Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28156 del 07/06/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28156 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
GHETTI EMILIANO N. IL 01/06/1978
avverso la sentenza n. 12384/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
18/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
Data Udienza: 07/06/2016
RILEVATO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, GHETTI
EMILIANO fu e condannato alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 483
cod. pen., in relazione a una dichiarazione sottoscritta – al fine di ottenere il
rilascio del decreto di nomina a guardia giurata volontaria – di non aver riportato
condanne penali;
– che avverso detta sentenza ha proposto personalmente l’imputato, deducendo
avendo l’imputato agito in buona fede sulla base del certificato penale a sua
richiesta, che non recava iscrizioni;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché la
sentenza impugnata richiama l’evidenza probatoria di una sentenza di
applicazione della pena su richiesta delle parti di condanna di un anno, sei mesi
di reclusione ed euro 300 di multa, con il beneficio della non menzione e della
sospensione condizionale della pena, che non poteva non essere conosciuta
anche in considerazione del rito negoziale prescelto;
– che le doglianze difensive in punto di elemento soggettivo del reato sono
manifestamente infondate, poiché dalla motivazione non evidenzia certamente
alcuna contraddizione o manifesta illogicità;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro 2000;
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016
Il consigliere e tensore
Il presidente
vizio di motivazione in ordine all’esistenza dell’elemento soggettivo del reato,