Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28190 del 07/06/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28190 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AVV.TO DEFILIPPI CLAUDIO N. IL 23/07/1968 parte offesa nel
procedimento
c/
FERRARA FRANCESCO SANTO N. IL 21/01/1975
avverso il decreto n. 3373/2014 GIUDICE DI PACE di MILANO, del
26/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 07/06/2016

RITENUTO IN FATTO

– che DEFILIPPI CLAUDIO propone personalmente ricorso per cassazione contro
il decreto di archiviazione emesso dal giudice di pace di Milano, a seguito di
opposizione proposta nel procedimento contro FERRARA FRANCESCO SANTO per
il reato di diffamazione;
– che il ricorrente deduce violazione di legge in relazione all’art. 595 cod. pen.
poiché le espressioni adoperate erano consapevoli ed avevano comportato una

inoltre il provvedimento, nella parte in cui non valuta l’ammissibilità dell’atto di
opposizione;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile poiché proposto da soggetto non
legittimato;
– che infatti per pacifica giurisprudenza di questa Corte il ricorso nell’interesse
della persona offesa dal reato deve essere sottoscritto a pena di inammissibilità
da difensore iscritto nell’albo dei patrocinanti davanti alle giurisdizioni superiori
(per tutte: SU sentenze 24/1998 e 47473/2007, Sez. 6 sentenze 22025/2012 e
2330/2014), anche quando possegga la qualità personale di avvocato iscritto
all’albo dei cassazionisti (Sez. 6, n. 8995 del 04/02/2015, Marinone, Rv.
262457);
– che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito (Sez. U, n. 47473 del
27/09/2007, Lo Mauro, in motivazione) che “l’inesistenza di un diritto della
persona offesa a sottoscrivere personalmente il ricorso per cassazione si fonda
non tanto sul fatto che essa non ha la qualità di parte processuale in senso
tecnico, e quindi non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 613, comma 1,
quanto piuttosto sul motivo che questa disposizione non è attributiva alle altre
parti processuali del potere di ricorrere personalmente per cassazione, ma è
invece meramente ricognitiva della facoltà di proposizione personale della
impugnazione, che la norma dell’art. 571, comma 1, riconosce al solo imputato,
in deroga alla regola generale della necessità della rappresentanza tecnica (Sez.
Un., 21 giugno 2000 n. 19, Adragna, m. 216336; Sez. Un., 27 giugno 2001 n.
34535, Petrantoni, m. 219613; Sez. V, 26 maggio 2004 n. 37418, p.c. Penna in
proc. Ma fai e altro). La persona offesa dal reato non può quindi sottoscrivere
personalmente il ricorso non perché non sia parte processuale, nemmeno nel
limitato ambito del procedimento di archiviazione, bensì perché tale diritto non

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significativa lesione alla reputazione della persona offesa, avvocato; si censura

spetta nemmeno alle altre parti processuali, essendo attribuito dall’art. 571 (e
non dall’art. 613) esclusivamente all’imputato”;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro 2000;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016
Il consigliere es nsore

Il presidente

P. Q. M.

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