Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28167 del 21/03/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28167 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IZZO FAUSTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

TOMASSINI Luigi, n. a Trento il 22\6\1958
avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento, del
16\5\2012 (n. 482\2010);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
udite le conclusioni del Procuratore Generale dr. Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udite le conclusioni dell’Avv. Ettore Randazzo,
l’imputato, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

per

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Data Udienza: 21/03/2013

1. Con sentenza del 29\6\2010 il Tribunale di Rovereto condannava Tomassini Luigi
per il delitto di lesioni colpose gravi in danno dei lavoratori Martini Manuel e Benamati
Matteo. All’imputato era stato addebitato che, in qualità di legale rappresentante della
società “PREMETAL”, subcommittente di lavori alla s.r.l. Benedetti, a sua volta
subcommittente alla ditta GI.DI., aveva omesso di cooperare con le predette aziende
al fine dell’attuazione delle misure di sicurezza. In particolare, in occasione di lavori
all’interno di una capannone industriale, lasciava che l’attività fosse svolta nonostante
la presenza sul pavimento di cinque ampie buche; sicchè due elettricisti della GI.DI.
mentre si muovevano a bordo di una piattaforma semovente, con il pianale di lavoro
esteso all’altezza di mt. 12, a causa della perdita di equilibrio del mezzo, la cui ruota
era finita in una delle buche, cadevano in terra procurandosi gravi lesioni (acc. in
Rovereto il 8\5\2007). Al Tomassini ed al coimputato Marasca Augusto (coordinatore
per la progettazione ed esecuzione dei lavori) veniva inflitta la pena di mesi sei di
reclusione, pena sospesa.
2. Con sentenza del 16\5\2012 la Corte di Appello di Trento, confermava la pronuncia
di condanna e, preso atto dell’intervenuto risarcimento del danno, riconosciute le
attenuanti generiche equivalenti, riduceva la pena a mesi due di reclusione.
Premetteva la Corte che la “Premetal” di cui era legale rapp.te il ricorrente, aveva
avuto in appalto dalla soc. “Cipriani Profilati” la costruzione di un capannone
industriale. A sua volta la “Premetal” aveva subappaltato alla soc. “Benedetti” i lavori
relativi agli impianti elettrici e rete dati. Quest’ultima aveva subappaltato parte di tali
lavori alla ditta GI.DI. alle cui dipendenze vi erano i due operai infortunati.
Ciò premesso la Corte confermava la sussistenza della penale responsabilità
dell’imputato, sulla base delle seguenti valutazioni :
– l’incidente si era verificato per una duplice causa, da un lato il fatto che i lavoratori
avevano movimentato la piattaforma con il carrello esteso; dall’atro la presenza di
buche disseminate sul pavimento del capannone e che rendevano insicuro il luogo di
lavoro;
– in qualità di appaltatore e subcommittente il Tomassini rivestiva una posizione di
garanzia, anche in ragione del fatto che il cantiere era sotto la sorveglianza della sua
azienda e la presenza delle buche preesisteva all’affidamento dei subappalti ed
costituiva un’anomalia visibile e conoscibile;
– inoltre, aveva omesso, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. 626 del 1994, di cooperare con le
altre imprese al fine di rimuovere la situazione di pericolo, considerato che il rischio
costituito dalla buche non era un rischio specifico della attività dell’appaltatore;
– l’eventuale negligenza dei lavoratori infortunati, non escludeva la efficienza causale
della sua condotta omissiva.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato,
lamentando :
3.1. l’erronea applicazione della legge ed in particolare dell’art. 7, comma secondo,
d.lgs. 626 del 1994. Infatti, contrariamente all’assunto della corte di merito, alla
eliminazione dei rischi del lavoro dovevano provvedere esclusivamente la soc.
“Benedetti” e l’impresa “GI.DI.” , trattandosi di un rischio specifico relativo alla
istallazione in quota di cavi elettrici. I lavori invero non si svolgevano in una ambiente
“comune” a tutte le aziende presenti nel capannone, ma in un settore separato
costituito dai lati del capannone. Pertanto nessun onere di cooperazione spettava alla
soc. “Premetal” del Tomassini.
3.2. Il vizio di motivazione, laddove la corte di merito non aveva valutato che la
presenza tra gli imputati di Marasca Augusto (condannato), in qualità di coordinatore

RITENUTO in FATTO

CONSIDERATO in DIRITTO
3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato .
3.1. In ordine alla prima censura formulata, va ricordato che questa Corte di
legittimità ha precisato che per “ambiente di lavoro” deve intendersi tutto il luogo o lo
spazio in cui l’attività lavorativa si sviluppa ed in cui coloro che siano autorizzati ad
accedere nel cantiere e coloro che vi accedano per ragioni connesse all’attività
lavorativa, possono recarsi o sostare anche in momenti di pausa, riposo o sospensione
del lavoro” (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 2989 del 26/02/1992 Ud. (dep. 17/03/1992), Rv.
189650; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 28780 del 19/05/2011 Ud. (dep. 19/07/2011), Rv. 250760;
Cass. Sez. 4, Sentenza n. 44591 del 10/11/2009 Ud. (dep. 19/11/2009), Rv. 245593).

Non vi è dubbio, pertanto, che il capannone, nella sua interezza, fosse un luogo di
lavoro, non essendo possibile delimitare l’ambito del concetto al solo sito di materiale
operatività dell’attività, se per raggiungere detto luogo ed operare il movimento di
materiali ed apparecchiature sia necessario passare attraverso altre zone di cantiere.
Ciò detto, l’art. 7, co. 2°, del d.lgs. 626 del 1994, vigente all’epoca dei fatti, dispone
che nel caso di appalto di lavori all’interno dell’azienda, il datare di lavoro committente
deve promuovere la cooperazione ed il coordinamento della pluralità delle imprese al
fine della attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro
incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto; nonché per evitare il
concretizzarsi dei rischi cui sono esposti i lavoratori e dovuti alle interferenze tra i
lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
Nel caso di specie, la realizzazione del capannone, ove si trovavano la pluralità di
buche (5 buche con lati di 80 cm. e profondità di 30 cm.), era l’opera che stata
costruendo la “Premetal” del Tomassini; la circostanza che all’interno del capannone si
dovesse muovere una ponte mobile, per l’istallazione, da parte di subappaltatori,
dell’impianto elettrico e di rete, imponeva la adozione del coordinamento ai fini di
sicurezza tra le imprese, per evitare i pericoli a tale attività.
La violazione del disposto dell’art. 7, che onerava di detti obblighi, tra gli altri, il
Tomassíni, unitamente alla omissione da parte sua della protezione di dette buche,
correttamente è stata dal giudice di merito ritenuta 44 negligente condotta causa
dell’evento, in quanto ha determinato il concretizzarsi del rischio che il rispetto della
predetta norma mirava ad evitare.
3.2. Né può dirsi che la presenza di un coordinatore per la progettazione ed
esecuzione di lavori nominato dalla “Cipriani” committente delle opere (come ricordato
dallo stesso ricorrente nella memoria difensiva del 1\3\13), escludesse la responsabilità
del Tomassini, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità,
secondo la quale “Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli
sono affidati dall’art. 5 D.Lgs. n. 494 del 1996, ha una autonoma funzione di alta

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per la progettazione e la esecuzione (nominato dalla Cípriani), escludeva la
responsabilità del Tomassini. Alla conferma della condanna la Corte era giunta
attribuendogli la erronea qualifica di responsabile del servizio di prevenzione
protezione, quindi, di mero consulente.
3.3. Il vizio di motivazione in relazione alla omessa valutazione del fatto che la grave
imprudenza dei lavoratori infortunati, costituiva un comportamento imprevedibile ed
anomalo, idoneo ad interrompere il nesso causale con eventuali omissioni
dell’imputato.
3.4. Con memoria depositata il 1\3\2013 la difesa dell’imputato lamentava
un’ulteriore vizio della motivazione, laddove il giudice di appello aveva ritenuto che il
Marasca fosse stato nominato dalla soc. del Tomassini, mentre, invece, era stato
nominato dal committente “Cipriani”.

3.3. Infine, irrilevante per escludere la affermata responsabilità è la circostanza che le
vittime abbiano agito con imprudenza, in quanto il “ponte” non doveva essere
movimentato con gli operai a bordo ed in posizione di massimo sviluppo del piano di
lavoro (circa 12 mt.).
Invero, in relazione al lamentato comportamento negligente della persona offesa,
questa Corte ha più volte ribadito che in materia di infortuni sul lavoro, la condotta
colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola
sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio
propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da
responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze,
presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al
procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass.4,
n. 21587\07, ric. Pelosi, rv. 236721). Nel caso di specie, le vittime hanno patito
l’infortunio mentre svolgevano la loro ordinaria attività di lavoro, in presenza di un
luogo di attività insicuro per la presenza delle buche. Pertanto la circostanza che, presi
dalla routine del lavoro e da un eccesso di sicurezza, abbiano movimentato il ponte,
con loro a bordo ed in estensione, non costituisce comportamento abnorme idoneo ad
interrompere il nesso causale tra la condotta del Tomassini e l’evento, condotta
connotata da colpa, tenuto conto che le cautele omesse erano proprio preordinata ad
evitare il rischio che poi concretamente si è materializzato.
Ne consegue che anche tale motivo di impugnazione è infondato.

Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 21 marzo 2013
Il Presidente

vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il
puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è
demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto) (Cass. Sez.
4, Sentenza n. 18149 del 21/04/2010 Ud. (dep. 13/05/2010), Rv. 247536; Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 38002 del 09/07/2008 Ud. (dep. 03/10/2008), Rv. 241217).
Pertanto, la presenza del coordinatore, non ha determinato alcun depotenziamento
della posizione di garanzia del Tomassini che, in qualità di subcommittente, aveva un
onere di sicurezza a fronte di una situazione di pericolo dell’ambiente di lavoro da lui
determinata e non rimossa, per la presenza della pluralità delle buche sul piano di
calpestio del capannone.
Né può dirsi che il rischio concretizzatosi (caduta dall’alto), essendo specifico delle
aziende impegnate nei lavori subappaltati, escludesse la responsabilità del Tomassini;
infatti, a parte la violazione dell’obbligo di collaborazione nel coordinamento, il rischio
si è concretizzato per la conformazione del pavimento del capannone che era sotto la
totale vigilanza e responsabilità dell’imputato.

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