Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28178 del 07/06/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28178 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPAGNA PASQUALE N. IL 06/07/1950
avverso la sentenza n. 940/2015 CORTE APPELLO di MILANO, del
22/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 07/06/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, SPAGNA
PASQUALE è stato condannato per il reato di cui all’articolo 615-bis cod. pen.,
nella forma tentata, alla pena di 5 mesi e 10 giorni di reclusione, per aver
installato nell’ufficio del dirigente del settore pianificazione del territorio del
comune di Bresso, Marzolla Massimo, una microspia;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso personalmente l’imputato,
deducendo violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità
fondata sulle sole dichiarazioni della persona offesa; d’altra parte non poteva

offesa non era un luogo di privata dimora, ma un ufficio pubblico sito all’interno
del comune di Bresso, accessibile a tutti i dipendenti; inoltre la microspia non è
mai stata azionata ed era chiaramente visibile; il ricorrente rileva inoltre di
essere stato oggetto di molteplici atteggiamenti ostili, vessatori, discriminatori e
mobbizzanti da parte dei colleghi e dei superiori gerarchici, subendo anche tre
procedimenti disciplinari, e che non era assolutamente sua intenzione interferire
nella vita privata del dirigente;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché
quanto all’affermazione di responsabilità la motivazione non è manifestamente
illogica, nè contraddittoria, essendo fondata – tra l’altro – anche su esplicite
ammissioni dell’imputato, che aveva indicato il movente della sua condotta in
uno scopo deterrente, causato dalle minacce ricevute da parte del Marzolla di
trasferirlo ad altro settore;
– che d’altra parte il reato di interferenze nella vita privata è punito titolo di dolo
generico, per cui lo scopo della condotta resta privo di rilevanza;
– che con riferimento alla materialità del reato, deve escludersi l’insussistenza del
tentativo, atteso che la condotta di installazione di una microspia sotto la
scrivania è da ritenersi sicuramente idonea ed inequivocamente diretta a
commettere il reato di cui all’art. 615-bis cod. pen. e che la derubricazione del
reato contestato come consumato in ipotesi tentata è stata pronunciata
solamente preso atto della mancanza di prova di un corretto funzionamento
dell’apparato;
– che non possono nutrirsi dei dubbi, rispetto alla stanza di un ufficio assegnata
ad un dirigente, della natura di luogo di privata dimora, da intendersi come ogni
luogo ove la persona si trattenga per compiere, anche in modo transitorio e
contingente, atti della vita privata (Sez. 5, n. 30957 del 02/07/2010, Cirlincione,
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affermarsi la sussistenza del delitto contestato, poiché la stanza della persona

Rv. 247765; Sez. 5, n. 10187 del 15/02/2011, Gelasio, Rv. 249850; Sez. 5, n.
32026 del 19/02/2014, Fonti, Rv. 261672); tale nozione si distingue da quella di
“abitazione” per la sua maggior ampiezza (Sez. 5, n. 7293 del 17/12/2014 – dep.
18/02/2015, Lattanzio, Rv. 262659; Sez. 5, n. 6210 del 24/11/2015 – dep.
15/02/2016, Tedde, Rv. 265875);
– che infatti ricorrono entrambi gli elementi che la giurisprudenza citata evidenzia
come indicatori di tale qualificazione e che conseguono alla assegnazione del
locale al dirigente: l’astratta possibilità di procedere alla sua interclusione al
pubblico accesso, caratteristica che non è esclusa dal fatto che durante
determinate ore del giorno sia liberamente consentito l’ingresso di soggetti terzi,

caso che l’accesso avvenga in modo occasionale, ma con lo specifico consenso
della persona offesa; la destinazione anche parziale ad atti di natura privata, che
non vanno confusi con quelli della vita intima o familiare, per cui nella categoria
rientrano anche comportamenti posti in relazione con altri soggetti, anch’essi
privati, quali l’acquisto di merce in un supermercato, la fruizione di una
prestazione d’opera professionale, il compimento di operazioni bancarie, ecc.;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro 2000;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016
Il consigliere estensore

Il presidente

anche in assenza di specifici sistemi di controllo o di individuazione, ovvero dal

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