Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28194 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28194 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Bouchiba Moez n. il 21.4.1976
nei confronti di:
Ministero dell’Economia e delle Finanze
avverso l’ordinanza n. 4186/2012 pronunciata dal Tribunale di sorveglianza di Torino il 17.6.2013;
sentita nella camera di consiglio del 29.5.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. N.
Lettieri, che ha richiesto il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 29/05/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con atto in data 11.7.2013, a mezzo del proprio difensore,
Bouchiba Moez ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
in data 17/18.6.2013, con cui il tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato l’opposizione ex art. 99 d.p.r. n. 115/2002 avverso il provvedimento del 5.9.2012 a mezzo del quale il medesimo tribunale aveva dichiarato inammissibile l’istanza del ricorrente diretta al conseguimento
del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, in ragione della mancata
ottemperanza, da parte dell’istante, agli oneri di formale indicazione di
tutti i redditi considerabili ai fini della valutazione della richiesta avanzata.
Con il ricorso proposto, Bouchiba Moez censura il provvedimento
impugnato per vizio di motivazione, avendo il tribunale torinese omesso
di considerare l’effettiva indicazione formale, da parte del ricorrente, nel
corpo dell’istanza avanzata, di tutti i redditi richiesti ai fini della relativa
valutazione, ivi compresa la precisazione relativa alla cessata convivenza
della stessa con la figlia minore, della quale era stata omessa
l’indicazione degli eventuali redditi.
Ha depositato memoria il procuratore generale presso la corte di
cassazione, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è inammissibile.
Osserva il collegio — in armonia con la consolidata giurisprudenza di legittimità — come il ricorso per cassazione sia, in materia di opposizione ex art 99 d.p.r. n. 1115/2002, consentito soltanto per violazione
di legge (cfr. Cass., Sez. 4, n. 16908/2012, Rv. 252372; Cass, Sez. 3, n.
3271/2009, Rv. 245877).
Ai sensi dell’art. 99 citato, infatti – sia pure con riferimento ai
provvedimenti di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese
dello Stato (cui vanno equiparati i provvedimenti di inammissibilità della medesima istanza) -, il ricorso per cassazione risulta proponibile unicamente per violazione di legge (comma 4), traendo giustificazione, tale
limitazione, dalla circostanza che all’interessato è comunque consentito
proporre ricorso in opposizione al Presidente del Tribunale o della Corte
di Appello cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento (cfr.
Cass, Sez. 3, n. 3271/2009, cit.).

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Ciò posto, rileva il collegio come, nel concetto di violazione di
legge, devono ricomprendersi, tanto l’ipotesi della mancanza assoluta di
motivazione, quanto quella della presenza di motivazione meramente
apparente, siccome entrambe correlate all’inosservanza di precise norme processuali (quali, ad esempio, l’art. 125 c.p.p., secondo cui la motivazione è prevista a pena di nullità), in quanto inidonee, come tali, a
consentire alcun possibile controllo del procedimento logico giustificativo seguito dal giudice.
Non possono invece ricomprendersi, nella nozione di violazione
di legge, i casi della contraddittorietà o della manifesta illogicità della
motivazione, siccome previsti come diverso e autonomo mezzo
d’impugnazione dall’art. 606, lett. e), c.p.p., né tantomeno l’ipotesi del
travisamento della prova come forma del vizio di motivazione (cfr. Cass,
Sez. 3, n. 3271/2009, cit.).
Nella nozione della violazione di legge debbono, quindi, intendersi compresi sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi
della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento, o del tutto mancante, oppure privo
dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza indispensabili al fine di rendere intelligibile il percorso logico seguito dal
giudice.
Nel caso di specie, occorre evidenziare come l’ordinanza impugnata abbia motivato adeguatamente in ordine alle ragioni della ritenuta inammissibilità dell’istanza diretta al conseguimento del beneficio del
patrocinio a spese dello Stato.
Il tribunale dell’opposizione ha, infatti, evidenziato, sulla base
delle indicazioni contenute nella richiesta dell’odierno ricorrente, come
le stesse non fossero complete, avendo il Bouchiba omesso di operare
alcun riferimento ai redditi dei componenti del nucleo familiare minori
di età.
Sulla base di tali premesse — ritenuta l’irrilevanza delle affermazioni in questa sede allegate dal ricorrente (circa la cessata convivenza
della stessa con la figlia), trattandosi della valutazione di circostanze di
fatto inammissibili in sede di legittimità e in ogni caso riconducibili ad
eventuali vizi afferenti il discorso giustificativo dipanato nell’ordinanza
impugnata -, deve ritenersi come la motivazione dettata dal giudice a

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quo non possa dirsi né apparente, né macroscopicamente apodittica o
irragionevole.
Il ricorrente, infatti, risulta aver censurato, con la propria impugnazione, unicamente la correttezza e l’adeguatezza dell’iter motivazionale condotto nell’ordinanza contestata, nella parte in cui avrebbe malamente interpretato, ovvero travisato, le indicazioni contenute
nell’istanza originariamente avanzata, in tal modo inammissibilmente
dolendosi di veri e propri vizi della motivazione riconducibili alla previsione di cui all’art. 606, comma i, lett. e), c.p.p..
Sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità dell’odierno ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo
determinare in euro 500,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso
e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.5.2014.

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