Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28166 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28166 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CEIERIFI ISSAM N. IL 24/02/1983
avverso la sentenza n. 13374/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
13/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FEL10ETTA
MARINELL1;
letteisggtite.le conclusioni del PG Dott. Po-i-fAreA{ k) -ì1.0\

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ci<4e445- 4yceiec2_ ckA G0A-t 0t■ LQ c gue Z&wcQt CS)11X Gvete22,Ì012_ PI Data Udienza: 28/05/2014 (z Ritenuto in fatto Cherifi Issam, imputato in ordine al reato p.e p. dall'art.73 comma quinto d.PR. 309/90 (detenzione al fine di spaccio di sostanza stupefacente di tipo hashish del peso complessivo di grammi 85,00), ricorre per cassazione contro la sentenza di applicazione concordata della pena in di motivazione della medesima in ordine all'insussistenza di una delle "cause di non punibilità" di cui all'articolo 129 c.p.p. e in ordine alle argomentazioni relative all'applicazione della pena come specificate in sentenza. Considerato in diritto Il ricorso sarebbe inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per motivi manifestamente infondati. Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l'obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, ovvero implicitamente, come nella fattispecie di cui è processo, di aver proceduto alla epigrafe indicata, deducendo violazione di legge e difetto delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell'accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129 c.p.p.). el In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all'articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata. Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi. Non è consentito, dunque, all'imputato, dopo l'intervenuto e ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell'articolo 129 c.p.p., senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio. Ciò rilevato il Collegio non può non tener conto che la disposizione di cui al D.L. n.146 del 23.12.2013 (conv. In L. n. 10 del 21.0Z.2014) e la recentissima disposizione di .Lo-3-2.014‘4.14,c~.2014 n.TI,nel qualificare il V comma legge cui consistente nell'enunciazione, anche implicita, che è stata dell'art. 73 d.P.R. 309/90 quale figura autonoma di reato, hanno rideterminato la pena edittale, stabilendo la prima una sanzione da uno a cinque anni di reclusione e da euro 3.000,00 a euro 26.000,00 di multa, la seconda una sanzione "IA32 da sei mesi a quattro anni di reclusione e da euro\e- -g—euro P.30 di multa. Nella materia in questione è intervenuta altresì la sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, depositata il 25.02.2014, che, per quanto qui rileva, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 4 bis della L. 21.02.2006 n. 49, cioè del testo dell'art. 73 d.P.R. 309/90 nella formulazione di cui alla predetta legge c.d. "Fini-Giovanardi", determinando, come dalla Corte Costituzionale espressamente affermato, l'applicazione dell'art. 73 del predetto d.P.R. 309/90 e relative tabelle nella formulazione originaria (Legge c.d. "Iervolino- La Corte Costituzionale ha definito i limiti oggettivi del proprio intervento in relazione al D.L. 146/2013, precisando che "trattandosi di ius superveniens che riguarda disposizioni non applicabili nel giudizio a quo lo stesso non poteva esplicare alcuna incidenza sulle questioni oggetto del giudizio della Corte relative a disposizioni diverse da quelle oggetto di modifica normativa e che gli effetti del presente giudizio di legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il decreto legge n. 146 del 2013, , in quanto stabilita con disposizione successiva a quella censurata e indipendente da quest'ultima": Ha poi affermato che "rientra nei compiti del giudice comune individuare quali norme, successive a quelle impugnate, non siano più applicabili perchè divenute prive del loro oggetto (in quanto rinviano a disposizioni caducate) e quali, invece, devono continuare ad avere applicazione in quanto non presuppongono la vigenza degli artt. 4 bis e 4 Vassalli"). vicies ter, oggetto della presente decisione". Ritiene, però,i1 Collegio che la suddetta sentenza, avendo dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter della L. 49/2006, abbia travolto l'intero art. 73 d.P.R. 309/1990, facendo rivivere, almeno per i reati commessi prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 146 del 2013 anche il precedente testo del comma V con la ripartizione del trattamento sanzionatorio previsto tra droghe leggere e droghe pesanti, più favorevole al reo per r (5- quel che concerne le droghe leggere, che prevede una pena detentiva da sei mesi a quattro anni di reclusione. Orbene, tornando al caso di specie, si osserva che si deve applicare a Cherifi Issam, ritenuto responsabile della detenzione al fine di spaccio di sole droghe leggere,i1 richiamato trattamento sanzionatorio della legge "Iervolino-Vassalli". quanto le argomentazioni di cui sopra, che incidono sulla pena concordata, determinano la caducazione del patto e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Milano. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio, e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Milano per l'ulteriore corso. Così deciso in Roma, il 28.05.2014 Pertanto la sentenza impugnata va annullata senza rinvio in

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