Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28204 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28204 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari

nel processo penale nei confronti di:

SIGISMONDO Elisabetta, nata a Molfetta il 3/1/1972

avverso la sentenza n. 813/2013 in data 27/11/2013 del Giudice dell’Udienza
preliminare presso del Tribunale di Trani
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Mario FRATICELLI, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata;

Data Udienza: 18/06/2014

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza ex art. 425 cod. proc. pen. del 27/11/2015 il Giudice dell’Udienza
preliminare presso del Tribunale di Trani ha dichiarato non doversi procedere nei
confronti di SIGISMONDO Elisabetta in relazione ai reati di falso (artt. 477, 482
cod. pen.) e di truffa aggravata (art. 640 cpv. n. 1 cod. pen.) perché il fatto non
costituisce reato.
Nel processo in esame si imputa alla SIGISMONDO di avere contraffatto il
contrassegno dedicato per parcheggio invalidi rilasciato in favore di tale BINETTI
Isabella (madre dell’imputata) eseguendone una fotocopia fedele all’originale su

ir

cartoncino dello stesso tipo, consistenza e colore, contrassegno abilitante al

parcheggio senza pagamento di corrispettivo economico, e che esponeva sul
cruscotto della propria autovettura parcheggiata in area regolamentata a
pagamento così inducendo in errore il Comune di Molfetta che di fatto privava
dell’introito che ne sarebbe derivato dalla predetta sosta.

Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il Procuratore Generale
presso la Corte di Appello di Bari, deducendo la violazione dell’art. 606, lett. b)
ed e) cod. proc. pen. per asserita contrarietà ed illogicità della motivazione con

violazione di legge ex art. 425 cod. proc. pen.
Lamenta, in particolare, il ricorrente che il GUP avrebbe travisato il contenuto
degli atti gli atti omettendo di considerare che la falsificazione del contrassegno
non era palese ma ravvisabile esclusivamente a seguito di un’accurata visione
dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato e deve essere rigettato.
E’ posta in discussione dal ricorrente l’assenza di grossolanità del falso del
contrassegno per invalidi esposto sul cruscotto dell’autovettura dell’imputata
SIGISMONDO Elisabetta e, per l’effetto, l’idoneità del predetto documento a
trarre in inganno il personale deputato al controllo circa la propria autenticità con
il conseguente effetto di considerare configurabili i reati in contestazione.
Va detto subito che la sentenza impugnata risulta congruamente motivata ed è
priva di vizi che ne consentono di affermare la contraddittorietà. La sentenza
stessa è inoltre caratterizzata da una valutazione di puro merito derivante
dall’esame diretto da parte dello stesso Giudice del documento contraffatto.
Già di per sé gli elementi probatori acquisiti nella fase delle indagini preliminari
erano contraddittori e comunque portavano a propendere per la grossolanità
della contraffazione atteso che nella relazione di servizio datata 5/2/2010 a firma
dell’agente di Polizia Municipale ANNESE Sabino si da atto che l’ausiliario della
sosta sig. FARINOLA aveva notato apposto sul parabrezza dell’autovettura della
SIGISMONDO il contrassegno de quo “chiaramente contraffatto”.
Tale affermazione, riportata dal Giudice nella motivazione della sentenza
impugnata risulta solo in parte contraddetta dalla informativa di reato datata
6/2/2010 della Polizia Municipale di Molfetta nella quale da un lato si dà atto che
l’ausiliario della sosta aveva chiesto l’intervento di una pattuglia proprio perché
aveva ritenuto (evidentemente già da un prima visione a distanza) che il
contrassegno fosse “fotocopiato (circostanza poi confermata dai successivi
accertamenti conseguiti alla

acquisizione dello stesso) e, dall’altro, che

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riferimento all’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio nonché alla

”solo attraverso l’accurata visione dello stesso” si evidenziavano difformità
cromatiche ed altre caratteristiche di difformità rispetto all’originale.
Tale contraddittorietà probatoria, che già di per sé avrebbe legittimato il Giudice
di prime cure ad emettere sentenza di non luogo a procedere nell’ottica di cui al
comma 3 dell’art. 425 cod. proc. pen. risulta essere stata però superata, come
detto, dall’esame diretto da parte del giudice del documento contraffatto, il quale
ha dato atto nella parte motiva della sentenza della presenza sul documento di
“tracce bianche del foglio di carta su cui è stato riprodotto” il che conferma il

alla sola disamina del documento stesso.
D’altro canto non si vede come la situazione sopra descritta avrebbe potuto
essere superata in dibattimento da ulteriori elementi probatori (che neppure lo
stesso ricorrente indica) che potessero andare al di là di una nuova valutazione
“di merito” attraverso una nuova visione diretta del documento da parte di altro
Giudice.
Deve solo essere evidenziato che semmai la contraddittorietà della motivazione
della sentenza impugnata deriva da altro elemento e cioè che alla fine del
proprio ragionamento il Giudice di prime cure ha motivato la sentenza di non
luogo a procedere non in relazione alla ricorrenza di una conclamata (o
comunque dubbia) situazione ex art. 49 cod. pen. ma in relazione al difetto di
sussistenza dell’elemento psicologico in capo all’imputata in relazione ad
entrambe le fattispecie delittuose alla stessa contestate.
Tuttavia tale aspetto, che non è peraltro pregiudizievole nei confronti
dell’imputata, non è stato fatto oggetto di specifica doglianza da parte del
ricorrente e, per l’effetto, non può essere preso in considerazione da questa
Corte.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del PG.
Così deciso in Rom

giorno 18 giugno 2014.

fatto che si trova di fronte ad una falsificazione riconoscibile “ictu oculi”, in base

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