Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28158 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28158 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI LILLO DOMENICO N. IL 07/06/1967
avverso l’ordinanza n. 813/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
12/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
lettelsentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 17/06/2014

I

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con ordinanza del 12.2.2014 il Tribunale del riesame di Napoli, a seguito
di istanza proposta nell’interesse dell’indagato DI LILLO Domenico
avverso la ordinanza cautelare applicativa della custodia in carcere
emessa il 28.1.14 dal G.I.P. distrettuale del Tribunale di Napoli, ha

sussistenti a carico dell’indagato gravi indizi di colpevolezza in ordine al
reato di cui all’art. 416 bis c.p. per partecipazione al clan BELFORTE.
2. Avverso la ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore del DI
LILLO deducendo con unico ed articolato motivo erronea applicazione
della legge penale e mancanza di motivazione in relazione agli artt.
273,274 e 292 c.p.p. . In particolare, a fronte di specifici riferimenti
difensivi, non si sarebbe svolta una analisi delle divergenti e non
sovrapponibili dichiarazioni rese dai c.d.g. , tesa ad individuare i riscontri
ad esse, attribuendo all’indagato ruoli disparati e senza individuare il suo
contributo associativo. Nessuno dei c.d.g. avrebbe indicato quale
affiliato l’indagato, tranne il BUTTONE che non risulta riscontrato.
Inoltre, il Tribunale avrebbe omesso di motivare in relazione alle ragioni
per le quali ha disatteso le deduzioni in fatto della difesa.
3.

Con motivi nuovi la difesa ha rimarcato l’errore dedotto in relazione
all’esito valutativo delle dichiarazioni dei c.d.g. che dimostrerebbero, al
più la posizione di un soggetto – quale il ricorrente – al di fuori degli
schemi associativi, frequentando taluni ambienti non facendone parte.
Inoltre, diversa ed opposta sarebbe la valutazione della attendibilità del
c.d.g. Di Giovanni come si desume dalla ordinanza emessa dallo stesso
Tribunale nei confronti del BELFORTE e PICCOLO, che pure si allega.

4.

In udienza la difesa ha prodotto parere del P.M. in relazione ad una
istanza in favore di DI GIOVANNI Pasquale.

5.

Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

6.

La ordinanza impugnata ha ricostruito la partecipazione associativa del
ricorrente al clan BELFORTE, facendo leva sulle dichiarazioni dei c.d.g.
BUTTONE Salvatore, BUTTONE Claudio, DI GIOVANNI Pasquale e
FRONCILLO Michele nonché dal contenuto di alcuni recenti dialoghi
intrattenuti dal ricorrente con l’imprenditore GRILLO Angelo, uomo al
servizio del clan BELFORTE in ambito imprenditoriale nel settore della
sanità pubblica.

confermato detta ordinanza con la quale sono stati riconosciuti

7. Rileva il Tribunale la coincidenza delle propalazioni di BUTTONE Claudio
e DI GIOVANNI Pasquale che indicano il contributo dell’indagato al
sodalizio nell’attività da lui svolta – e resa possibile dalle sue conoscenze
nel settore edile – di riciclare, attraverso la monetizzazione, gli assegni
provenienti dall’attività di usura svolta dal clan BELFORTE. Considera le
diverse mansioni di autista di BELFORTE Salvatore, riferite da BUTTONE
Bruno, che gli attribuisce non solo la collaborazione prestata al clan della
estorsione ORO MARE ma anche il ruolo di spacciatore in Marcianise
indicandolo come aderente al clan dal quale percepiva lo stipendio

i

mensile di 3.000 euro, nonché quelle del FRONCILLO che lo indica come
spacciatore e mediatore nella gestione delle estorsioni raccordando il
clan agli imprenditori estorti. E conclude ritenendo irrilevante la non
completa coincidenza dei reati fine commessi dal ricorrente risultando
compatibile la diversità di compiti e ruoli con la adesione al sodalizio
nell’interesse del quale le condotte risultavano essere realizzate. Anche
per quanto riguarda le propalazioni del BUTTONE Bruno è – da un lato valorizzato il rinvenimento di documentazione informatica della
contabilità del clan dalla quale è emersa la annotazione «PELUSIELLO
3000» siccome riferibile al ricorrente ( indicato da più c.d.g. con quel
soprannome) ed alla cifra indicata come suo stipendio; dall’altro, la
personale frequentazione presso l’abitazione di BELFORTE Salvatore ed
in occasione del ritorno dalla estorsione ORO MARE. Infine, sono
considerate consoni alla intraneità associativa le emergenze intercettive
del 19.12.12 e 7.1.13 che vedono protagonista il DI LILLO con il GRILLO
e che documentano il ruolo di mediazione del primo tra il secondo ed il
clan di cui è referente.
8. Manifestamente infondata è, quindi, la doglianza in ordine alla omessa
considerazione delle deduzioni difensive, invece, espressamente
considerate nella ultima parte della ordinanza impugnata che le ha
ritenute inidonee ad inficiare la pregnanza dimostrativa del compendio
investigativo considerato. E ciò con riguardo all’indimostrato ed
inverosimile assunto relativo al significato della annotazione rinvenuta al
BUTTONE che – anche considerando le dichiarazioni del c.d.g. CUCCARO
– non inficerebbero la esistenza di una posta dovuta in favore del
ricorrente; come pure alla non decisività dell’assunto relativo
all’accompagnamento del BELFORTE Salvatore da parte di familiari, che
non escludeva l’utilizzo del ricorrente come autista; e, infine, alla
correttamente ritenuta inincidenza ai fini corroborativi della non
;

2

adeguata prova del coinvolgimento del ricorrente nella estorsione ORO
MARE.
9. Esula dal provvedimento impugnato la diversa valutazione resa in ordine
alle dichiarazioni del DI GIOVANNI in altro procedimento incidentale
riguardante altri coindagati come pure la documentazione oggi prodotta
dalla difesa relativa al medesimo dichiarante che inducono – in ogni caso
– valutazioni di merito incompatibili con il giudizio di legittimità.
10.Al1nammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al

determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
11. Devono disporsi gli adempimenti di cancelleria cui all’art. 94 co. 1 ter
disp. att. c.p.p.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui
all’art. 94 co.1 ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma,17.6.2014.

pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo

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