Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28193 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28193 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZARI MAURILIO N. IL 19/10/1955
avverso l’ordinanza n. 45/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
10/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
4e-le conclusioni del PG Dott. na/rri’ect-e goz,
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LI)

Data Udienza: 29/05/2014

La Corte di Appello di Lecce, con ordinanza resa
all’udienza camerale del giorno 10.04.2013 rigettava
l’istanza di riparazione presentata nell’interesse
di Zari Maurilio per ingiusta detenzione in regime di
custodia in carcere dal 9/09/05 al 27/09/05 e in
regime di arresti domiciliari sino al 19/12/05 perché
sospettato dei reati di furto aggravato ed illecito
commercio di sostanze dopanti, reati da cui il
Tribunale di Lecce, con sentenza in data 18.10.2011,
lo aveva prosciolto, quanto al reato di illecito
commercio di sostanze dopanti perché il fatto non
sussiste, quanto a quello di cui all’art.646 c.p.
(così riqualificato il fatto originariamente
contestato come furto pluriaggravato) perché estinto
per remissione di querela.
Zari Maurilio,a mezzo del suo difensore, proponeva
quindi ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
della Corte di appello di Lecce e concludeva
chiedendone l’annullamento.
Il ricorrente censurava l’ordinanza impugnata per
violazione ed erronea applicazione degli articoli 314
e per mancanza manifesta
e 315 cod.proc.pen.
illogicità della motivazione
ex art. 606 comma l
lett. e) cod.proc.pen., in particolare nella parte in
cui la Corte di appello rimproverava in termini di
colpa grave condotte insuscettibili di essere
riguardate alla stregua di macroscopica negligenza e
trascuratezza. Pertanto, ad avviso del ricorrente,
non sussisterebbe la colpa grave, impeditiva del
riconoscimento del diritto all’equa riparazione.

Considerato in diritto

Ritenuto in fatto

Il ricorso è infondato.
Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione
per l’ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314
e ss. c.p.p., trova fondamento nella condizione
soggettiva della persona sottoposta a detenzione
immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro
sistematico di riferimento è un quadro di diritto
civile ma non è quello dell’art. 2043 c.c. che
appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa
un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è
piuttosto quello della riparazione legata ad eventi
che producono il sorgere, quali conseguenze di
principi di solidarietà e di giustizia distributiva,
di responsabilità da atto lecito ( la distinzione

Pf

tra responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043
c.c. e responsabilità per atto lecito è ben chiarita
11/6/2003 n. 9341). E’ ben
da Cass. SS.UU. civ.
fermo, in materia, l’assetto delle regole
generalissime che disciplinano l’onere della prova
civile ex art. 2697 c.c. posto che il procedimento
relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione,
quantunque si riferisca ad un rapporto
comporti
di diritto pubblico
e
obbligatorio
il rafforzamento dei poteri officiosi del
perciò
tuttavia ispirato ai principi del
giudice,
e’
processo civile, con la conseguenza che l’istante
della
ha l’onere di provare i fatti costitutivi
domanda, la custodia cautelare subita e la
successiva assoluzione ( Corte Cass. Sez. 4 sent. n.
23630 02/04/2004 – 20/05/2004 ). Peraltro il
sorgere del diritto è condizionato alla esistenza di
una condotta del richiedente che al tempo del
processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare
causa a quella ingiusta detenzione. L’operazione
intesa a cogliere tali condizioni deve scandagliare
solo l’eventuale efficienza causale delle condotte
dell’imputato che possano aver indotto, anche nel
concorso dell’altrui errore, secondo una valutazione
il giudice a
ragionevole e non congetturale
(Cass. SSUU
stabilire la misura della detenzione
13/12/95 n. 43, Sez IV 10/3/2000 n. 1705) .
Il giudice,pertanto, deve fondare la sua decisione su
fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni,
esaminando la condotta del richiedente, sia prima e
sia dopo la perdita della libertà personale,
indipendentemente dall’eventuale conoscenza che
quest’ultimo abbia avuto dell’attività di indagine,
al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se
tale condotta integri estremi di reato, ma solo se
sia stato il presupposto che ha ingenerato, ancorchè
in presenza di errore dell’autorità procedente, la
falsa apparenza della sua configurazione come
illecito penale, dando luogo alla detenzione con
rapporto di causa ad effetto (cfr. Cass. Sezioni
Unite, Sent. n.34559/2002; Cass., Sez.4, Sent.
n.17552 del 2009).
caso
nel
altresì
valgono
considerazioni
Tali
dell’avvenuta derubricazione (nella fattispecie che
ci occupa: del reato di furto aggravato in quello di
appropriazione indebita con conseguente
proscioglimento per remissione di querela pur
inizialmente sporta dalla persona offesa) quando sia
attribuibile comunque al soggetto passivo del
provvedimento cautelare una “efficacia causale in
ordine alla sua determinazione” (cfr, Cass., sez.4,
sent. n.13559 del 2.12.2011).

(3

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 29.05.2014

Tanto premesso si osserva che la Corte di Appello di
Lecce, con motivazione adeguata, ha enucleato,con
congrua verifica degli accertati elementi di
riferimento, la condotta del richiedente ostativa
all’accoglimento dell’istanza di equa riparazione. In
primo luogo ha posto in rilievo gli esiti delle
indagini (in particolare consistiti in
intercettazioni telefoniche e conseguenti verifiche)
che evidenziavano come lo Zari si fosse impossessato
di medicinali, prodotti parafarmaceutici ed anche
farmaci dopanti, cedendoli a terzi e che lo stesso
Zari, in sede di interrogatorio di garanzia, aveva
ammesso la materialità di tali cessioni, affermando
di aver dato dei farmaci in regalo ad amici.
Questo essendo il quadro accusatorio, il motivo
proposto dall’odierno ricorrente non può essere
accolto.
il
definisce
che
impugnato,
provvedimento
Il
dell’ingiusta
riparazione
la
per
procedimento
detenzione, supera quindi il vaglio di questa Corte
che è limitato alla correttezza del procedimento
logico giuridico con cui il Giudice è pervenuto ad
accertare o negare i presupposti per l’ottenimento
del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive
attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a
il
suo
logicamente
e
adeguatamente
motivare
convincimento, la valutazione sull’esistenza e la
gravità della colpa e sull’esistenza del dolo.
riconosciuto
infatti
non
ha
legislatore
Il
incondizionatamente il diritto all’equa riparazione,
ma l’ha esplicitamente escluso allorquando il
come appunto nella
comportamento dell’indagato,
fattispecie de qua, abbia indotto in errore il
giudice circa l’esistenza dei gravi indizi di
colpevolezza a suo carico.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il
ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali.

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