Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28208 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28208 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro
nell’ambito del procedimento penale nei confronti di:
• ROBERT’ Carlo Alberto, nato a Pesaro il 19/2/1944
avverso la ordinanza n. 46/13 in data 12/2/2013
Tribunale di Pesaro in funzione di giudice del riesame,

(rectius 12/2/2014) del

visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Mario FRATICELLI, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza impugnata;
udito il difensore dell’indagato, Avv. Francesco COLI, che ha concluso chiedendo
dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12/2/2014 (per evidente errore materiale datata 12/2/2013),
il Tribunale di Pesaro, in funzione di giudice del riesame, confermava l’ordinanza
di rigetto da parte di Giudice per le indagini preliminari della stessa città
dell’originaria richiesta di sequestro preventivo ex art. 12 sexies di. 306/92
(conv. nella L. 356/92), avverso la quale il PM aveva interposto appello.
La vicenda di cui trattasi necessita, innanzitutto, di una breve ricostruzione
dell’iter processuale che la caratterizza essendo la terza volta che viene
sottoposta al vaglio di questa Corte.

Data Udienza: 18/06/2014

Nell’ottobre 2010 ROBERTI Carlo Alberto veniva trovato in possesso di 3.969
opere d’arte (dipinti ed altro), parte delle quali risultate contraffatte, altra parte
di provenienza furtiva ed altre ancora (ben 2.969) di provenienza incerta ma di
un valore stimato di oltre 1 milione e 130 mila Euro.
Ciò ha comportato l’elevazione a carico del ROBERTI di due capi di imputazione
per ricettazione continuata (artt. 81, 648 cod. pen.) uno relativo alle opere
contraffatte e l’altro relativo a quelle di provenienza furtiva.

preventivo ex art.12 sexies di. 306/92 delle 2.969 opere di provenienza incerta,
richiesta che veniva respinta dal Giudice in data 8/2/2012.
Il Tribunale di Pesaro con ordinanza del 9/3/2012 rigettava l’appello avanzato dal
PM avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del 8/2/2012.
Proposto ricorso avverso quest’ultimo provvedimento, la Corte di Cassazione con
sentenza in data 9/10/2012 (n. 1712/12 – Sez. H penale) annullava l’ordinanza
del Tribunale ma all’esito dell’udienza di rinvio, in data 14.2.2013, il Tribunale di
Pesaro emetteva altra ordinanza di rigetto che veniva pure impugnata dal PM.
Questa Corte con sentenza 2/5/2013 (n. 773/13 – Sez. VI penale) accoglieva
nuovamente il ricorso rinviando ancora una volta gli atti al Tribunale il quale, da
ultimo, emetteva l’ulteriore ordinanza di rigetto datata 12/2/2014 che in questa
sede ci occupa.

Ricorre per Cassazione avverso quest’ultima ordinanza il PM, deducendo:
1. Violazione di legge ex art. 325 in riferimento agli artt. 322 bis, 125 e 627 cod.
proc. pen.
Lamenta, al riguardo, il ricorrente che il Tribunale del riesame avrebbe errato
nella propria valutazione riguardante i limiti imposti dal
relativi al

tempus

thema decidendum

del conseguimento del possesso dei dipinti da parte

dell’indagato (tempus che era stato allargato attraverso produzioni documentali
effettuate dal PM) limitandosi, nel caso di specie, ad affermare che non poteva
esaminare tale questione.

2. Violazione di legge ex art. 325 in relazione agli art. 322 bis cod. proc. pen.
Lamenta sul punto il ricorrente che qualora si volesse limitare la verifica della
richiesta di sequestro del PM all’arco temporale 2008/2009, il Tribunale sarebbe
incorso nella violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. avendo omesso di stabilire
se la domanda cautelare del PM poteva essere accolta quantomeno con riguardo
ai dipinti sui quali lo stesso indagato aveva apposto il cartellino “2008” ovvero
quello “2009”.

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Il 7/2/2012 il PM chiedeva al Giudice per le indagini preliminari il sequestro

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 sexies I. 352/92.
Secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe errato nella parte in cui non ha accolto
la richiesta di sequestro affermando che il valore dei quadri dei quali si domanda
il sequestro deve essere determinato avuto riguardo al momento in cui essi sono
entrati nella disponibilità dell’indagato e non nel momento in cui è stata avanzata
la richiesta di sequestro e che tale valore dovrebbe essere ridotto per l’effetto

dai limiti del devolutum (non essendo stata oggetto di censura la stima del
valore dei dipinti) e, in ogni caso contrasterebbero con il fatto notorio che le
opere d’arte con il tempo non si svalutano ma, anzi, acquistano valore.

4.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 12

sexies I. 352/92 in quanto il

Tribunale non si sarebbe attenuto ai principi emergenti dagli orientamenti di
questa Corte sulla determinazione del principio della “sproporzione” non tenendo
conto del fatto che mai l’indagato ha avuto una disponibilità reddituale “lecita”
tale da poter acquistare il patrimonio artistico del quale è stato trovato in
possesso.
Per dovere di completezza deve essere evidenziato che la difesa dell’imputato ha
depositato in data 13/6/2014 una memoria difensiva ex art. 127, comma 2, cod.
proc. pen. (con allegati) contenente una ricostruzione cronologica delle vicende
processuali e la confutazione delle argomentazioni addotte dal PM a sostegno del
proprio ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In relazione al primo dei motivi di doglianza avanzato dal PM deve essere
evidenziato che il Tribunale nell’ordinanza impugnata ha dato atto di aver preso
in considerazione la documentazione reddituale dell’indagato antecedente al
biennio 2008/2009 prodotta in fase di giudizio, così come richiesto da questa
Corte in sede di annullamento della precedente ordinanza, in quanto ciò non
comporta una espansione del devolutum ma solo un’integrazione probatoria
dell’originario

petitum

che pertanto è (e rimane) quello originario della

sproporzione degli aspetti reddituali del ROBERTI – pur tenendo conto dei redditi
documentati dello stesso a far tempo dal 1995 – rispetto al tempus (limitato al
2008/2009) del conseguimento del possesso dei dipinti da parte dell’indagato.
Ciò è del tutto conforme a quanto evidenziato di questa Corte con la sentenza n.
12245 del 14/2/2013 (citata anche nell’ordinanza impugnata) nella quale si è
chiarito ciò che in questa sede si ribadisce e cioè il fatto che pur di fronte ad

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quantomeno della svalutazione intercorsa. Tali valutazioni avrebbero esorbitato

ammissibili nuove prove introdotte in contraddittorio nel giudizio di appello
avverso una misura cautelare reale, i limiti del decidere rimangono comunque
delimitati dal “devolutum” originario i cui confini debbono essere rispettati pena il
fatto che verrebbero snaturati i principi sui quali si fonda tale giudizio di
impugnazione.
In linea generale deve, poi, rammentarsi che l’acquisizione di nuovi elementi, sia
preesistenti che sopravvenuti, nel giudizio di appello avverso ordinanze in

della misura) è stata ritenuta da questa Corte ammissibile, alle condizioni
determinate nella motivazione della decisione e relativamente alle misure
personali (Cass. Sez. Un., sent. n. 18339 del 31/3/2004, rv. 227357), con
argomenti che possono, peraltro, essere mutuati anche con riferimento alle
misure cautelari reali, stante il rinvio operato dall’art. 322 bis c.p.p., comma 2,
alle disposizioni dell’art. 310 c.p.p., come interpretato dalla citata sentenza delle
SS.UU.
Tuttavia, se la richiesta di produzione di nuovi elementi documentali non può
ritenersi preclusiva di diversa decisione da parte dello stesso giudice in sede di
rinvio, continua peraltro a rimanere operante la preclusione processuale legata al
fatto che al Giudice del rinvio rimarrà inibita la possibilità di estendere il giudizio
alle questioni deducibili ma non dedotte con atto di impugnazione.
Nel corso del giudizio di appello il Giudice sarà quindi tenuto a prendere in
considerazione tali nuovi elementi e, di conseguenza, a motivare la propria
decisione anche con riguardo alla valutazione degli stessi, pena il rischio di
incorrere in una violazione di legge impugnabile innanzi a questa Corte, ma i
nuovi elementi probatori introdotti non potranno allargare il thema decidendum
che continuerà a rimanere quello dell’originario devolutum attraverso il primo
atto di impugnazione. Ciò anche se l’ordinanza del Tribunale del riesame sia
stata oggetto di annullamento da parte della Corte di cassazione e ci si trova
nella fase del giudizio di rinvio in quanto l’iter della vicenda processuale rimane
pur sempre unitario ed il devolutum originario non è suscettibile di ampliamento
durante le varie fasi dello stesso.
Il primo motivo di ricorso avanzato dal PM non è, pertanto, meritevole di
accoglimento.

2. Quanto al secondo motivo di ricorso, nel quale il ricorrente lamenta che,
anche qualora si volesse limitare la verifica della richiesta di sequestro del PM
all’arco temporale 2008/2009, il Tribunale sarebbe incorso nella violazione
dell’art. 321 cod. proc. pen. avendo omesso di stabilire se la domanda cautelare

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materia di misure cautelari (nella specie avverso ordinanza reiettiva di adozione

del PM poteva essere accolta quantomeno con riguardo ai dipinti sui quali lo
stesso indagato aveva apposto il cartellino “2008” ovvero quello “2009”, deve
essere evidenziato il fatto che il Tribunale, nell’ordinanza impugnata ha in realtà
affrontato la questione.
Infatti alle pagg. 7 ed 8 dell’ordinanza impugnata il Tribunale ha chiarito i termini
della propria decisione evidenziando, da un lato, la propria impossibilità, nel
rispetto dei criteri fissati da questa Corte con la sentenza di annullamento, di

1995/2009 e gli acquisti di dipinti effettuati nel medesimo arco temporale, e
dall’altro, evidenziando di avere tenuto conto nella propria decisione
dell’avvenuta produzione della documentazione reddituale dell’indagato a far
tempo dal 1995 “in vista dei contestati acquisti per come collocati nel biennio
2008/2009”. Dopodiché, il Tribunale, con una motivazione congrua e non certo
apparente, ha chiarito che se da un lato, volendo ricondurre l’acquisto della
totalità delle opere al biennio 2008/2009 e volendo accedere alle stime di valore
operate dal consulente dello stesso sulle opere d’arte, effettivamente esisterebbe
una sproporzione tra la situazione reddituale del ROBERTI dal 1995 al 2009 e
tale valore, tuttavia si tratterebbe di un ragionamento di natura meramente
presuntiva attesa l’estrema difficoltà – per non dire impossibilità – di procedere
ad un’attendibile datazione di tutti gli acquisti e di apprezzare i relativi
presumibili valori di costo.
Quella di cui si è detto è una valutazione di merito, opinabile fin che si vuole ma
non certo censurabile in questa sede ove, come appare il caso di ricordare, in
tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge”
per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art.
325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano solo la mancanza assoluta di
motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto
correlate all’inosservanza di precise norme processuali (Cass. Sez. un., sent. n.
5876 del 28/01/2004, dep. 13/02/2004, Rv. 226710). Si ritiene infatti che, in
questa ipotesi, il controllo di legittimità non si estenda all’adeguatezza delle linee
argomentative ed alla congruenza logica del discorso giustificativo della
decisione, potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di
motivazione inesistente o meramente apparente (cfr. anche Cass., Sez. Un.,
28/5/2003 n. 12): quando essa manchi assolutamente o sia, altresì, del tutto
priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare
inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito,
ovvero le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da

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effettuare una comparazione tra i redditi dell’indagato nell’arco temporale

rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento. Il che non può
dirsi sussistente nel caso in esame.
Ne consegue che anche il secondo motivo di ricorso del PM non può ritenersi
accogli bile.

3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Lamenta, come detto, il ricorrente che il Tribunale avrebbe errato nella parte in

dei quali si domanda il sequestro deve essere determinato avuto riguardo al
momento in cui essi sono entrati nella disponibilità dell’indagato e non nel
momento in cui è stata avanzata la richiesta medesima e che tale valore
dovrebbe essere ridotto per l’effetto quantomeno della svalutazione intercorsa.
Tali valutazioni, a detta del ricorrente, avrebbero esorbitato dai limiti del
devolutum (non essendo stata oggetto di censura la stima del valore dei dipinti)
e, in ogni caso contrasterebbero con il fatto notorio che le opere d’arte con il
tempo non si svalutano ma, anzi, acquistano valore.
Come si vede quella che ha operato il Tribunale nel caso di specie è una
valutazione di puro merito riguardante i parametri di valore delle opere in base
ai quali ravvisare o meno la sussistenza della “sproporzione” richiesta dall’art. 12
sexies d.l. 306/92 per l’avviamento del trattamento cautelare.
A prescindere dal fatto che quella che ha operato il Tribunale al riguardo è stata
una valutazione incidentale di un elemento che, come risulta dal testo
dell’ordinanza impugnata, non è stato certo un elemento risolutivo fondante la
decisione assunta, va detto che nel caso di specie non si è certo trattato di un
allargamento del thema decidendum ma solo di una libera valutazione di un
elemento probatorio introdotto in giudizio da una delle parti.
Stanti i sopra evidenziati limiti della ricorribilità per Cassazione delle decisioni in
materia cautelare reale, nessuna censura può ritenersi sussistente con riguardo
all’ordinanza impugnata.

4. Il quarto ed ultimo motivo di ricorso è pur esso inammissibile perché riguarda
una valutazione di merito sulla “sproporzione” che il Tribunale ha effettuato
nell’ordinanza impugnata e che, sulla base della motivazione esplicitata in
ordinanza e dei parametri di tempo e di valore ai quali ha ritenuto di aderire, ha
considerato insussistente. Nessuna violazione di legge è, pertanto, rinvenibile in
tale agire.

Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame.

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cui non ha accolto la richiesta di sequestro affermando che il valore dei quadri

Va solo doverosamente aggiunto che le argomentazioni contenute nella sopra
citata memoria difensiva differenti da quelle riguardanti la confutazione dei punti
sopra evidenziati del ricorso del PM, non possono essere prese in considerazione
in questa sede esorbitando a loro volta dai limiti del devolutum a questa Corte.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso del PM.

Così deciso in R ma il giorno 18 giugno 2014.

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