Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28163 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28163 Anno 2014
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NOLA
nei confronti di:
PETRAZZUOLO GIOVANNI N. IL 18/01/1994
avverso l’ordinanza n. 9051/2013 GIP TRIBUNALE di NOLA, del
21/11/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;
lette/sentite-le conclusioni del PG Dott. ri ehx5 ecRA ast_
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c/LeA4

Data Udienza: 28/05/2014

C
Ritenuto in fatto

Il G.I.P. nel provvedimento impugnato rigettava la
richiesta di emissione di decreto penale di condanna
avanzata dal pubblico ministero, evidenziando che “la pena
richiesta-in relazione al fatto contestato- è da ritenersi
incongrua attesa l’obiettiva gravità della violazione
contestata, elemento che induce l’estensore a ritenere
l’imputato non meritevole della premialità del rito
prescelto dalla parte pubblica”.
Secondo il Procuratore della Repubblica ricorrente tale
provvedimento risulterebbe viziato da una erronea esegesi
dell’art.459, comma 2, c.p.p., sì da rendere il
provvedimento stesso abnorme, in quanto del tutto estraneo
al sistema: la premialità connaturata al rito in questione
non consegue infatti, secondo il Procuratore della
Repubblica ricorrente, ad una valutazione di meritevolezza
da parte del pubblico ministero.
Considerato in diritto
Tanto premesso si osserva che in ordine al rigetto da parte
del Giudice della richiesta di emissione di decreto penale
di condanna la giurisprudenza di questa Corte non è
uniforme. Secondo la tesi prevalente, a cui questo Collegio
aderisce, (cfr., tra le altre, Cass., sez.6, sent. n.36216
del 27.06.2013, rv.256331; sez.4, sent. n.40513 del
6.10.2010, rv.248857; sez.3, sent. n.9061 del 24.01.2003,
rv.223745) non sussiste l’abnormità del provvedimento di
rigetto della richiesta di decreto penale, sul presupposto
che il provvedimento in questione è un atto previsto dal
codice di rito, e quindi corretto sotto il profilo
strutturale, trovando specifico riscontro normativo
Questa Corte ha
c.p.p..
comma terzo,
nell’art.459,
affermato inoltre che il rigetto non crea alcuna situazione
inquirente
l’organo
potendo
stallo processuale,
di
verifica
della
all’esito
richiesta,
la
rinnovare
istruttoria suggerita, o comunque promuovere l’azione
penale attraverso l’emissione di un decreto di citazione.
Il Collegio peraltro è ben consapevole dell’esistenza di
altro orientamento giurisprudenziale (cfr, Cass., sez.3,
sent. n.8288 del 25 novembre 2009, rv.246333), secondo cui

Il Procuratore della Repubblica di Nola ricorreva per
cassazione avverso l’ordinanza emessa dal G.I.P. del
medesimo Tribunale il 22 novembre 2013 nell’ambito del
procedimento a carico di Petrazzuolo Giovanni, imputato
della contravvenzione di cui all’art.116 c.15 d.lgs.
285/92.

e

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2014

IA7Apnsiblre

Presidente

è affetto da abnormità “funzionale” il provvedimento con
cui il Giudice per le indagini preliminari respinga, in
base a valutazioni di mera opportunità, la richiesta di
decreto penale di condanna. Secondo tale orientamento
giurisprudenziale, quindi, potrebbe ritenersi abnorme, in
quanto estranea al sistema processuale, l’ordinanza del
giudice per le indagini preliminari che rigetti la
richiesta unicamente per la ritenuta inopportunità del
procedimento monitorio, senz’altra enunciazione di ragioni
sottostanti, così da disattendere il principio della scelta
discrezionale del rito da parte del pubblico ministero,
sostituendo un proprio criterio di opportunità a quello
istituzionalmente conferito al solo organo della pubblica
accusa.
Ciò premesso, si osserva che nel caso di specie, non solo
il controllo del giudice è stato da costui in realtà
esercitato- posto che può ben definirsi attività
giurisdizionale di pieno controllo il rilievo circa la non
congruità della pena in rapporto alla ritenuta gravità del
reato- e, per altro verso, la motivazione del diniego del
decreto non pone certo quale suo presupposto (come ritenuto
dal Procuratore della Repubblica ricorrente) la
“meritevolezza” del rito da parte dell’imputato, essendo
quest’ultima invece prospettata quale conseguenza del già
evidenziato rapporto tra la gravità del reato e l’entità
della pena. In nessuna sua parte invero il provvedimento
impugnato fa riferimento a nozioni di opportunità del rito
premiale.
Quindi il provvedimento impugnato, come correttamente
osservato dal Procuratore Generale di questa Corte, non
solo non è governato da una pura “logica di opportunità”
del rigetto, ma, al contrario, è ispirato ad una
valutazione corretta quanto al rapporto tra parametri di
stretta natura dosimetrica (gravità del reato ed entità
della pena in concreto).
Il proposto ricorso deve essere pertanto dichiarato
inammissibile.

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