre che generiche.
Il provvedimento impugnato ha posto adeguatamente in rilievo il disvalore
delle specifiche condotte tenute, indicando i presupposti di fatto (in particolare le
condotte violente di gruppo rivolte nei confronti dei militari in servizio e dei c.d.
‘tifosi’ avversari) e la loro inequivoca attribuzione all’interessato, fondata sul
chiaro tenore dell’informativa della Digos, come tale non sindacabile in questa
sede, e le conseguenze in termini di pericolosità.

6

passamontagna e armati di oggetti contundenti, presso la Hobi Hall, e dopo

Invero, l’ordinanza impugnata desume dalla gravità dei fatti descritti e dalla
ritenuta pericolosità sociale del prevenuto la considerazione che l’imposizione
dell’obbligo di presentazione sia adeguata “anche sotto il profilo della durata”.
Anche in tal caso, dunque, una esposizione, seppur necessariamente
sintetica, in ragione della fase procedimentale, delle ragioni che fondano la
convalida della misura, la durata, e la stessa modalità.
In particolare, con riferimento alla durata della misura, ferma la
insindacabilità con riferimento al divieto di accesso, di esclusiva competenza

valutato la congruità della stessa in ragione della richiamata gravità dei fatti,
puntualmente descritti, e della pericolosità e dell’indole violenta del prevenuto da
essi evincibile.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro
in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in
Euro 1.000,00: infatti, l’art. 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause
di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della
sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di
inammissibilità dichiarata ex art. 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi
di inammissibilità pronunciata ex art. 591 cod. proc. pen. .

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 03/02/2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

amministrativa, in ordine alla durata dell’obbligo di comparizione il giudice ha

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