Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28216 del 20/03/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28216 Anno 2013
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da

PASCONE Maria Celestina nata a Troia il 13/12/1958
avverso la sentenza del 14/2/2012 emessa a seguito di opposizione a decreto
penale di condanna del Tribunale di Vercelli, che ha condannato la sig.ra Pascone
alla pena di 9.000,00 euro di ammenda in relazione al reato previsto dall’art.5,
lett.b), e dall’art.6 della legge n.283 del 1962, accertato il 18/7/2008;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Mario
Fraticelli, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14/2/2012 emessa a seguito di opposizione a decreto
penale di condanna, il Tribunale di Vercelli ha condannato la sig.ra Pascone alla
pena di 9.000,00 euro di ammenda perché colpevole del reato previsto dall’art.5,
lett.b), e dall’art.6 della legge n.283 del 1962, accertato il 18/7/2008.
2. Avverso tale decisione la sig.ra Pascone propone ricorso, in sintesi
lamentando:

Data Udienza: 20/03/2013

m

Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. per essere stata
abrogata la normativa contenuta nella legge del 1962 a seguito dell’entrata in
vigore della legge n.246 del 2005, e in particolare dell’art.14-ter, nonché
dall’art.4 della legge n.69 del 2009 in relazione a quanto previsto dall’art.1 del
d.lgs. n.179 del 2009.

CONSIDERATO IN DIRITTO

senso contrario e va dunque giudicato manifestamente infondato.
2. Con sentenza n.9276 del 19/1/2011, Facchi, questa Sezione ha affermato
il principio secondo cui:

“La legge contenente la disciplina igienica della

produzione e della vendita di alimenti e bevande non ha subito alcun effetto
abrogativo a seguito dell’emanazione dei decreti abrogativi delle leggi pubblicate
anteriormente al 1 gennaio 1970 (cosiddetti decreti “taglialeggi”: D.Lgs. n. 179
del 2009; D.Lgs. 212 del 2010; D.Lgs. n. 213 del 2010), attuativi della delega
conferita con legge 28 novembre 2005, n. 246 in materia di semplificazione
legislativa. (Principio affermato in una fattispecie di detenzione per la vendita di
alimenti in cattivo stato di conservazione).”
3.

Va, poi, osservato che la sentenza della Sez.3, n.12572 del 25/2/2010

citata dal ricorrente, non conclude affatto per l’abrogazione della disciplina
contenuta nella legge del 1962; infatti, la decisione, preso atto che la disciplina
invocata non era ancora entrata in vigore, afferma: “Per effetto di quanto
dispone la L. n. 246 del 2005, comma 14 ter, introdotto dalla L. n. 69 del 2009,
e tenuto conto della data di entrata in vigore della L. n. 246 del 2005, si deve
necessariamente concludere, quindi, che il termine di un anno ivi indicato scada
nel dicembre 2010 e che, pertanto, ad oggi, nessun effetto abrogativo possa
ritenersi comunque verificato rispetto alla L. n. 283 del 1962. Ciò posto si deve
rilevare che alla data odierna il reato è prescritto.”

Il contenuto della decisione

esclude che il tema sollevata dalla ricorrente fosse stato preso in esame e che se
ne possano desumere principi favorevoli alla tesi difensiva.
4. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

2

1. Il ricorso ripropone una questione già da tempo risolta da questa Corte in

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 20/3/2013

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