Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28146 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28146 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RICCO NICOLA N. IL 06/09/1986
avverso la sentenza n. 987/2010 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 15/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. LL e ft tte)a,2,1
che ha concluso per )
è7 t4,0 3 /6A,….AQI2AAAA
4t/U

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 17/06/2014

a

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con sentenza del 15.11.2012 la Corte di appello di Lecce, a seguito di
gravame proposto dall’imputato RICCO Nicola avverso la sentenza
emessa dal Tribunale di Taranto il 13.4.2010, in parziale riforma della
sentenza ha assolto l’imputato dal reato di lesioni cui al capo B)

la pena inflitta e confermando nel resto l’impugnata sentenza,
puntualizzata l’imputazione di cui all’art. 337,339 c.p. sub A) come
commessa mediante violenza in danno del solo PALMISANO Mario, oltre
le statuizioni civili.
2.

Ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore deducendo:

2.1. inosservanza degli artt. 337,339,393b1s,582 c.p., 111 Cost. e 125
c.p.p., mancanza di motivazione. In particolare, la Corte non
descriverebbe la condotta illecita del ricorrente, ascrivendogli
genericamente di non accettare di essere sottoposto a controllo, peraltro
contraddittoriamente alla circostanza secondo la quale era stato lo
stesso ricorrente a chiedere informazioni alla pattuglia. Inoltre, sarebbe
attribuita immotivata credibilità ai verbalizzanti nonostante l’assoluzione
del RICCO in ordine alle condotte ai danni del PANTECA, il cui riferito
sospetto non è giustificato. Illogicamente sarebbe stato negata ( punto
11 della sentenza) la rilevanza delle dichiarazioni degli imputati e della
teste a discarico per la loro inaffidabilità mentre ,da altro canto, è stata
data loro pregnanza. Mera astrazione sarebbe quella che, al punto 14
della sentenza, esclude la logicità dei comportamenti dei pp.uu. riferiti
dagli imputati non motivando sulla esclusione della causa prevista
dall’art. 393bis c.p.. Lacunoso sarebbe il riferimento offerto al punto 15
secondo il quale il RICCO stava tranquillamente offrendo i documenti,
come confermato dalla SCANNAPIECO. Inoltre, la Corte assume come
significative le contestazioni della parte civile ( punto 16) senza indicare
il contenuto dell’interrogatorio al quale è stato sottoposto il RICCO. La
Corte sarebbe in corsa in un travisamento in relazione al verbale di
ispezione del 15.8.2008 ed al rigetto della richiesta difensiva di
ispezione giudiziale rispetto all’orario del verbale ( ore 17.50) e quello di
uscita dal pronto soccorso ( ore 18.12), tenuto conto dell’incompatibilità
sollevata dalla difesa. Priva di pregio giuridico sarebbe l’osservazione
secondo la quale l’appellante non avrebbe fatto domande ai testimoni

limitatamente alle lesioni in danno di PANTECA Rosario, rideterminando

durante l’esame come pure l’affermazione della difficoltà a pensare ad
una falsità dei certificati medici. Pertanto, deduce il ricorrente che
insussistente sarebbe l’ipotesi di cui all’art. 337 c.p. trattandosi di una
aggressione del tutto gratuita e determinata dalla alterazione psichica
del RICCO. E , quindi, il reato di lesioni sarebbe improcedibile per difetto
di querela. Insussistente è l’aggravante di cui all’art. 339 c.p. essendo
stato assolto il MUSCARI. Si censura l’applicazione di una aggravante quella di cui all’art. 576 n.5bis c.p. – mai contestata al RICCO ed

inosservanza dell’art. 69 c.p., 53 I.n. 689/81, 111 Cost., 125 c.p.p. e

2.2.

mancanza della motivazione in relazione alla affermata non con
divisibilità del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche rispetto
alla recidiva e la richiesta di sostituzione della pena detentiva con la
libertà controllata non tenendosi conto della parziale assoluzione del
RICCO e della distanza nel tempo del fatto.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. Il primo motivo è, per alcuni aspetti, inammissibile per genericità e per
altri, manifestamente infondato.
4.1.

Inammissibile è la censura in ordine alla mancata descrizione del
fatto ed alla contraddittorietà della affermazione di responsabilità
rispetto all’iniziativa del ricorrente di avvicinarsi alla pattuglia,
trattandosi – quanto alla prima – di doglianza manifestamente infondata
siccome, confermando il conforme accertamento condotto in prime cure,
…..; quanto alla seconda , trattandosi della riproposizione di motivi di
doglianza in appello ai quali la Corte ha risposto non illogicamente
osservando che non è incompatibile l’iniziativa del ricorrente con il
successivo rifiuto a esibire la documentazione richiesta.

4.2.

Inammissibili sono le censure in ordine alla credibilità dei
verbalizzanti siccome genericamente formulate secondo una valutazione
di merito improponibile in questa sede di legittimità.

4.3.

Inammissibile è la censura relativa la punto 11 della motivazione
rispetto ad una dedotta pregnanza delle dichiarazioni solo
genericamente opposta.

4.4.

Parimenti inammissibile è la generica censura relativa al punto 14
della motivazione per la sua apodittica genericità, laddove non
illogicamente – tra gli altri elementi considerati al fine di contrastare la
versione degli imputati – la sentenza valorizza il contesto pubblico in cui
avvennero i fatti.

2

introdotta successivamente alla commissione del reato.

4.5.

Inammissibile è la censura appuntata sulla causa ex art. 393 bis c.p.
non oggetto di prospettazione difensiva e, comunque, implicitamente
esclusa dalla sentenza allorquando considera la legittimità dell’intervento
degli agenti.

4.6.

Inammissibile è la censura relativa al punto 15 della motivazione
siccome generica ed in fatto.

4.7.

Inammissibile quella relativa al travisamento del fatto, trattandosi invece – della improponibile contestazione della valutazione in fatto

degli orari.
4.8.

Anche quella sull’omessa formulazione delle domande ai testimoni ed
alla falsità dei certificati non attinge alcun profilo per il quale la legge
consente censure in sede di legittimità.

4.9.

Inammissibilmente generica ed in fatto è la dedotta insussistenza
della ipotesi ex art. 337 c.p. per la assenza di finalità oppositive e la
conseguente deduzione in ordine alla improcedibilità dell’azione in ordine
alle lesioni.

4.10.

Inammissibile è la questione in ordine all’aggravante ex art. 339 c.p.
siccome non dedotta in appello.

4.11.

Manifestamente infondata la questione circa l’ipotesi di cui all’art.
576 n.5 bis c.p. – introdotto con d.l. 23.5.2008 n. 92 come mod. con I.n.
125 del 24.7.2008 in vigore dal 26.7.2008 e, quindi, prima della
commissione del fatto, commesso il 15.8.2008 – fondandosi la
procedibilità di ufficio sulla aggravante di cui all’art. 61 n.2 c.p.,
contestata in fatto sub b), richiamata dall’art. 585 co. 1 c.p., a sua
volta, richiamato dall’art. 582 co. 2 c.p..

5.

Il secondo motivo è inammissibile trattandosi di generica censura in
fatto dell’esercizio dei poteri discrezionali demandati al giudice di merito,
nella specie esercitati senza vizi logici e giuridici considerandosi i
precedenti del RICCO, di cui uno per rapina e la particolare gravità della
condotta nonché il tipo e le modalità del reato in relazione al diniego
della conversione della pena detentiva.

6. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

operata dalla Corte senza vizi logici e giuridici in ordine alla compatibilità

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 17.6.2014

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