Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28205 del 11/06/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28205 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TITAS MASSIMO N. IL 15/03/1967
avverso la sentenza n. 2348/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
19/06/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. le,
che ha concluso per
,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 11/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 19 giugno 2013 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Benevento Sezione distaccata di Ariola in data 17 aprile 2009
nei confronti di Massimo TITAS, imputato dei reati di cui agli artt. 173 ter comma 1 lett. c) e d)
e comma 2 lett. a) della L. 633/41 e 648 e 61 n. 2 cod. pen., riduceva la pena originariamente
inflitta ad anno uno, mesi quattro e giorni dieci di reclusione ed € 400,00 di multa

1.2 Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato tramite il proprio difensore di
fiducia deducendo tre motivi: con il primo lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 171 ter comma 1 lett. d) della L. 633/31 per avere la Corte di merito confermato il
giudizio di penale responsabilità nonostante l’intervenuta pronuncia della Corte di Giustizia
Europea nella causa Schwibbert dell’8 novembre 2007 applicabile alla fattispecie; con il
secondo motivo la difesa lamenta vizio di motivazione per contraddittorietà e manifesta
illogicità in quanto la Corte territoriale aveva escluso il riconoscimento della invocata
circostanza attenuante del fatto di particolare tenuità di cui all’art. 171 ter comma 3 della L.
633/41, pur avendo ribadito il riconoscimento della circostanza attenuante speciale del fatto di
particolare tenuità in ordine al reato di ricettazione di cui al capo b) (attenuante già concessa
dal Tribunale); con il terzo motivo la difesa lamenta altro vizio di motivazione per manifesta
illogicità e contraddittorietà per avere ritenuto che i CD e i DVD sequestrati all’imputato
contenessero opere e films, nonostante nessuna prova fosse stata acquisita in merito al
contenuto di tali prodotti.
1.3 Con memoria difensiva ritualmente e tempestivamente prodotta, la difesa lamenta la
violazione di legge per inosservanza della legge penale (art. 69 comma 4 cod. pen.) per avere
la Corte escluso la possibilità di applicazione della circostanza attenuante, già riconosciuta, di
cui al cpv. dell’art. 648 cod. pen. in termini di prevalenza rispetto all’aggravante ed alla
recidiva contestate, in relazione al contenuto dell’art. 99 comma 4 cod. pen.; possibilità,
invece, riconosciuta successivamente per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n.
105 del 2014 nelle ipotesi di recidiva non obbligatoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato con le precisazioni che seguono. Con riferimento al primo motivo è
incontroverso che al TITAS sia stato contestato il reato di cui all’art. 171 ter comma 1 lett. c) e
d) e comma 2 lett. a) “perché per uso non personale, pur non, avendo concorso nella abusiva
duplicazione o riproduzione, deteneva per la vendita n. 15 CD musicali di vari autori; n. 512
1

confermando nel resto.

DVD di film vari e n. 22 DVD per play station, tutti abusivamente duplicati e riprodotti e privi
del marchio SIAE” (fatto commesso 11 febbraio 2007). La difesa si duole del fatto che
nonostante la sentenza “Schwibbert” avesse fatto chiarezza sul preventivo obbligo di
comunicazione alla Commissione Europea della istituzione di contrassegni SIAE successiva alla
direttiva 83/189/CEE per supporti di qualsiasi genere con conseguente irrilevanza penale di
quei fatti commessi in epoca antecedente al 2009, e nonostante all’imputato fosse stato
contestato anche il reato di cui al comma 1 lett. d) del ricordato art. 171 ter della L. 633/41, la

responsabilità.
2. Il rilievo è fondato in quanto la Corte, nell’esaminare lo specifico motivo di appello che
invocava l’assoluzione della ipotesi delittuosa di cui alla lett. d) del comma 1 dell’art. 171 ter
citato, ha omesso qualsiasi motivazione, limitandosi ad affermare, invece, che al TITAS era
stato contestato il reato di cui all’art. 171 ter lett. c) della L. 633/41 che – come noto sanzione non già la mancanza del contrassegno SIAE ma la condotta di chiunque detenga per
la vendita supporto illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso nella
duplicazione o riproduzione.
3. La fattispecie enunciata nel comma 1 lett. d) del ricordato art. 171 ter costituisce una
autonoma ipotesi di reato distinta da quella indicata nella precedente lett. c), sicchè la Corte di
merito avrebbe dovuto rendere adeguata motivazione in ordine alla applicabilità o meno della
sentenza Schwibbert al caso in esame.
4. La norma testè enunciata (art. 171 ter comma 1 lett. d) punisce la condotta di chiunque
per trarne profitto “detiene per la vendita o la distribuzione, pone in commercio, vende,

noleggia, cede a qualsiasi titolo, proietta in pubblico, trasmette a mezzo della radio o della
televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto
contenente fonogrammi o video grammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o
sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della
presente legge, l’apposizione di contrassegno da parte della Società italiana degli autori ed
editori (S.I.A.E.), privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o
alterato”.
5.

Inevitabile il richiamo alla nota sentenza della Corte di Giustizia della C.E dell’8

novembre 2007, n. C-20/05, nella causa Schwibbert che ha ritenuto che il contrassegno SIAE
costituisce una “specificazione tecnica”, rientrante nelle prescrizioni relative alla marcatura e
all’etichettatura dei prodotti considerati dalla medesima direttiva. I Giudici europei hanno
rilevato, in particolare, che l’obbligo di apposizione del marchio Siae sui dischi compatti
contenenti opere d’arte figurative in vista della loro commercializzazione costituisce una regola
tecnica che, ai sensi degli art. 8 e 9 della Direttiva 98/34/CE, avrebbe dovuto essere notificata
(il che non è avvenuto) da parte dell’Italia alla Commissione della Comunità Europea onde
verificare la compatibilità del suddetto obbligo con il principio di libera circolazione delle merci.

2

Corte territoriale nulla avesse argomentato sul punto, mantenendo fermo il giudizio di

5.1 La Corte europea ha quindi concluso rilevando che la regola tecnica, in caso di
mancata comunicazione alla Commissione, non può essere fatta valere nei confronti dei privati
con conseguente disapplicazione delle norme interne da parte del giudice nazionale.
5.2 Ne deriva, per effetto di tale sentenza, vincolante per lo Stato Italiano, in riferimento
al reato enunciato (e nel caso di specie contestato) di cui all’art. 171 ter, comma 1, lett d), L.
633/41, nella sua formulazione introdotta dalla L. 248/00, la disapplicazione di quanto stabilito
dalla legge nazionale in tema di bollo SIAE.

3^ 12.2.2008 n. 13810, Dipo, Rv. 239950; Sez. 3^ 12.2.2008 n. 13816, Valentino, Rv.
239953; Sez. 3^ 30.9.2008 n. 41839, Righi, Rv. 241422) con le quali è stata integralmente
recepita la decisione della Corte di Giustizia.
6. Sotto un diverso profilo va poi segnalato che la mancanza nei supporti audiovisivi del
contrassegno SIAE non può valere come indizio dell’abusiva duplicazione degli stessi (tra le
tante Sez. 3^ 5.5.2011 n. 24823, Abdou, Rv. 250653; idem 22.10.2009 n. 44892, Sambee,
Rv. 245273; idem 15.11.2012 n. 45955, Celentano, Rv. 253880 in cui viene precisato che la
prova dell’abusiva duplicazione può essere raggiunta sulla base di altri elementi come il tipo di
supporto utilizzato, l’assenza di loghi e marchi del produttore, il tipo di confezionamento;
l’utilizzazione di copertine fotocopiate; v. nello stesso senso Sez. 3^ 18.7.2014 n. 45450,
Hamoudi, Rv. 260865 in cui si specifica anche la superfluità – in evenienze siffatte dell’espletamento di perizia tecnica per la verifica della illecita duplicazione).
6.1 Nel caso in esame la Corte territoriale ha enucleato elementi di sicura valenza
probatoria denotanti l’abusiva duplicazione dei supporti costituiti dalla presenza di locandine
fotocopiate e non originali e dalla mancata esibizione di documenti autorizzativi
7. Alla stregua di tali indicazioni la mancata motivazione sul punto da parte della Corte
territoriale dovrebbe comportare l’annullamento della sentenza con rinvio; tuttavia essendo
maturata la prescrizione (pari ad anni sette e mesi sei con decorrenza dall’i febbraio 2007, pur
tenendo conto delle sospensioni della prescrizione per complessivi mesi 9 e giorni 10), ragioni
di economia processuale impongono l’annullamento senza rinvio, non trattandosi di ricorso
inammissibile.
7.1 Non si rinvengono in atti elementi dai quali trarre la conclusione della evidenza della
prova della insussistenza del fatto o della non attribuibilità di esso all’imputato (ed anzi, sulla
base di quanto emerge dalla lettura del testo della sentenza impugnata, vi sono elementi
incontrovertibili che provano la responsabilità del TITAS in relazione alla attività di vendita di
CD e DVD che ha comportato il suo arresto in flagranza di reato).
8. Non è fondato il motivo afferente alla asserita contraddittorietà della decisione nel
punto in cui viene negata la circostanza attenuante di cui all’art. 171 ter comma 3 della L.
633/41, in quanto tale circostanza afferisce al danno laddove ritenuto di particolare tenuità che
può essere riconosciuta anche per il reato in esame, fermo restando l’obbligo per il giudice di

3

5.3 Tale tesi è stata confermata da questa Corte Suprema con una serie di decisioni (Sez.

valutare in concreto il presupposto della speciale tenuità del danno (v. Sez. 3^ 12.10.2011 n.
2685, Konteye, Rv. 251888).
8.1 Tuttavia la denunciata manifesta illogicità della motivazione e la sua contraddittorietà
non meritano di essere condivise attesa la differenza di presupposti tra la circostanza
attenuante speciale prevista dal capoverso dell’art. 648 cod. pen. (che si riferisce ad un fatto da valutare globalmente – di particolare tenuità) e la circostanza attenuante de danno di
particolare tenuità indicato nel comma 3 dell’art. 171 ter più volte richiamato (che afferisce

con la conseguenza che laddove venga riconosciuto il fatto di particolare tenuità, ciò non
significa affatto, sul piano logico-giuridico che non possa essere esclusa l’attenuante del danno
di particolare tenuità ancorata soltanto ad una valutazione circoscritta all’area economica.
9. E’ del pari infondato il terzo motivo, apparendo esente da censure sul piano logico la
decisione della Corte che ha ritenuto infondati i rilievi difensivi in ordine al mancato
accertamento del contenuto dei supporti in considerazione del fatto che essi non erano soltanto
detenuti per la vendita, ma posti in vendita (con conseguente illogicità della tesi difensiva che
si trattasse di supporti vergini e privi di opere al loro interno).
10.

E’, di contro, fondato il motivo aggiunto esposto nella memoria depositata il 14

gennaio 2015 che fa leva sulla decisione della Corte Costituzionale n. 105 del 14 aprile 2014
che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69 quarto comma del cod. pen. come
sostituito dall’art. 3 della L. 5.12.2005 n. 251 nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza
della circostanza attenuante di cui all’art. 648 comma 2° cod. pen. sulla recidiva di cui all’art.
99 comma 4° cod. pen.
11. Trattasi di motivo nuovo ma deducibile in quanto collegato ad una pronuncia della
Corte Costituzionale intervenuta dopo la sentenza della Corte di Appello e che questa Corte
può esaminare ai sensi dell’art. 609 comma 2 cod. proc. pen., trattandosi di questione che non
sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello.
11.1 In effetti la Corte di Napoli, sulla base del previgente testo antecedente alla
declaratoria di illegittimità costituzionale, aveva negato la possibilità di un diverso criterio di
bilanciamento rispetto alla equivalenza, oggi venuta meno per effetto della decisione della
Consulta, sicchè, sul punto, si impone l’annullamento della sentenza con rinvio ad altra Sezione
della Corte di Appello di Napoli che – in relazione al solo reato residuo di cui al capo b) – dovrà
valutare la sussistenza delle condizioni per il bilanciamento della già riconosciuta circostanza
attenuante speciale del fatto di particolare tenuità in termini di prevalenza rispetto ad
aggravante e recidiva, alla luce del nuovo testo dell’art. 69 comma 4° cod. pen.
successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 105 del 2014.

4

invece ad una valutazione meramente economica e dunque più circoscritta rispetto al “fatto”):

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A) perchè
estinto per prescrizione e con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli in ordine
al reato di cui al capo B) e al trattamento sanzionatorio.

Così deciso in Roma 1’11 giugno 2015.

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