Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28207 del 25/09/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 28207 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

GIORDANO Vincenzo, nato a Castellammare di Stabia (Na) il 17 maggio 1985;

avverso la sentenza n. 620/14 della Corte di appello di Napoli del 28 gennaio 2014;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;

sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Luigi OSSI, il
quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso quanto ai
primi due motivi e l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata quanto al
terzo.

Data Udienza: 25/09/2015

RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 11 marzo 2014, ha
riformato la sentenza con la quale il Tribunale di Torre Annunziata, dichiarata
la penale responsabilità di Giordano Vincenzo in ordine al reato di cui all’art.
73 del dPR n. 309 del 1990 lo aveva condannato alla pena di anni sei di
reclusione ed euro 26.000,00 di multa; in particolare la Corte territoriale,
ritenuto di dovere qualificare il fatto addebitato al Giordano, consistente nella

nell’ambito del comma 5 della disposizione violata, rideterminava la pena
inflitta in anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 3000,00 di multa.
Ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza, tramite
il proprio difensore, il Giordano deducendo tre motivi di impugnazione.
Col primo eccepiva la nullità della sentenza impugnata per violazione
dell’art. 247, comma 1-bis, cod. proc. pen. – violazione che comporterebbe la
inutilizzabilità dei dati rilevati dalla Pg attraverso l’esame del telefono cellulare
del Giordano – per non essere stati gli stessi estrapolati ponendo in essere le
cautele previste dalla norma in ipotesi violata.
Col secondo motivo è dedotto il vizio di manifesta illogicità della
motivazione della sentenza per non avere la Corte territoriale tenuto conto
delle testimonianze a discarico dell’imputato volte a dimostrare l’esistenza di
un uso di gruppo dello stupefacente rinvenuto presso la abitazione di quello.
Infine è dedotta la nullità della sentenza in quanto il trattamento
sanzionatorio in essa disposto è stato travolto dagli effetti della sentenza n.
32 del 2014 della Corte costituzionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, fondato con esclusivo riferimento alla determinazione della
sanzione irrogata in danno del prevenuto, deve essere accolto nei limiti qui di
seguito precisati.
Osserva, infatti, la Corte che col primo motivo di impugnazione il ricorrente
evoca la disciplina di cui all’art. 247, comma 1-bis, cod. proc. pen. in maniera
quanto meno impropria.
Invero la disposizione tirata in causa, della quale il ricorrente postula, ai fini
della derivante inutilizzabilità di taluni dati istruttori, le erronea applicazione da
parte dei giudici del merito, prevede che, laddove debba essere verificato il
contenuto di un sistema informatico, sussistendo elementi idonei a far ritenere
che all’interno di esso siano reperibili elementi comunque pertinenti al reato,
può essere disposta la perquisizione del detto sistema, operazione questa
evidentemente funzionale al successivo sequestro dei dati ritenuti utili alle

2

detenzione a fini di spaccio della complessiva quantità di gr 2,4 di marijuana,

indagini, purché siano adottate le misure tecniche idonee ad assicurare la
conservazione dei dati originali ed ad impedirne l’alterazione.
E’ di tutta evidenza che la descritta disposizione entra in gioco laddove sia
necessario intervenire a carico del sistema informatico in discorso attraverso
l’utilizzo di ulteriori programmi informatici o comunque di mezzi elettronici atti
alla estrapolazione dei dati contenuti nel primo, dati eventualmente anche
protetti con l’uso di mezzi di criptaggio che ne impediscano la immediata

però avvenire rimanendo salva la genuinità e la persistenza dei dati originali sul
primitivo supporto, ciò all’evidente fine di poterne all’occorrenza verificarne
successivamente la conformità a quelli oggetto del provvedimento ablatorio.
Nel caso che interessa è accaduto, ben più modestamente, che gli agenti di
polizia giudiziaria, i quali erano intervenuti in occasione della perquisizione
operata presso la cantina del prevenuto, presa visione del telefono cellulare del
Giordano, avevano materialmente trascritto il testo, la fonte e la destinazione
di taluni sms presenti nel predetto telefono, redigendo la relativa annotazione
di servizio e successivamente testimoniando in dibattimento su tale loro attività
di acquisizione di elementi probatori.
E’ di tutta evidenza la estraneità della presente fattispecie al dettato
dell’art. 247, comma 1-bis, cod. proc. pen., posto che in questo caso non vi è
stato alcun accesso attraverso strumenti informatici ad un sistema informatico
di conservazione dei dati, né tantomeno è stata estrapolata copia in senso
tecnico dei dati contenuti in un sistema del tipo di quello descritto, ma vi è
stata semplicemente la annotazione e la trascrizione da parte della polizia
giudiziaria, in assenza di alcun rischio di deterioramento dei dati riportati, del
contenuto di una corrispondenza intrattenuta, tramite mezzi telematici, dal
prevenuto con soggetti terzi, rientrando, pertanto, come correttamente ritenuto
dai giudici del merito, la fattispecie nell’ambito del fuoco dell’art. 234, comma
1, cod. proc. pen., il quale consente che con ogni mezzo, e quindi anche
attraverso la trascrizione grafica, sia acquisito il contenuto di scritti
rappresentativi di fatti persone o cose.
Il secondo motivo di impugnazione, oltre ad essere evidentemente
inammissibile in quanto volto a fornire una ricostruzione in fatto degli
avvenimenti diversa da quella verificata dai giudici del merito, è peraltro
manifestamente infondato.
Il ricorrente ha, infatti, tacciato la sentenza della Corte partenopea, di
travisamento della prova, per non avere rilevato come le testimonianze rese dai
testi a discarico militassero nel senso della affermazione della sussistenza di un
uso di gruppo dello stupefacente rinvenuto nel possesso del Giordano, uso,
3

accessibilità, tramite la realizzazione di copie dei predetti dati; tutto ciò deve

pertanto non soggetto alla sanzione penale trattandosi di una forma di
esplicazione congiunta dell’uso personale penalmente irrilevante.
L’assunto è privo di consistenza.
Va, infatti, ribadito che, affinché si possa parlare di uso di gruppo dello
stupefacente, è necessario che emerga la prova della coincidenza soggettiva tra
acquirente ed almeno uno degli assuntori dello stupefacente; della certezza sin
dall’origine dell’identità dei componenti il gruppo; della condivisa volontà di

preventivamente raggiunta in ordine al luogo e ai tempi del consumo;
dell’immediatezza degli effetti dell’acquisizione in capo agli interessati senza
passaggi intermedi e della attribuzione, laddove l’acquirente sia uno solo dei
componenti del gruppo, da parte di tutti gli altri di un preciso mandato, fornito
di adeguata provvista, per il procacciamento della sostanza stupefacente (Corte
di cassazione, Sezione IV penale, 12 febbraio 2’014, n. 6782; idem Sezioni
unite penali, 10 giugno 2013, n. 25401).
Nel caso in esame, a tutto voler concedere, vi è la testimonianza resa da
alcuni amici dell’imputato nel senso che, a volte costoro lo avevano incaricato
di procurargli dello stupefacente, ma nulla è dimostrato, né è stato allegato
dalla difesa del ricorrente, in ordine alla destinazione che avrebbe dovuto avere
lo specifico materiale di cui al capo di imputazione, su chi lo avesse procurato e
su incarico di quale dei successivi possibili consumatori.
Vi sono, viceversa, diversi elementi, tutti diligentemente ricordati dalla
Corte di Napoli, e per lo più rappresentati dal contenuto della messaggistica
telefonica rilevata sulla utenza del ricorrente, i quali fanno propendere per lo
svolgimento da parte del Giordano del ruolo di abituale fornitore di stupefacenti
ad un gruppo di persone che, all’occorrenza, sapevano che presso il prevenuto
avrebbero trovato ciò che cercavano; ma questo non equivale certamente a
dire che gli stessi avevano attribuito al ricorrente uno specifico mandato di
procurare loro di volta in volta la droga.
Fondato è, infine, il motivo di impugnazione riferito al trattamento
sanzionatorio riservato al ricorrente.
Al riguardo, tuttavia, rileva la Corte che le ragioni di illegittimità della
sentenza impugnata non vanno tanto ricercate nel fatto che la Corte territoriale
non abbia tenuto conto degli effetti della sentenza della Corte costituzionale n.
32 del 2014, con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale di
talune modifiche apportate a seguito della entrata in vigore della legge n. 49
del 2006, di conversione del decreto legge n. 272 del 2005 (circostanza della
quale, peraltro, non potrebbe farsi carico alla Corte territoriale partenopea,
posto che la predetta sentenza è stata depositata solo il 25 febbraio 2014,
4

procurarsi la sostanza destinata al paritario consumo personale; dell’intesa

mentre la sentenza impugnata è stata pronunziata in data 28 gennaio 2014),
quanto nel fatto che, qualificato dalla Corte il reato commesso dal Giordano
come rientrante nell’ambito delle ipotesi di lieve entità di cui al comma 5
dell’art. 73 del dPR n. 309 del 1990, deve osservarsi che il relativo trattamento
sanzionatorio era stato oggetto di un primo sensibile ridimensionamento per
effetto già della entrata in vigore del decreto legge n. 146 del 2013, convertito
con legge n. 10 del 2014, del quale non sembrerebbe che la Corte territoriale

legge fosse entrata in vigore anteriormente alla pronunzia della sentenza della
Corte territoriale, nonché di un successivo ulteriore contenimento della forcella
edittale, conseguente alla entrata in vigore del di n. 36 del 2014, convertito con
modificazioni, con legge n. 79 del 2014.
Alla luce di tali emergenze, certamente incidenti sul trattamento
sanzionatorio applicabile al Giordano, la sentenza impugnata deve essere
annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Napoli affinché rivaluti, alla
luce della più favorevole disciplina medio tempore sopravvenuta, l’entità della
sanzione penale della quale il ricorrente è, per il fatto da lui commesso,
meritevole.
Ai sensi dell’art. 624, comma 1, cod. proc. pen., l’affermazione della penale
responsabilità del ricorrente per il reato a lui contestato, come riqualificato con
la sentenza ora impugnata, in quanto non essenzialmente connessa con la
parte della sentenza oggetto della pronunzia di annullamento, deve, invece,

intendersi definitiva.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di
appello di Napoli limitatamente alla determinazione della sanzione.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2015
Il Consigliere estensore

Il Pr idente

abbia fatto applicazione, sebbene la modifica, già contenuta in sede di decreto

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA