Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2818 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2818 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOSCO GIOVANNI N. IL 26/03/1970
avverso la sentenza n. 4085/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 22/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. dt,4 ,4,/ /44044
che ha concluso per i datualitmAutVo A’Am2M 444.4d4
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MMA 114 VA” . ft° (£44)(< 244414/41Sik fiti 4 C3 ";a 4 1 .,;(444mmiAj iitte 40,1 kbir0 KAAVi . CO 44«.0tio. 4 14114.1.,;444144 kli« Mi« Udito, per la parte civile, l'Avv lajOéta ,Z■VA UditoiLdifensorkAvv. Vji 54110~1 Data Udienza: 12/11/2013 RITENUTO IN FATTO 1. Con l'impugnata sentenza, la Corte di Appello di Palermo il 22 maggio 2013, ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani del 14 febbraio 2012 che aveva condannato Bosco Giovanni per i reati di lesioni personali, porto di strumenti atti ad offendere, percosse e minacce aggravate in danno di Tranchida 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, denunciando: a) una illogicità della motivazione, con particolare riferimento all'affermazione della penale responsabilità basata sulle dichiarazioni della parte offesa; b) una violazione di legge, per l'omessa declaratoria da parte della Corte di Appello della prescrizione del reato di lesioni personali di cui al capo C) dell'imputazione, commesso il 4 novembre 2005 con prescrizione maturata il 4 maggio 2013; c) l'erronea condanna in via equitativa al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile. 3. Risulta, infine, depositata in udienza memoria difensiva nell'interesse della parte civile. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto manifestamente infondati i relativi motivi. 2. Il primo motivo si sostanzia in una indebita rivisitazione delle risultanze probatorie sulla pretesa inaffidabilità delle dichiarazioni della parte offesa, perchè non è possibile più svolgere tale attività avanti questa Corte di legittimità; trattasi inoltre di doglianza che, per un verso, passa del tutto sotto silenzio la pur esistente motivazione offerta sul punto dal Giudice del merito che ha riscontrato le suddette dichiarazioni con quelle del teste Maltese e, per altro verso, non vale a scalfire la granitica giurisprudenza di questa Corte in tema. Il giudicante ha correttamente applicato la costante giurisprudenza di legittimità sul punto secondo la quale le regole, dettate dall'articolo 192, comma 1 Francesca. terzo cod.proc.pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni 3. Ancora più infondato è il secondo motivo in quanto all'atto della decisione di appello, 22 maggio 2013, il termine prescrizionale del reato di lesioni personali di cui al capo C) della rubrica commesso il 4 novembre 2005 non era ancora spirato dovendosi aggiungere all'ordinario termine di anni sette e mesi sei, ex articoli 157 e 161 cod.pen., giorni settanta di sospensione per il rinvio dell'udienza del 15 novembre 2011 al 24 gennaio 2012 per adesione della difesa all'astensione di categoria. Il risultante termine del 13 luglio 2013 (4 novembre 2005-4 maggio 2013 oltre giorni settanta) non era quindi scaduto alla data di emanazione della sentenza di secondo grado. 4. Quanto alle censure mosse dall'imputato alla liquidazione del danno, corre l'obbligo di richiamare l'attenzione sul fatto che la statuizione assunta ha preso in osservazione il danno morale subito dalla parte civile in conseguenza della accertata lesione della dignità umana e della sfera emotiva ed esistenziale. Il criterio di quantificazione che, in tema, si rende applicabile in sede penale, non diversamente da quanto avviene in sede civile, è inevitabilmente costituito dalla valutazione equitativa (v. Cass. Sez. Terza Civile 16 giugno 2003 n. 9626 e Cass. Sez. V 30 settembre 2010 n. 43053), nell'attendere alla quale il Giudice è chiamato a tener conto della gravità del reato e dell'entità delle sofferenze patite dal soggetto passivo del reato, nonché delle condizioni sociali di quest'ultimo in relazione alla collocazione professionale e, più in generale, al suo inserimento nel contesto sociale (v. Cass. Sez. Terza Civile 2 luglio 1997 n. 5944). Con ciò si rende assai chiaro che, nella materia specifica di cui si tratta, la valutazione del cd. danno-conseguenza non può andare disgiunta da un'attenta considerazione del fatto illecito (il cd. danno-evento), esaminato in ogni sua componente oggettiva e soggettiva (v. Cass. Sez. V 28 ottobre 2011 n. 6481). È, poi, di tutta evidenza che la quantificazione del danno scaturita dalla valutazione così espressa in via equitativa non può essere sindacata in sede di legittimità, appartenendo per sua natura all'ambito del giudizio di merito. 2 di qualsiasi testimone (v. da ultimo, Cass. Sez. Un. 19 luglio 2012 n. 41461). 5. La ritenuta inammissibilità del ricorso comporta, innanzitutto, l'impossibilità di prendere in considerazione eventualesituazion(d4 verificakii r7 Kési"prescrizione successivamente alla sentenza impugnata; comporta, altresì, le conseguenze di cui all'articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l'applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro Alla parte civile andranno, infine, rimborsate le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo. P. T. M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende nonché alla rifusione di quelle sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi euro 1.500,00 oltre accessori secondo legge. Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013. mille.

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