Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28140 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 28140 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COPPOLA IVAN N. IL 05/01/1988
avverso la sentenza n. 12684/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
03/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 45,aokx, C,1411,tum
che ha concluso per -ft 60(14.1..IR o e_w(5.7

Udito, per la parte civile, l’Avv 7
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Data Udienza: 17/06/2014

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con sentenza del 3.5.2012 la Corte di appello di Napoli – a seguito di
gravame interposto dall’imputato COPPOLA Ivan avverso la sentenza
emessa il 23.6.2011 dal Tribunale di Napoli – ha confermato detta
sentenza con la quale l’imputato è stato riconosciuto colpevole del reato
di cui all’art. 337 c.p. e 651 c.p. e condannato al pena di giustizia.

l’imputato deducendo:
2.1.difetto, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione avendo
travisato la prova in relazione alla deduzione difensiva in appello circa la
irrilevanza causale della condotta ascritta all’imputato rispetto
all’impedimento dei uno specifico atto di ufficio, essendo quella
contestata successiva al compimento di quest’ultimo consistito nella sua
avvenuta identificazione. Invero, la Corte territoriale nel rispondere che
la procedura di identificazione non era ancora completata ha travisato il
contenuto della prova desumibile dal verbale di arresto dello stesso
imputato che, invece, dava per avvenuta la identificazione; inoltre, non
ha dato conto della sproporzione dell’atto di accompagnamento in
vinculis degli arrestati rispetto alle esigenze di ufficio.
2.2.inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 349 c.p.p e 4 d.leg.vo
288/44 e mancanza di motivazione rispetto alla doglianza mossa in
appello circa la arbitrarietà dell’accompagnamento in vinculis siccome
non giustificata da elementi che potessero far ritenere che il Coppola
avesse fornito false generalità.
3.

Il ricorso è inammissibile.

4.

Il primo motivo è inammissibilmente volto a riproporre una questione di
fatto alla base della analoga doglianza in appello ed alla quale la Corte
territoriale, nel rigettarla, ha dato incensurabile risposta considerando
che le violenze e le minacce del ricorrente sono state poste in essere nel
corso della procedura di identificazione e prima che questa si
completasse mediante i necessari rilievi dattiloscopici e fotografici da
effettuarsi presso i competenti uffici ove il ricorrente – dopo la denuncia
sporta dagli addetti al traffico ferroviario – era stato accompagnato,
siccome sprovvisto di documenti d’identità.

5. Quanto al secondo motivo, costituisce «jus receptum» che ai fini
dell’applicazione della causa di giustificazione prevista dall’art. 4 del
D.Lgt.14 settembre 1944, n. 288, non basta che il pubblico ufficiale
1

2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione personalmente

ecceda dai limiti delle sue attribuzioni, ma è altresì necessario che tenga
una condotta improntata a malanimo, capriccio, sopruso, prepotenza nei
confronti del privato destinatario. (Fattispecie relativa all’esclusione della
scriminante in un caso di resistenza a pubblico ufficiale, in cui gli agenti
di P.G. avevano proceduto all’arresto a seguito dell’abnorme ed
ingiustificata reazione posta in essere dall’imputato a fronte di un invito
legittimamente rivoltogli ad essere accompagnato in Questura a fini di
identificazione) (Sez. 6, n. 5414 del 23/01/2009, P.G. in proc. Amara

6. Palesemente infondata è, quindi, la doglianza in ordine alla eccepita
arbitrarietà dell’accompagnamento in ordine al quale la Corte territoriale
si è espressa , evidentemente negandola, allorquando ha giustificato la
necessità di esso in ragione dell’assenza di documenti che
comprovassero la identità del ricorrente, in un contesto preceduto dal
rifiuto di rendere le proprie generalità

al personale ferroviario,

segnalando altresì correttamente la diversità del caso in esame rispetto
a quello oggetto del precedente giurisprudenziale allegato dalla difesa.
7. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 17.6.2014.

Rv. 242917).

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