Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28172 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28172 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Presutto Elio n. il 23.1.1935
nei confronti di:
Ministero dell’Economia e delle Finanze
avverso l’ordinanza n. 242/2009 pronunciata dal Tribunale di Salerno il 29.10.2012;
sentita nella camera di consiglio del 29.5.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. P.
Gaeta, che ha richiesto la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 29/05/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con atto in data 5.12.2012, a mezzo del proprio difensore,
Elio Presutto ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in
data 29.10.2012, con cui il tribunale di Salerno ha rigettato
l’opposizione ex alt. 99 d.p.r. n. 115/2002 avverso il provvedimento del
26.10.2007 a mezzo del quale il medesimo tribunale aveva revocato
d’ufficio il beneficio del patrocinio a spese dello Stato già riconosciuto in
suo favore, dovendo quest’ultimo ritenersi titolare di un reddito superiore ai limiti di legge, avuto riguardo all’acquisita dimostrazione della
disponibilità, da parte del Presutto, di risorse economiche complessivamente incompatibili con i presupposti previsti per legge ai fini
dell’ammissione al beneficio in esame.
Avverso il provvedimento del tribunale di Salerno, il Presutto
propone ricorso sulla base di due motivi d’impugnazione.
Con un primo motivo, il ricorrente censura il provvedimento
impugnato per vizio di motivazione, essendo il tribunale salernitano incorso in un grave travisamento degli elementi di prova acquisiti ai fini
della dimostrazione delle effettive condizioni economiche dello stesso,
giungendo ad esiti del tutto contraddittori, rispetto alle evidenze processuali disponibili, e trascurando la valutazione di indici probatori di più
sicura attendibilità ai fini della conferma dell’infondatezza del contestato provvedimento di revoca del beneficio del gratuito patrocinio.
Con un secondo motivo, il Presutto denuncia il provvedimento
impugnato per violazione di legge, per aver il giudice dell’opposizione
erroneamente ritenuta necessaria l’indicazione della casa di proprietà
dell’istante tra i beni produttivi di reddito rilevanti ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio.
Ha depositato memoria il procuratore generale presso la corte di
cassazione, che ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del
ricorso.
2. –

Considerato in diritto
3. — Il ricorso è inammissibile.
Osserva il collegio — in armonia con la consolidata giurisprudenza di legittimità — come il ricorso per cassazione sia, in materia di opposizione ex art 99 d.p.r. n. 1115/2002, consentito soltanto per violazione

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di legge (cfr. Cass., Sez. 4, n. 16908/2012, Rv. 252372; Cass, Sez. 3, n.
3271/2009, Rv. 245877).
Ai sensi dell’art. 99 citato, infatti – sia pure con riferimento ai
provvedimenti di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese
dello Stato (cui vanno equiparati i provvedimenti di revoca, per insussistenza dei presupposti del decreto di ammissione) -, il ricorso per cassazione risulta proponibile unicamente per violazione di legge (comma 4),
traendo giustificazione, tale limitazione, dalla circostanza che all’interessato è comunque consentito proporre ricorso in opposizione al Presidente del Tribunale o della Corte di Appello cui appartiene il giudice che
ha emesso il provvedimento (cfr. Cass, Sez. 3, n. 3271/2009, cit.).
Sul punto, vale evidenziare come la consolidata giurisprudenza di
questa Corte, anche a sezioni unite, si è espressa nel senso che il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio disposto a norma del
d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 112, è impugnabile negli stessi termini e con i medesimi rimedi stabiliti dal precedente alt. 99 cit. relativo
all’istanza di ammissione (Cass., Sez. Un., n. 36168/2004, Rv. 228667).
Ciò posto, rileva il collegio come, nel concetto di violazione di
legge, devono ricomprendersi, tanto l’ipotesi della mancanza assoluta di
motivazione, quanto quella della presenza di motivazione meramente
apparente, siccome entrambe correlate all’inosservanza di precise norme processuali (quali, ad esempio, l’art. 125 c.p.p., secondo cui la motivazione è prevista a pena di nullità), in quanto inidonee, come tali, a
consentire alcun possibile controllo del procedimento logico giustificativo seguito dal giudice.
Non possono invece ricomprendersi, nella nozione di violazione
di legge, i casi della contraddittorietà o della manifesta illogicità della
motivazione, siccome previsti come diverso e autonomo mezzo di impugnazione dall’art. 606, lett. e), c.p.p., né tantomeno l’ipotesi del travisamento della prova come forma del vizio di motivazione (cfr. Cass, Sez. 3,
n. 3271/2009, cit.).
Nella nozione della violazione di legge debbono, quindi, intendersi compresi sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi
della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento, o del tutto mancante, oppure privo di
requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza indispensabili al fine di rendere intelligibile il percorso logico seguito dal giudice.

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Nel caso di specie, occorre evidenziare come l’ordinanza impugnata abbia motivato adeguatamente in ordine alle ragioni della ritenuta insussistenza dei presupposti reddituali per l’ammissione del Presutto al patrocinio a spese dello Stato.
Il tribunale dell’opposizione ha, infatti, evidenziato, sulla base
degli accertamenti giudiziali eseguiti nel corso del procedimento fallimentare espressamente richiamato in motivazione e del successivo giudizio per bancarotta fraudolenta condotto a carico del Presutto, come
l’istante risultasse, nel medesimo arco di tempo corrispondente a quello
di presentazione della domanda di ammissione al beneficio del gratuito
patrocinio, stabilmente e personalmente coinvolto nell’amministrazione
di fatto di talune imprese societarie, dallo stesso finanziate attraverso
rimesse di cospicue somme di denaro; lo stesso ricorrente è inoltre risultato titolare di beni immobili e nella disponibilità di fatto di altri automezzi movimentati nel quadro delle attività societarie personalmente
gestite.
Sulla base di tali premesse – qui sinteticamente riassunte dall’articolato e diffusamente argomentato discorso giustificativo coerentemente condotto dal tribunale salernitano -, deve ritenersi come la motivazione del provvedimento impugnato non possa dirsi né apparente, né
macroscopicamente apodittica o irragionevole.
Il ricorrente, pur talora denunciando formalmente la violazione
di norme di legge, ha viceversa finito per censurare, con la propria impugnazione, la correttezza e l’adeguatezza dell’iter motivazionale condotto nell’ordinanza contestata, nella parte in cui avrebbe acriticamente
recepito – secondo l’assunto del Presutto – l’esito degli accertamenti di
altri procedimenti giudiziari (a scapito delle difformi risultanze documentali fornite dagli organi dell’amministrazione finanziaria), ovvero là
dove sarebbe incorsa nel travisamento di quegli stessi accertamenti, in
tal modo inammissibilmente dolendosi di veri e propri vizi della motivazione riconducibili alla previsione di cui all’art. 606, comma i, lett. e),
c.p.p..
Sulla base di tali premesse – ritenuta l’irrilevanza del motivo
d’impugnazione concernente la contestata necessità dell’indicazione
della casa di proprietà dell’istante tra i beni produttivi di reddito rilevanti ai fini dell’ammissione al gratuito patrocinio (per la sostanziale
sufficienza dell’esauriente quadro argomentativo sviluppato dal giudice
a quo, espressivo, già per altra via, della comprovata incompatibilità

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5

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso
e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.5.2014.

delle condizioni economiche del ricorrente con i presupposti previsti per
legge ai fini dell’ammissione al beneficio) – dev’essere dichiarata l’inammissibilità dell’odierno ricorso, cui segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità,
al versamento a favore della cassa delle ammende della somma che pare
congruo determinare in euro 500,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

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