Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28185 del 29/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 28185 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CURCI RAFFAELLA N. IL 07/03/1961
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 3/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
09/05/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Reiptc( pko,i-e?

U4it-4-ElifelTRO~,

Data Udienza: 29/05/2014

(a

i

Ritenuto in fatto

La Corte di Appello di
Bari, con ordinanza resa
all’udienza camerale del giorno 9.05.2013 rigettava
l’istanza di riparazione
presentata nell’interesse
di Curci Raffaella per ingiusta detenzione in regime
di custodia in carcere dall’8/03/00 per 30 giorni in
virtù dell’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Bari
perché
sospettata
dell’omicidio volontario
del
proprio coniuge in concorso con altra persona,
delitto da cui era stata assolta con la formula “per
non aver commesso il fatto” con sentenza del
22.02.2007 emessa dalla Corte di Assise appello di
Bari (che aveva riformato la precedente sentenza di
condanna emessa dalla Corte di Assise di Bari in data
10.03.2004), divenuta irrevocabile il 9.07.2007.
Curci Raffaella,a mezzo del suo difensore, proponeva
quindi ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
della Corte di appello di Bari e concludeva
chiedendone l’annullamento.
La ricorrente censurava l’ordinanza impugnata per
violazione ed erronea applicazione degli articoli 314
e 315 cod.proc.pen. e per manifesta illogicità della
motivazione ex art. 606 comma 1 lett. e)
cod.proc.pen., in particolare nella parte in cui la
Corte di appello rimproverava in termini di colpa
grave condotte insuscettibili di essere riguardate
alla stregua di macroscopica negligenza e
trascuratezza. Secondo la ricorrente la Corte
territoriale avrebbe ritenuto elemento utile alla
verifica della colpa grave la modifica in
dibattimento della versione originariamente resa in
ordine alla esistenza di una relazione sentimentale
con il coimputato e l’avere telefonato allo stesso in
concomitanza con l’omicidio avvenuto tramite
investimento automobilistico.
tali elementi non
secondo la difesa,
Invece,
concretizzerebbero la colpa grave, impeditiva del
riconoscimento del diritto all’equa riparazione.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze a mezzo
dell’Avvocatura Generale dello Stato presentava
tempestiva memoria e concludeva chiedendo di voler
dichiarare inammissibile il proposto ricorso ovvero
di rigettarlo.
La difesa della ricorrente presentava memorie di cui
una contenente motivi aggiunti in cui ribadiva le già
esposte conclusioni.

Considerato in diritto

P1

Il ricorso è infondato.
Osserva la Corte che il diritto a equa riparazione
per l’ingiusta detenzione, regolato dagli artt. 314
e ss. c.p.p., trova fondamento nella condizione
soggettiva della persona sottoposta a detenzione
immeritata e in tal senso ingiusta. Il quadro
sistematico di riferimento è un quadro di diritto
civile ma non è quello dell’art. 2043 c.c. che
appresta sanzioni contro chi produce per dolo o colpa
un danno ingiusto ad altri. Il principio regolatore è
piuttosto quello della riparazione legata ad eventi
che producono il sorgere, quali conseguenze di
principi di solidarietà e di giustizia distributiva,
di responsabilità da atto lecito ( la distinzione
tra responsabilità per danno ingiusto ex art. 2043
c.c. e responsabilità per atto lecito è ben chiarita
da Cass. SS.UU. civ. 11/6/2003 n. 9341). E’ ben
fermo, in materia, l’assetto delle regole
generalissime che disciplinano l’onere della prova
civile ex art. 2697 c.c. posto che il procedimento
relativo alla riparazione per l’ingiusta detenzione,
quantunque si riferisca ad un rapporto
obbligatorio
di diritto pubblico
e
comporti
il rafforzamento dei poteri officiosi del
perciò
e’
tuttavia ispirato ai principi del
giudice,
processo civile, con la conseguenza che l’istante
della
ha l’onere di provare i fatti costitutivi
domanda, la custodia cautelare subita e la
successiva assoluzione ( Corte Cass. Sez. 4 sent. n.
23630 02/04/2004 – 20/05/2004 ). Peraltro il
sorgere del diritto è condizionato alla esistenza di
una condotta del richiedente che al tempo del
processo in nulla abbia dato causa o concorso a dare
causa a quella ingiusta detenzione. L’operazione
intesa a cogliere tali condizioni deve scandagliare
solo l’eventuale efficienza causale delle condotte
dell’imputato che possano aver indotto, anche nel
concorso dell’altrui errore, secondo una valutazione
il giudice a
ragionevole e non congetturale
(Cass. SSUU
stabilire la misura della detenzione
13/12/95 n. 43, Sez IV 10/3/2000 n. 1705).
Il giudice,pertanto, deve fondare la sua decisione su
fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni,
esaminando la condotta del richiedente, sia prima e
sia dopo la perdita della libertà personale,
indipendentemente dall’eventuale conoscenza che
quest’ultimo abbia avuto dell’attività di indagine,
al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se
tale condotta integri estremi di reato, ma solo se
sia stato il presupposto che ha ingenerato, ancorchè
in presenza di errore dell’autorità procedente, la

m

falsa apparenza della sua configurazione come
illecito penale, dando luogo alla detenzione con
rapporto di causa ad effetto (cfr. Cass. Sezioni
Unite, Sent. n.34559/2002; Cass., Sez.4, Sent.
n.17552 del 2009)
Tanto premesso si osserva che la Corte di Appello di
Bari, con motivazione adeguata, ha enucleato,con
congrua verifica degli accertati elementi di
riferimento, la condotta della richiedente ostativa
all’accoglimento dell’istanza di equa riparazione. In
primo luogo ha posto in rilievo che la stessa era
pienamente al corrente del proposito criminoso
dell’esecutore del delitto e delle modalità con cui
l’omicidio sarebbe stato commesso (a mezzo
investimento
automobilistico),
ha
fornito
al
coimputato informazioni necessarie per la
consumazione del delitto in ordine agli spostamenti
del marito e ha telefonato ripetutamente
all’esecutore in concomitanza con la commissione
dell’omicidio.
Tanto
si
osserva
che
secondo
la
premesso
giurisprudenza di legittimità (cfr, Cass., sent.
n.2659/2009) la connivenza può integrare la colpa
grave che, ex art.314, comma l, c.p.p., costituisce
causa ostativa al sorgere del diritto all’equa
riparazione per ingiusta detenzione nei seguenti casi:
a) nell’ipotesi in cui l’atteggiamento di connivenza
sia indice del venir meno di elementari doveri di
solidarietà sociale per impedire il verificarsi di
gravi danni alle persone e alle cose (cfr. Cass.,
Sent. n.8993/03, Rv.223688); b) nel caso in cui si
concreti non già in un mero comportamento passivo
dell’agente riguardo alla consumazione di un reato, ma
nel tollerare che tale reato sia consumato, sempreché
l’agente sia in grado di impedire la consumazione o la
prosecuzione dell’attività criminosa in ragione della
sua posizione di garanzia (cfr. Cass., Sent.
n.16369/03, Rv.224773); c)nell’ipotesi in cui la
connivenza passiva risulti avere oggettivamente
rafforzato la volontà criminosa dell’agente, sebbene
il connivente non intenda perseguire questo effetto.
In particolare, in tale ipotesi è necessaria la prova
positiva che il connivente fosse a conoscenza
dell’attività criminosa dell’agente medesimo (cfr.
Cass., Sent. n.42039/06, Rv.235397).
Tanto premesso si osserva che nella fattispecie che ci
occupa l’ordinanza impugnata è del tutto in linea con
i principi di diritto formulati da questa Corte,
avendo evidenziato una complessiva situazione
riconducibile al comportamento dell’imputata, tale da
legittimare il sospetto che la stessa avesse
contribuito a rafforzare il proposito criminoso del

m

PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonchè a
rimborsare al Ministero dell’Economia e delle Finanze
le spese sostenute per questo giudizio che liquida in
complessivi euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 29.05.2014

coimputato, con il quale intratteneva una relazione
sentimentale.
Questo essendo
il quadro accusatorio, il motivo
proposto dall’odierno ricorrente non può essere
accolto.
Il provvedimento
impugnato,
che
definisce
il
procedimento
per
la
riparazione
dell’ingiusta
detenzione, supera quindi il vaglio di questa Corte
che è limitato alla correttezza del procedimento
logico giuridico con cui il Giudice è pervenuto ad
accertare o negare i presupposti per l’ottenimento
del beneficio indicato. Resta invece nelle esclusive
attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a
motivare
adeguatamente
logicamente
il
e
suo
convincimento, la valutazione sull’esistenza e la
gravità della colpa e sull’esistenza del dolo.
Il
legislatore
non
ha
infatti
riconosciuto
incondizionatamente il diritto all’equa riparazione,
ma l’ha esplicitamente escluso allorquando il
comportamento dell’indagato,
come appunto nella
fattispecie de qua, abbia indotto in errore il
giudice circa l’esistenza dei gravi indizi di
colpevolezza a suo carico.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e la
ricorrente deve essere condannata al pagamento delle
spese processuali e alla rifusione delle spese di
questo giudizio in favore del Ministero resistente
che liquida in complessivi euro 1.000,00.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA