Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2817 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2817 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

MARASCO Cosimo, nato a Monaco di Baviera il 17/10/1971

avverso la sentenza del Tribunale di Taranto-sezione distaccata di Manduria del
24/01/2012;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Cosimo Marasco era chiamato a rispondere, innanzi al Giudice di pace di
Manduria, del reato continuato di cui agli artt. 81, 582 e 594 cod. pen. per aver
cagionato a Spina Salvatore lesioni personali guarite entro il 20 0 giorno e per avere
offeso l’onore ed il decoro dello Spina proferendo nei suoi confronti le parole
“drogato”.

Data Udienza: 12/11/2013

Con sentenza del 5 maggio 2010 il giudicante assolveva l’imputato dagli
addebiti in contestazione, ai sensi dell’art. 530 cpv cod.proc.pen.
Pronunciando sul gravame proposto dalla persona offesa, costituitasi parte
civile, il Tribunale di Taranto-sezione distaccata di Manduria, con la sentenza
indicata in epigrafe, riformava in parte la pronuncia impugnata, affermando la
responsabilità dell’imputato per i fatti a lui ascritti ai soli effetti civili, con condanna
dello stesso Marasco al risarcimento del danno in favore della parte civile, da

2. Avverso la pronuncia anzidetta, il difensore dell’imputato, avv. Raffaele
Lomartire, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura
indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 606 lett. b), comma 1 cod.proc.pen. in relazione artt. 576 e 591 del codice
di rito; eccepisce, inoltre, l’inammissibilità dell’atto di appello della parte civile.
Deduce, a quest’ultimo riguardo, che nelle conclusioni dell’atto di appello
l’appellante, anziché proporre autonoma impugnazione per le statuizioni civili,
aveva fatto dipendere la propria richiesta di risarcimento non già dall’accertamento
incidentale della responsabilità dell’imputato per l’illecito a lui ascritto, ma dalla
sentenza di condanna a pena di giustizia, subordinando l’accoglimento della prima
richiesta all’emissione della seconda, il che era evidentemente illegittimo, stante lo
sbarramento previsto dall’art. 576 cod.proc.pen. ed il pacifico orientamento
giurisprudenziale di legittimità.
Con il secondo motivo si deduce violazione dello stesso art. 606 lett. e) in
relazione agli artt. 192 e 500 del codice di rito; mancanza e/o insufficienza di
motivazione; contraddittorietà della stessa; travisamento della prova. Si duole, in
particolare che, nonostante l’insegnamento di questa Corte regolatrice, il giudice di
appello non aveva adeguatamente valutato le dichiarazioni della persona offesa.
Ingiustamente, era stato dato credito alle parole di accusa dello stesso Spina,
benché questi avesse reso una versione dibattimentale affatto diversa da quella
resa in precedenza e le contraddizioni in cui era incorso.

2.

Il primo motivo è destituito di fondamento. Ed infatti, dall’esame

dell’incartamento processuale e, segnatamente, dal contenuto dell’atto di appello
emerge, chiaramente, che il gravame della persona offesa, costituitasi parte civile,
avverso la pronuncia di proscioglimento in primo grado, era stato ritualmente
orientato, al di là della generica richiesta di affermazione della responsabilità con

2

liquidarsi in separata sede, oltre consequenziali statuizioni.

formula che sarà ritenuta di giustizia, al riconoscimento della stessa colpevolezza
quale ineludibile presupposto della condanna ai soli effetti civili, come, peraltro,
fatto palese dalla contestuale richiesta di risarcimento del danno. Oltre alla formale
intestazione: atto di appello per gli interessi civili, l’interpretazione del petitum,
sulla scorta del perspicuo tenore letterale delle espressioni usate, in uno all’evidente
finalità dell’impugnativa della parte civile, non lascia, quindi, adito a dubbi di sorta
in ordine alla piena ammissibilità del gravame, anche indipendentemente dal

La seconda censura si colloca alle soglie del l’inammissibilità, attenendo a

questione prettamente di merito, qual’è quella relativa alla valutazione delle
risultanze processuali, che, notoriamente, si sottrae al sindacato di
legittimità ove assistita da motivazione congrua e formalmente corretta.
Tale deve intendersi quella che sostiene la sentenza impugnata, che – sulla
base di logica e plausibile ricostruzione della vicenda fattuale – ha dato
ampio conto del ribadito giudizio di colpevolezza a carico degli imputati.
Nell’esprimere siffatta valutazione il giudice a quo ha mostrato di aver fatto
buon governo delle regole di giudizio che devono presidere al relativo
apprezzamento, segnatamente quella secondo cui le dichiarazioni di accusa
della persona offesa possono anche da sole sostenere un giudizio di
colpevolezza ove adeguatamente valutate nella loro attendibilità (cfr., da
ultimo, Cass. Sez.Un. n. 41461 del 19/07/2012, Rv. 253214, secondo cui le
regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano
alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea
motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità
intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più
penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le
dichiarazioni di qualsiasi testimone. (In motivazione la Corte ha altresì
precisato come, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile,
può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri
elementi). E, nel caso di specie, il giudice a quo, non ha mancato di
rivalutare le parole di accusa della persona offesa, di cui ha prudentemente
e, motivatamente, apprezzato credibilità soggettiva ed oggettiva.

3

richiamo al noto brocardo del favor impugnationis.

3. Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – dev’essere
rigettato, con le conseguenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 12/11/2013

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