Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28217 del 20/03/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28217 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sui ricorsi proposti da

COCCE’ Gianiuca, nato a Gallarate il 26/2/1974
MARINELLI Tommaso, nato a Trinitapoli il 24/3/1956
Con Parte civile il Comune di Novara
avverso la sentenza del 9/12/2011 della Corte di appello di Torino, che ha
confermato la sentenza del 24/11/2010 del Tribunale di Novara che li ha
condannati alla pena di tre anni di reclusione ciascuno in quanto responsabili del
reato previsto dall’art.260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, già art.53-bis del
d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22, commesso fino al mese di agosto 2005 e accertato
il 24/10/2005;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Mario
Fraticelli, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito per la parte civile l’avv. Nicoletta Piergentili, che ha concluso chiedendo la
inammissibilità o il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti alle spese;
udito per l’imputato Coccé l’avv. Massimiliano Carbone, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 20/03/2013

1. Con sentenza del 24/11/2010 il Tribunale di Novara ha condannato gli
odierni ricorrenti alla pena di tre anni di reclusione ciascuno in quanto
responsabili del reato previsto dall’art.260 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, già
art.53-bis del d.lgs. 5 febbraio 1997, n.22, commesso fino al mese di agosto
2005 e accertato il 24/10/2005. In particolare, i ricorrenti sono stati ritenuti
responsabili, quali legali rappresentanti della “Lamef S.r.l.”, di avere organizzato
un traffico illecito di rifiuti mediante la ricezione e il deposito abusivi all’interno di
una capannone della ditta da loro amministrata di quantità ingenti di rifiuti

materiali liquidi pericolosi), ammassati in modo disordinato e promiscuo tale da
rendere tutti i materiali riconducibili alla categoria di rifiuti pericolosi. Il Tribunale
ha condannato, altresì, gli imputati a risarcire i danni in favore della parte civile,
Comune di Novara, per l’importo di 50.000,00 euro
2. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha respinto tutti i
motivi di impugnazione. Ha escluso che i fatti si siano verificati solo
successivamente alle dimissioni del sig. Marinelli dalle responsabilità di
amministratore e che per l’imputato in parola possa difettare l’elemento
soggettivo del reato, apparendo le sue dimissioni un tentativo di “chiamarsi
fuori” rispetto a condotte illecite per buona parte già realizzate; ha escluso che il
sig. Coccé possa dirsi estraneo alla gestione della ditta e alla movimentazione dei
rifiuti; ha rigettato i motivi concernenti il trattamento sanzionatorio.
3.

Propone ricorso

Gianluca COCCE’ tramite il Difensore, in sintesi

lamentando:
a)

Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lette) cod. proc. pen. con
riferimento sia al difetto di prova della responsabilità penale del ricorrente sia
al difetto dell’elemento soggettivo sotto forma di dolo specifico, quale
richiesto dal citato art.260 d.lgs. 3 aprile 2006, n.152: le dichiarazioni Belvisi
e Ndiaie indicano in altri gli effettivi gestori dell’impianto e i giudici di merito
hanno pedissequamente quanto erroneamente seguito le deduzioni effettuate
dal teste Lattanzio, così che, attese le modalità dei pagamenti e di tenuta
della contabilità, difetta ogni legame fra il ricorrente e le condotte illecite e
difetta ogni elemento che dimostri la specifica volontà del medesimo di dare
corso o anche solo consentire la commissione dei reati;

b)

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. peri, con riferimento alla
determinazione della pena, lontana dai minimi edittali:

c)

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
2

pericolosi e non pericolosi (circa 2.000 mc di materiali solidi e 1.200 litri di

4.Propone altresì ricorso Tommaso MARINELLI, che tramite il Difensore
lamenta:
a.

Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con
riferimento al mancato riconoscimento dell’assenza dell’elemento soggettivo
del reato, avendo i giudici di merito operato una serie di sviluppi logici che,
partendo da circostanze di fatto non contestabili, giungono in modo
incoerente e infondato, e dunque con motivazione apparente, a concludere
per l’esistenza del dolo in capo al ricorrente; il ruolo societario del ricorrente

in essere da altri;
b.

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. dell’art.133
cod. pen. in relazione all’art.260, citato, difettando il presupposto del dolo
specifico richiesto dalla fattispecie e avendo i giudici di merito operato sul
punto una mera presunzione che non soddisfa l’obbligo di motivazione
richiesta dalla legge e riaffermato dalla giurisprudenza.
5. Con atti depositati in data 29/12/2012 la Provincia di Novara, confermata

la costituzione di parte civile, ha presentato una memoria con la quale si sollecita
la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi e la conferma delle statuizioni in
tema di risarcimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In considerazione del contenuto dei motivi di ricorso la Corte deve
osservare in via preliminare che il giudizio di legittimità rappresenta lo strumento
di controllo della corretta applicazione della legge sostanziale e processuale e
non può costituire un terzo grado volto alla ricostruzione dei fatti oggetto di
contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla
sentenza delle Sezioni Unite Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio
1996, Fachini (rv 203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno
definito i concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
(n.47289 del 2003, Petrella, rv 226074).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può
essere ricavata, tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007 della
Corte costituzionale, che (punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica
introdotta dalla legge n.46 del 2006 al potere di impugnazione del pubblico
ministero, afferma che la esclusione della possibilità di ricorso in sede di appello
costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle decisioni
giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è “rimedio (che) non
attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece)
dall’appello”.

3

non è certo sufficiente a ritenere conosciute e volute le condotte illecite poste

Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha “la
pienezza del riesame di merito” che è propria del controllo operato dalle corti di
appello, ben si comprende come il nuovo testo dell’art.606, lett. e) c.p.p. non
autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di annullamento della sentenza di
merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera ricostruzione
della vicenda oggetto di giudizio.
Ancora successivamente alla modifica della lett.e) dell’art.606 c.p.p.
apportata dall’art.8, comma primo, lett.b) della legge 20 febbraio 2006, n.46,

partire dalle sentenze della Seconda Sezione Penale, n.23419 del 23 maggio-14
giugno 2007, PG in proc.Vignaroli (rv 236893) e della Prima Sezione Penale, n.
24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del tutto
convincente la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è “preclusa al
giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti” (fra tutte: Sez.6, n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006,
Bosco, rv 234148).
2. L’applicazione di tali principi al caso in esame impone di rilevare come i
ricorrenti sollecitino, in primo luogo, questa Corte a fare propria una lettura del
materiale probatorio diversa da quella adottata dai giudici di merito. Palese
appare in tal senso il contenuto del primo motivo Coccé ed entrambi i motivi
Marinelli, che, come sollecitato ancora in sede di discussione dalla difesa Coccé,
lamentano una lettura parziale del contenuto delle testimonianze e l’assenza di
elementi fondanti il giudizio di responsabilità. E’ sufficiente verificare come i
giudici di merito abbiano preso in esame non solo il contenuto delle dichiarazioni
dei testi, ma anche quello degli accertamenti della polizia giudiziaria e la
evidenza della situazione di fatto per escludere che sussistano i presupposti di
manifesta illogicità del percorso motivazionale della sentenza impugnata.
3. Ad analoghe conclusioni deve giungersi per i motivi secondo e terzo del
sig Coccé. Anche in questo caso, infatti, va escluso che la motivazione resa dai
giudici di merito in ordine al complessivo trattamento sanzionatorio sia carente
oppure manifestamente viziata. La mera lettura di quanto esposto a pag.14 della
sentenza impugnata impone di esclude la sussistenza dei vizi lamentati e
consente di apprezzare la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso.
4.

Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte dichiara

inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento ex art,.616
cod. proc. pen. delle spese processuali e al versamento della somma di euro
1.000,00 alla Cassa delle Ammende, nonché in solido alla rifusione delle spese di

4

l’impostazione qui ricordata è stata ribadita da plurime decisioni di legittimità, a

rappresentanza del grado sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi
euro 3.000,00 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende, nonché in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza del grado
sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi euro 3.000,00 oltre

Così deciso il 20/3/2013

accessori di legge.

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