Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28181 del 07/06/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28181 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA MARCO N. IL 21/11/1973
avverso la sentenza n. 955/2015 CORTE APPELLO di MILANO, del
08/05/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 07/06/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado,
BEVILACQUA MARCO è stato condannato alla pena di otto mesi di reclusione per
frode informatica e accesso abusivo a sistemi informatici;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso personalmente l’imputato,
deducendo violazione di legge processuale, essendo l’imputato del tutto
all’oscuro dell’accesso a sistemi informatici compiuto da altri, che avrebbe
richiesto le competenze di un hacker che egli non aveva, nonché delle operazioni

egli si ritrovò per caso accreditata sulla sua carta postepay la somma di € 390,
sicché al limite poteva essere considerato responsabile del reato di
appropriazione indebita per non aver informato le poste; si censura inoltre il
mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’articolo 62, n. 4, cod. pen., in
considerazione delle condizioni economiche dell’imputato, ammesso al patrocinio
a spese dello Stato;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile poiché il ricorrente si limita a
riproporre in maniera del tutto aspecifica le argomentazioni (peraltro quasi per
tutte in punto di fatto) proposte in sede di appello;
– che tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di
inammissibilità, della specificità dei motivi: il ricorrente ha non soltanto l’onere di
dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma
anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze. Nel
caso di specie il ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti
dall’art. 581, comma 1, lett. c) c.p.p. in quanto non indica gli elementi che sono
alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione
di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
– che con riferimento alla riqualificazione del fatto di sensi dell’articolo 646 cod.
pen. la decisione impugnata evidenzia che l’imputato non ha mai avuto il
possesso legittimo della somma, accreditata sulla sua carta in base ad un
artificio informatico, per cui è corretta la qualificazione del giudice di primo
grado, in coerenza con il costante orientamento di questa Corte secondo il quale
sussiste il delitto di truffa e non quello di appropriazione indebita quando
l’artificio e il raggiro risultino necessari alla appropriazione (Sez. 2, n. 35798 del
18/06/2013, Actis, Rv. 257340);
– che con riferimento all’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. la Corte
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di phishing compiute in danno di Vaccaro Francesco Paolo, poiché in definitiva

territoriale ha fatto corretto uso del principio giurisprudenziale, per il quale il
danno di speciale tenuità implica un danno patrimoniale subito dalla parte offesa
come conseguenza diretta e immediata del reato di valore economico pressoché
irrilevante (Sez. 2, n. 15576 del 20/12/2012 – dep. 04/04/2013, Mbaye, Rv.
255791), da escludersi nel caso di specie in considerazione della consistenza
della somma di € 390;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016
Il consigr re estensore

Il presidente

pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro 2000;

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