Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28133 del 03/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28133 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
D’OCA MICHELE N. IL 13/07/1991
avverso la sentenza n. 3428/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
25/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SGADARI;

Data Udienza: 03/05/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La CORTE APPELLO di MILANO, con sentenza in data 25/02/2015, confermava la condanna alla
pena ritenuta di giustizia pronunciata dal GIP del TRIBUNALE di MILANO, in data 02/12/2013, nei
confronti di D’OCA MICHELE in relazione al reato di cui agli artt. 56, 110 e 628 CP
Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il seguente motivo: violazione di legge e vizio
di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell’imputato.
Il motivo è inammissibile.
Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, esula dai poteri della Corte di
cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui

legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le
più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante
criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente
da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
Sottolineando che era rimasto provato, attraverso le attendibili dichiarazioni della persona offesa,
l’intento minaccioso dell’imputato, che aveva strattonato la vittima per ottenere il possesso della
bicicletta ed anche per farsi consegnare il portafoglio, circostanze accompagnate dal posizionarsi
faccia a faccia rispetto alla vittima con atteggiamento non percepibile dagli altri astanti che si erano
allontanati.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento
della somma, che ritiene equa, di euro millecinquecento a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro millecinquecento alla cassa delle ammende.

Così deciso il 03/05/2016

valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di

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