Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28174 del 07/06/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28174 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
POLICHETTI ANTONIO N. IL 24/02/1950
avverso la sentenza n. 1618/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del
12/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 07/06/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza era confermata quella di primo grado con la
quale POLICHETTI ANTONIO era ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt.
477 e 482 cod. pen., in relazione alla falsificazione di due contrassegni per
invalidi e condannato alla pena di giustizia;

dell’imputato, avv. Antonio Abet, denunciando violazione di legge e travisamento
sul fatto con riferimento alla sussistenza del falso grossolano, poiché viene
omessa la valutazione di un dato fondamentale, ovvero il fatto che le auto erano
parcheggiate in zona a pagamento (e dunque il contrassegno non serviva) e non
si è accertato se il tagliando esposto sulla Fiat Panda fosse contraffatto; si
deduce inoltre vizio di motivazione in relazione alla sussistenza di un falso
grossolano, poiché, come riferisce il verbalizzante, il tagliando invalidi esposto
sulla Fiat Marea era palesemente falso, senza necessità di particolari
accertamenti;
– che con memoria depositata il 27 maggio 2016 il difensore chiede la
riassegnazione del ricorso ad altra sezione, ribadendo le doglianze proposte;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, poiché deduce circostanza in punto
di fatto e non la violazione di legge, contrapponendo un alternativo
apprezzamento degli elementi di prova alla valutazione operata dei giudici di
merito, finendo con il richiedere alla Corte di legittimità di prendere posizione tra
le diverse letture dei fatti; sotto questo profilo va ribadito che la Corte di
cassazione non ha il compito di trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle
fonti di prova, e pertanto non si può addentrare nell’esame del contenuto
documentale delle stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato e,
tanto meno, se contenute in un atto di parte, poiché in sede di legittimità è
l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti
indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato che è sottoposta al controllo
del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole
della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (Sez.
6, n. 28703 del 20/04/2012, Bonavota, Rv. 253227);

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore

- quanto alla sussistenza del falso grossolano, la carenza motivazionale della
decisione impugnata non è censurabile, poiché dalla verifica dell’atto di appello
emerge che la deduzione era formulata in modo assolutamente generico, in
ossequio al principio secondo il quale il mancato esame, da parte del giudice di
secondo grado, di un motivo di appello non comporta l’annullamento della
sentenza quando la censura, se esaminata, non sarebbe stata in astratto

263980);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro 2000;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016
Il consigliere stensore

Il presidente

suscettibile di accoglimento (Sez. 3, n. 21029 del 03/02/2015, Dell’Utri, Rv.

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