Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28189 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28189 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FARAO GIUSEPPE N. IL 23/02/1947
avverso l’ordinanza n. 98/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 03/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consi gliere Dott. EUGENIA SERRAO;
letteimittiBle conclusioni del PG Dott.
Massimo Galli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

in n r: n =TOMOi

Data Udienza: 29/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. In data 6/05/2013 la Corte di Appello di Catanzaro ha rigettato la
domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da Farao Giuseppe in
relazione alla privazione della libertà sofferta dal 24 maggio 2007 al 1 giugno
2010, nell’ambito di un procedimento penale conclusosi con sentenza assolutoria
del Tribunale di Crotone irrevocabile il 21 dicembre 2010.

comma 4, cod. proc. pen. in quanto l’istante era sottoposto a restrizione
carceraria per altri titoli, secondo quanto emergente dal provvedimento di
esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura Generale della Repubblica
di Catanzaro il 20/06/2012 e dallo stato di esecuzione relativo alla condanna di
cui alla sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 5/10/2010.

3. Ricorre per cassazione Farao Giuseppe, con atto sottoscritto dai difensori,
censurando l’ordinanza impugnata per violazione di legge nonché per
motivazione illogica e apodittica, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe
ignorato la pronuncia a Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, in base
alla quale l’avvenuto risarcimento a seguito di domanda di riparazione per
ingiusta detenzione non preclude all’interessato di chiedere lo scomputo del
periodo a titolo di fungibilità. Da tale principio, si assume, deriva che, qualora il
cosiddetto presofferto sia stato computato a titolo di fungibilità, deve essere
riconosciuto il diritto alla riparazione.

4. Il Procuratore Generale, in persona del dott. Massimo Galli, nella sua
requisitoria scritta ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

5. Con memoria depositata il 19 maggio 2014 il Ministero dell’Economia e
delle Finanze ha condiviso le conclusioni del Procuratore Generale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. L’ordinanza impugnata è stata pronunciata nel pieno rispetto di quanto
stabilisce l’art. 314, comma 4, cod.proc.pen. In forza di tale disposizione, infatti,
il diritto alla riparazione è escluso “per quella parte della custodia cautelare che
sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il
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2. La Corte territoriale ha ritenuto che il caso fosse disciplinato dall’art. 314,

periodo in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia siano state
sofferte anche in forza di altro titolo”. Giova sottolineare che in tal senso si è già
espressa, da tempo, questa stessa Quarta Sezione, in relazione a fattispecie in
cui il diritto alla riparazione è stato escluso in quanto il periodo di ingiusta
custodia cautelare era stato computato ai fini della determinazione della misura
di una pena definitiva in corso di espiazione con il regime di affidamento in
prova: “In tema di riparazione per ingiusta detenzione, anche l’affidamento in
prova, quale misura alternativa alla detenzione, è equiparabile ad altre modalità

dell’art. 314, comma 4, cod.proc.pen. poiché la norma, nell’escludere tale diritto
nei casi in cui le limitazioni conseguenti all’applicazione della custodia cautelare
siano state sofferte anche in virtù di altro titolo, fa riferimento solo al “titolo”
senza distinguere, in tema di esecuzione, tra l’una o l’altra forma di espiazione,
affermando una piena compensazione della ingiusta detenzione subita nella parte
in cui essa si sovrapponga temporalmente con quella espiata in virtù di altro
legittimo provvedimento definitivo”.
2.1. Tale principio interpretativo si fonda sulla considerazione che il
fondamento dell’istituto in esame è costituito dalla privazione della libertà
personale, ritenuta a posteriori senza titolo, conseguentemente venendo meno il
principale presupposto per il diritto all’equa riparazione qualora al titolo
successivamente ritenuto ingiusto si sovrapponga un diverso titolo che abbia
legittimato la privazione della libertà personale (Sez.4, n.1768 del 10/12/2013,
dep.16/01/2014, Vandi, n.m.; Sez. 4, n.10862 del 26/01/2010, Savio,
Rv.246392; Sez.4, n.24355 del 13/12/2002-5/06/2003, Vetturini, Rv.225533).
2.2. Il principio interpretativo secondo il quale non vi sarebbe incompatibilità
tra riparazione per ingiusta detenzione e cosiddetto beneficio della fungibilità, dal
quale il ricorrente pretenderebbe di desumere la sussistenza del diritto alla
riparazione per ingiusta detenzione qualora la detenzione sofferta sia stata
computata a titolo di fungibilità, si fonda su una lettura della pronuncia di questa
Corte a Sezioni Unite (Sez. U, n. 31416 del 10/07/2008, P.G. in proc. Cascio, Rv.
240113) non condivisibile. Il principio enunciato è, infatti, il seguente: ” Ai fini
della determinazione della pena da eseguire vanno computati anche i periodi di
custodia cautelare relativi ad altri fatti, per i quali il condannato abbia già
ottenuto il riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione,
stante la inderogabilità della disciplina dettata dall’anzidetta disposizione
normativa e dovendosi escludere l’esistenza di una facoltà di scelta, da parte
dell’interessato (pur quando ne sussisterebbe la possibilità, attesa la già
intervenuta esecutività della sentenza di condanna all’atto della richiesta di ,.,
riparazione), tra il ristoro pecuniario di cui all’art. 314 cod. proc. pen. e lo
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di espiazione della pena per le quali è escluso il diritto alla riparazione a norma

scomputo dalla pena da espiare della custodia cautelare ingiustamente sofferta,
fermo restando che, al fine di evitare che l’interessato consegua una indebita
locupletazione, il giudice investito della richiesta di riparazione può sospendere il
relativo procedimento, ove gli risulti l’esistenza di una condanna non ancora
definitiva a pena dalla quale possa essere scomputato il periodo di custodia
cautelare cui la detta richiesta si riferisce, e che, ove la somma liquidata a titolo
di riparazione sia stata già corrisposta, lo Stato può agire per il suo recupero
esperendo l’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041 cod. civ.”,

dalla computabilità del periodo di custodia cautelare ingiustamente sofferta ai fini
della determinazione della pena complessiva da espiare non possa desumersi
alcuna deroga alla regola dettata dall’art.314, comma 4, cod.proc.pen., secondo
la quale il diritto all’equa riparazione è escluso, non solo per quella parte della
custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della pena da
espiare ma anche, qualora la restrizione della libertà personale sia stata patita,
come nel caso in esame, anche ad altro titolo.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue, per legge, la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a
colpa, del ricorrente: Corte Costituzionale n.186 del 7-13 giugno 2000) al
versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che si ritiene
equo e congruo determinare in euro 1.000,00 (mille), mentre la scarsa
pregnanza delle argomentazioni svolte dal Ministero induce a compensare
interamente tra le parti private le spese processuali.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed a quello della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende. Compensa le spese tra le parti.
Così deciso il 29/05/2014

potendosi agevolmente evincere dallo stesso tenore letterale del principio come

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