Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28179 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28179 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
nei confronti di:
SANAGA MEHEMET N. IL 23/09/1966
avverso l’ordinanza n. 19/2012 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 22/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
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lettozs€utite. le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 29/05/2014

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2.

Ritenuto in fatto

La Corte di Appello di Reggio Calabria, con ordinanza resa
all’udienza camerale del giorno 22.02.2013 accoglieva
l’istanza di riparazione presentata da Sanaga Mehemet per
ingiusta detenzione in regime di custodia in carcere sofferta
dal 24.04.2007 al 6/05/10 perché sospettato del delitto di
cui agli articoli 110 c.p., 12, comma 3,3 bis lett.a),c bis
D.lgs. 286/1998 per avere compiuto atti diretti a procurare
l’ingresso in Italia di numero 63 cittadini extracomunitari,
in violazione delle norme previste dal citato decreto, e
condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al
pagamento in favore del Sanaga della somma di euro
261.288,56, nonché alla rifusione delle spese in favore del
Ministero dell’Economia e delle Finanze liquidate come in
dispositivo.
Avverso la sopra indicata ordinanza proponeva ricorso per
cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e
concludeva chiedendo di volerla annullare.
Il Ministero ricorrente censurava l’ordinanza impugnata per
violazione di legge e difetto di motivazione con
riferimento alla ritenuta non rilevanza delle ragioni
ostative all’accoglimento della domanda di riparazione.
Lamentava sul punto il Ministero ricorrente che la Corte
territoriale, nel provvedimento oggetto di ricorso, aveva
preso atto dell’ingiustizia della detenzione patita dal
richiedente e aveva accolto la domanda rilevando che, in
considerazione dell’accertato difetto di giurisdizione
dell’autorità giudiziaria italiana, “non sussisteva ab
origine l’Autorità dello Stato per privare della libertà
personale l’allora indagato” e perciò “non si può procedere
alla valutazione di condotte colpose o dolose, continuando
a permanere quel medesimo presupposto impeditivo: il
difetto di giurisdizione”.
Il Ministero ricorrente si doleva quindi del fatto che la
decisione gravata sembrava escludere che in caso di
accertato difetto di giurisdizione il giudice della
riparazione potesse procedere alla ricognizione della
sussistenza o meno della condotta ostativa ex art.314 c.1
c.p p
Secondo il Ministero ricorrente invece la fattispecie in
esame (difetto di giurisdizione) sarebbe riconducibile
nell’ambito dell’art.314, 2 comma, c.p.p. e quindi il
giudice della riparazione avrebbe dovuto esaminare la
sussistenza delle dedotte cause ostative all’accoglimento
della domanda.
Il Ministero ricorrente deduceva altresì violazione di
legge e difetto di motivazione con riferimento alla mancata
riduzione dell’indennizzo in proporzione della gravità
della colpa addebitabile a Sanaga Mehemet nella causazione
della custodia cautelare da lui subita, in quanto la Corte
territoriale, ove non avesse ravvisato gli estremi per

ri

rigettare
la domanda,
avrebbe
dovuto valutare
la
sussistenza e la gravità della colpa del richiedente e
ridurre proporzionalmente l’entità dell’indennizzo. In
particolare, nella determinazione dello stesso, la Corte di
appello avrebbe dovuto considerare il comportamento del
prevenuto evidenziato nella memoria difensiva depositata
dall’Avvocatura Generale dello Stato e cioè che egli venne
fermato nella zona contigua alle acque territoriali
italiane mentre trasportava su di un gommone alla volta
della costa italiana n.63 cittadini extracomunitari allo
scopo di introdurli clandestinamente nel territorio dello
Stato.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.
Il richiedente ha subito la restrizione ingiusta in
relazione al delitto di concorso nel compimento di atti
diretti a procurare l’ingresso in Italia di 63 cittadini
extracomunitari in violazione della normativa di cui al
d.lgs 286/1998. In particolare nei confronti del predetto,
condannato in primo e secondo grado, è stato sancito, in
sede di giudizio di legittimità, il difetto di
giurisdizione dello Stato italiano a giudicarlo, con
conseguente annullamento della sentenza di condanna dei
giudici di merito.
La Corte di appello di Reggio Calabria, quale giudice della
riparazione, ha preso atto della ingiustizia della
detenzione patita dal richiedente e ha accolto la domanda
rilevando che, in considerazione del rilevato difetto di
giurisdizione, “non sussisteva ab origine l’Autorità dello
Stato per privare della libertà personale l’allora
indagato” e perciò “non si può procedere alla valutazione
di condotte colpose o dolose, continuando a permanere quel
medesimo presupposto impeditivo: il difetto di
giurisdizione.”.
Secondo la decisione impugnata quindi al difetto di
giurisdizione consegue una restrizione ingiusta, la cui
qualificata incidenza esclude in radice l’operatività del
disposto di cui ai commi 1 e 2 dell’art.314 c.p.p., alla
cui stregua l’ingiustizia della decisione è condizione
necessaria ma non sufficiente per conseguire in concreto il
diritto alla riparazione in quanto può venire esclusa ove
ricorra, quale condotta ostativa, il concorso del dolo e/o
della colpa grave del richiedente nell’emanazione o nel
mantenimento del provvedimento restrittivo ingiusto.
A sostegno di tale decisione la Corte di appello di Reggio
ha citato la sentenza della quarta sezione di
Calabria
questa Corte n.1426 dell’1.12.92 secondo cui “la Corte di
appello, in caso di provvedimento emesso ed eseguito da

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giudice sfornito di giurisdizione, non deve porsi il
problema se tale provvedimento sia stato adottato o
mantenuto senza che sussistessero le particolari condizioni
di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280 c.p.p.
perché,
vi
fossero
o
meno
dette
condizioni,
il
provvedimento è stato illegittimamente disposto nella
mancanza
della
condizione
fondamentale,
presupposta
dall’art.273 c.p.p., dell’esistenza della giurisdizione”.
Tanto premesso si osserva che tale decisione fa chiaro
riferimento alle condizioni di applicabilità di cui agli
articoli 273 e 280 c.p.p. e cioè al disposto del comma
secondo dell’art.314 c.p.p. che non fa esplicito
riferimento alla condotta ostativa prevista dal comma primo
della norma.
Sul punto peraltro è intervenuta la sentenza delle sezioni
unite di questa Corte n.32383 del 27.05.2010 che ha
stabilito il seguente principio di diritto:” la circostanza
dell’avere dato o concorso a dare causa alla misura
custodiale per dolo o colpa grave opera quale condizione
ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione
per ingiusta detenzione anche nella ipotesi, prevista dal
secondo comma dell’art.314 c.p.p., di riparazione per
sottoposizione a custodia cautelare in assenza delle
condizioni di applicabilità di cui agli articoli 273 e 280
c.p.p.; tale operatività non può peraltro concretamente
esplicarsi, in forza del meccanismo causale che governa la
condizione stessa, nei casi in cui l’accertamento
dell’insussistenza ab origine delle condizioni di
applicabilità della misura custodiale avvenga sulla base
degli stessi precisi elementi che aveva a disposizione il
giudice del provvedimento della cautela, e in ragione
esclusivamente di una loro diversa valutazione”.
Ciò premesso si osserva che nella fattispecie che ci occupa
è stato accertato che un velivolo della Guardia di Finanza
aveva segnalato, nelle acque antistanti il comune di
Roccella Jonica, la presenza di una motonave, che veniva
affiancata da un gommone di altura, sul quale veniva
trasbordato un numero imprecisato di persone. E stato
accertato altresì che il predetto gommone navigava verso
ovest facendo rotta inequivocabilmente verso le coste
calabresi.
In tale situazione quindi la Corte di appello doveva
valutare se gli elementi di fatto esistenti al momento
dell’emissione della misura cautelare fossero gli stessi
emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale e già
rendessero palese il difetto di giurisdizione dell’Autorità
giudiziaria italiana evidenziato poi dalla Corte di
Cassazione.
In caso negativo, se cioè la Corte territoriale dovesse
accertare che soltanto successivamente sono emersi
ulteriori elementi che hanno reso evidente che il giudice
italiano era carente di giurisdizione, dovrà la Corte di

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Annulla la impugnata ordinanza e rinvia per nuovo esame
alla Corte di appello di Reggio Calabria cui demanda il
regolamento delle spese tra le parti anche per questo
giudizio.
Così deciso in Roma il 29.05.2014

appello valutare la sussistenza della colpa grave, e ciò
sulla base del principio di diritto stabilito dalla sopra
indicata sentenza delle sezioni unite.
L’ordinanza impugnata invece sul punto è carente di
motivazione e quindi deve essere annullata con rinvio per
nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria cui
viene altresì demandato il regolamento delle spese tra le
parti anche per questo giudizio. Viene infine ritenuto
assorbito il secondo motivo di ricorso che attiene
all’entità dell’indennizzo liquidato.

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