Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2819 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2819 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

BIANCO Vincenzo, nato a Mazara del Vallo il 03/04/1938

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo del 24/01/2013:

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per
prescrizione;
sentito, altresì, l’avv. Santino Garufi, che, nell’interesse della parte civile, si è
riportato alle conclusioni scritte, chiedendone l’accoglimento;
sentito, infine, l’avv. Vincenzo Bonamico che, nell’interesse del Bianco, ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Vincenzo Bianco era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Marsalasezione distaccata di Mazara del Vallo, dei reati di seguito indicati:

Data Udienza: 12/11/2013

A) ai sensi dell’art. 473, comma 2, cod. pen. per aver contraffatto o alterato il
brevetto n. 01265706 rilasciato a Fiorilla Giuseppe Antonio per l’invenzione di “una
caditoia antiratto con sifone a scomparto separato e griglia ad asole concentriche”;
A) ai sensi dell’art. 88 RD n. 1127/1939 (ora art. 127 d.lvo n. 3012005 perché,
senza aver commesso falsità insegni di autenticazione, certificazioni riconoscimento,
fabbricava o comunque adoperava industrialmente oggetti in frode al brevetto n.
01265706 rilasciato a Fiorilla Giuseppe Antonio per l’invenzione di “una caditoia
antiratto con sifone a scomparto separato e griglia ad asole concentriche”;

emesso dal Tribunalei di Palermo in data 9.2.1999 volto alla tutela della proprietà
intellettuale del brevetto 01265706 rilasciato a Fiorilla Giuseppe Antonio per
l’invenzione di “una caditoia antiratto con sifone a scomparto separato e griglia ad
asole concentriche”.
Con sentenza del 25/01/2010 il Tribunale dichiarava l’imputato colpevole del
reato di cui al capo A) nonché dei reati a lui ascritti ai capi B) e C) della rubrica,
questi ultimi due limitatamente alle condotte poste in essere prima della querela
depositata 1115.5.2002, e – ritenuta la continuazione – lo condannava alla pena di
mesi otto di reclusione e € 1200 di multa, con il beneficio della sospensione
condizionale ed ulteriori statuizioni di legge; dichiarava non doversi procedere nei
confronti del Bianco in ordine ai reati a lui ascritti ai capi B) e C) della rubrica,
limitatamente alle condotte poste in essere successivamente alla 15.5.2002, perché
l’azione penale non doveva essere esercitata in mancanza di querela; condannava,
inoltre, l’imputato al risarcimento dei danni in favore della persona offesa Fiorilla
Giuseppe Antonio, costituitasi parte civile, liquidato in complessivi € 50.000,00, con
ulteriori statuizioni di legge.

2. Pronunciando sul gravame proposto dal difensore, la Corte d’appello di
Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava in parte la sentenza
impugnata, dichiarando non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine
ai reati ascritti ai capi A), relativamente ai fatti anteriori al 7 ottobre 2003, e B)
della rubrica perché estinti per intervenuta prescrizione; e, per l’effetto riduceva la
pena irrogata nella misura di mesi sei di reclusione e € 800,00 di multa;
confermava nel resto con ulteriori statuizioni di legge.

3. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’imputato, avv. Gianni Caracci,
ha proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito indicati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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B) Ai sensi dell’art. 388 comma 2, cod. pen. perché eludeva il provvedimento

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 606 lett. b) c) d) ed e) in relazione agli artt. 45, 46, 48, 52, 76 d.lvo n.
30/2005 nonché artt. 192, comma 1, e 546

lett. e) cod. proc. pen. e difetto,

carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con riferimento ai
motivi uno e tre dell’atto di appello. Si fa riferimento, in particolare, all’eccezione di
nullità del brevetto in questione che il giudice di appello aveva risolto facendo
ricorso alle motivazioni della sentenza definitiva del Tribunale civile di Palermo del
14 maggio 2010, che aveva ritenuto che lo stesso fosse

dotato di diversità

funzionale, intesa quale miglioramento della tecnica preesistente, integrante
requisiti per la brevettabilità all’art. 2585 cod. civ.
Per quanto riguardava il terzo motivo d’appello, la Corte territoriale aveva ritenuto
di non dover condividere le analisi della difesa dell’imputato,

“sposate dalla

sentenza civile di primo grado di carattere irrevocabile”, secondo cui l’elemento
distintivo che porterebbe a distinguere le due caditoie, sarebbe costituito dalla
mancanza nella caditoia Bianco delle griglie ad asole concentriche, realizzata invece
con la struttura longitudinale, dotato di incavo per sollevarla, con la conseguenza
che non essendo d’identità non potrebbe parlarsi di contraffazione ed altresì di
condotta penalmente rilevante ex art. 473 cod. pen.

A sostegno del mancato

accoglimento delle anzidette conclusioni il giudice di appello aveva affermato che
non era la posizione delle asole nella griglia a costituire l’elemento funzionale
decisivo della predetta invenzione quanto, piuttosto,

la realizzazione del doppio

scomparto la posizione della griglia e pertanto un elemento del tutto secondario
la cui modifica non vale ad escludere l’ipotesi della contraffazione perché non
distingueva le die. Con siffatta argomentazione il giudice di appello era, però,
incorso nei vizi di violazione di legge sostanziale e processuale nonché d’illogicità
con riferimento ai menzionati artt. 45 e seguenti e, soprattutto, dell’art. 52, norme
che disciplinano principi e criteri indefettibili in materia di analisi di contraffazione di
brevetti. Peraltro, lo stesso c.t.u. nominato dal Tribunale civile di Palermo – il cui
giudizio aveva ad oggetto ipotesi di contraffazione per fatti identici rispetto al
presente processo – aveva disatteso la questione di nullità del brevetto, ma, di
contro, aveva ritenuto insussistente qualsiasi condotta di contraffazione a carico di
Bianco Vincenzo, attesa la diversità delle caditoie dell’imputato rispetto a quelle
brevettate mancando proprio di uno degli elementi di novità del prodotto – ossia la
griglia ad asole concentriche dotata di incavo per sollevarla. Secondo il consulente
tecnico la mancanza, nella grata prodotta da Bianco, dell’incavo, invece presente in
quelle brevettato, era altro elemento di differenziazione delle due caditoie, di talché
non esisteva alcuna ipotesi di contraffazione. Inspiegabilmente, le conclusioni del
c.t.u., sposate dal ctp della difesa ing. Maroscia, erano state disattese dalla Corte
d’appello con argomentazioni prive di ogni pregio tecnico scientifico e senza l’ausilio

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strutturale e funzionale con quanto già conosciuto in idraulica, dotato di una novità

di una perizia d’ufficio, pure richiesta dalla difesa nei motivi di appello. La prova
scientifica doveva essere acquisita nel contraddittorio tra gli esperti al di fuori di
ogni aprioristico convincimento del giudice. Nel contrasto insanabile tra il
consulente dell’accusa e della difesa, la Corte territoriale avrebbe dovuto disporre
una perizia che sarebbe valsa ad offrire al giudicante elementi sicuri di affidamento
sui quali fondare una pronuncia di colpevolezza oltre il limite del ragionevole
dubbio. Vi era, inoltre, difetto di motivazione in ordine alla pretesa condotta di

gli anni successivi al 2001, oggetto di specifica contestazione fino al 2004, l’analisi
di contraffazione non risultava ancorata ad alcun elemento e risultava effettuata
solo in riferimento alle fatture di acquisto. Al riguardo, la difesa aveva eccepito
l’impossibilità di desumere la contraffazione unicamente dalle anzidette fatture, ma
l’eccezione era rimasta priva di motivazione.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett.

c) ed e) in

relazione alla violazione dell’art. 238 bis del codice di rito e difetto di motivazione o
motivazione manifestamente illogica e contraddittoria. Si osserva, al riguardo, che
in base alla richiamata norma processuale, il giudice era tenuto a valutare la
sentenza irrevocabile acquisita alla stregua delle risultanze processuali, unitamente
ad altri elementi di prova che ne confermino l’attendibilità, per via della richiamo
agli artt. 187 e 192, comma 3, cod.proc.pen. Tali elementi, desumibili dalla ctp
dell’ing. Maroscia, erano stati trascurati dal giudice di appello, che era pervenuto a
conclusioni diametralmente opposte, in modo arbitrario e senza alcun supporto di
tipo scientifico.
Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per
mancanza, omissione di motivazione sull’elemento soggettivo della fattispecie di
reato ex art. 473 cod. pen., con riferimento ai capi A) e B). Anche in riferimento al
profilo psicologico delle ipotesi di reato in contestazione la motivazione era del tutto
insussistente.
Con il quarto motivo si deduce violazione del’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. in
relazione alla violazione di legge ex art. 473 comma 2, cod. pen. riguardo al capo
A) ed omessa motivazione in relazione al quarto motivo d’appello. Si osserva, al
riguardo, che il giudice di appello, in ordine alla configurazione del delitto anzidetto,
aveva aderito ad orientamento giurisprudenziale rigoroso in malam partem e contra
reum in pregiudizio dell’imputato. Invece, secondo la tesi sostenuta dalla difesa, in
linea con altra interpretazione giurisprudenziale di legittimità e di merito, il reato di
cui all’art. 473 cod.pen. era configurabile soltanto in caso di contraffazione del
brevetto quale documento. Ed invero, a differenza del reato di cui all’art. 88 R.D. n.
1127/1939, volto a tutelare solo ed esclusivamente lo specifico interesse
patrimoniale del titolare di un brevetto per invenzione, l’illecito previsto dal comma
2 dell’art. 473 cod. pen., era finalizzato a proteggere un altro bene giuridico, ossia
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contraffazione estesa agli anni successivi al 2001 fino al 2004. Per quanto concerne

la fede pubblica. Il giudice di appello aveva, invece, ritenuto che quella
interpretazione fosse superata dalla recente pronuncia di questa Corte di legittimità
(Sez. 2, 17.3.2009, n. 23512) secondo cui il reato di cui all’art. 473 comma 2 cod.
pen. é configurabile non solo in presenza della contraffazione del documento
cartaceo, ma anche in presenza della contraffazione del prodotto tutelato dal
documento cartaceo.
Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett. b) in relazione al
capo B) perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato. Ed invero, l’uso

introdotto in commercio con marchio e segni distintivi diversi da quelli del prodotto
contraffatto, non integra gli estremi del reato di cui all’art. 473 cod. pen., ma quello
dell’art. 88 R.D. successivamente depenalizzato ad opera dell’art. 20 legge n. 70 del
1989, il quale sanziona la condotta di colui che, ancorché non responsabile della
falsificazione di marchi e brevetti, si attivi in vario modo per commerciare prodotti
in violazione dei diritti di esclusiva. Tale ipotesi delittuosa è stata successivamente
reintrodotto dall’articolo 127 d.lgs n. 30 del 2000 e cinque (così Cass. Sez. 5, 19
marzo 2007, n. 11556). Il contrario orientamento dei giudici d’appello era
censurabile anche nell’ottica del favor rei.
Con il sesto motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett. b) e c) cod. proc.
pen. in relazione agli artt. 124 cod. pen. e 529 cod. proc. pen., con riguardo al
sesto motivo di appello. Si lamenta, in proposito, che il giudice di appello aveva
disatteso l’eccezione di intempestività della querela assumendo che la stessa fosse
generica e priva di adeguate indicazioni temporali. Così facendo aveva posto a
carico della difesa l’onere di provare la tempestiva proposizione della querela,
effettuando una sostanziale inversione dell’onere probatorio. In realtà, l’unica
querela in atti era quella del 15 maggio 2002, per cui non era comprensibile
giuridicamente corretto ritenere esistente la procedibilità per i fatti antecedenti al
15 febbraio 2002, in assenza di specifiche querela. Il fatto ritenuto in sentenza di
avere il Fiorilla contestato al Bianco le presunte reiterate condotta di contraffazione
rafforzava ulteriormente il ragionamento della difesa, in ordine alla mancanza di
specifica querela, posto che allorquando il Fiorilla aveva ritenuto di dover procedere
penalmente aveva sporto querela.

2. Il primo motivo è palesemente infondato, in entrambi i profili di censura in

cui si articola. Ed invero, quanto all’eccezione di nullità del brevetto del Fiorilla, il
giudice di appello ha correttamente rilevato come la relativa questione fosse stata
già decisa in sede civile, con sentenza passata in corso giudicato, senza che
l’imputato avesse fornito nel giudizio penale elementi cognitivi nuovi, tali da poter
condurre – in ragione del principio di autonomia delle giurisdizioni civile e penale ad una diversa, seppur incidentale, valutazione al riguardo.
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illegittimo del brevetto ovvero la riproduzione materiale di un prodotto industriale

E quanto alla doglianza relativa alla mancata considerazione delle risultanze
della consulenza di parte, il giudice territoriale ha ampiamente spiegato le ragioni
per cui le stesse non avrebbero potuto trovare accoglimento, rilevando – con
argomentato apprezzamento di merito, come tale insindacabile in questa sede come la posizione delle asole nella griglia era elemento marginale e non già
decisivo, in senso funzionale, dell’invenzione in oggetto, tale essendo, invece, la
realizzazione del doppio scomparto. Adeguatamente motivata è anche la ragione del
diniego della perizia reclamata dalla ricorrente, avendo il giudice di appello

decisione. A quest’ultimo riguardo, è appena il caso di richiamare indiscusso
insegnamento di questa Corte regolatrice, secondo cui la perizia è mezzo di prova
neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del
giudice, sicché non può, per definizione, avere carattere di decisività (cfr. Cass. sez.
4, 221.2007, n. 14130, rv.236191).
Palesemente infondata è anche la seconda censura, riguardante una pretesa
violazione dell’art. 238 bis del codice di rito e difetto di motivazione o motivazione
manifestamente illogica e contraddittoria, con riguardo all’apprezzamento delle
sentenze irrevocabili acquisite in processo, che, a dire del ricorrente, avrebbe
dovuto aver luogo alla stregua delle risultanze processuali, unitamente ad altri
elementi di prova che ne confermassdro l’attendibilità, per via della richiamo agli
artt. 187 e 192, comma 3, cod.proc.pen. Di tanto, però, lo stesso ricorrente non ha
ragione di dolersi, in quanto la Corte territoriale ha correttamente valutato le
acquisizioni documentali alla stregua di tutte le evidenze processuali, convincendosi
dell’impossibilità di disattendere le univoche conclusioni cui, irrevocabilmente, era
giunto il giudice civile, in mancanza, per quanto si è detto, di elementi nuovi
rispetto al panorama conoscitivo delibato da quel giudice.
La terza censura, riguardante l’omessa motivazione sulla componente
psicologica del reato oggetto di contestazione, è palesemente infondata, posto che il
giudice di merito ha dato ampio ed esaustivo conto delle ragioni per le quali il reato
di cui all’art. 473 cod. pen., avrebbe dovuto ritenersi integro in tutti i suoi elementi
costitutivi.
Manifestamente infondata è anche la quarta censura, riguardante la pretesa
insussistenza dello stesso reato, la cui configurabilità, a dire del ricorrente, avrebbe
dovuto essere limitata soltanto ai casi di contraffazione del documento riguardante
il brevetto e non anche il prodotto in sé considerato. Ed identico é l’epilogo
decisionale con riferimento al quinto motivo -congiuntamente esaminati i due
motivi – posto che, correttamente e con motivazione immune da vizi od
incongruenze di sorta, nella fattispecie oggetto di giudizio sono stati ravvisati i
presupposti costitutivi del reato di contraffazione di brevetto di cui all’art. 473
comma 2, cod. peti. Una siffatta valutazione è, del resto, in linea con indiscusso
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motivatamente ritenuto non necessario il reclamato espletamento ai fini della

insegnamento di questa Corte regolatrice secondo cui integra reato di cui all’art.
473 cod. pen. la contraffazione o l’alterazione di segni distintivi di opere
dell’ingegno o di prodotti industriali che siano tali da ingenerare confusione nei
consumatori e da nuocere al generale affidamento, mentre ricorre il reato previsto
dall’art. 127, comma primo, d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 nel caso in cui l’abusiva
utilizzazione di un prodotto leda solo lo specifico interesse patrimoniale di chi lo ha
brevettato, in quanto il bene protetto dal primo reato è la fede pubblica e quello
tutelato dal secondo è il patrimonio e, dunque, una sfera di interessi esclusivamente

n. 37553 del 15/07/2008, Rv. 241642).
Palesemente infondato, infine, è anche il sesto motivo, con riferimento alla
pretesa intempestività della querela, considerato che, correttamente, la Corte di
merito ha rigettato la relativa eccezione sulla base del rilievo – espressione di
precipuo apprezzamento di merito – della genericità dell’eccezione, priva di
qualsivoglia utile riferimento fattuale.

3. Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere
dichiarato inammissibile, con le conseguenziali statuizioni espresse in dispositivo
compreso anche l’obbligo di parte ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel
grado dalla parte civile, che appare congruo ed equo determinare come da
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende nonché alla rifusione delle spese di parte civile liquidate in
complessivi C 1.800,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso il 12/11/2013

privati, come è comprovato dalla procedibilità a querela di parte (Sez. 5, Sentenza

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