Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28121 del 11/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28121 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NIANG MASSAMBA N. IL 16/05/1981
avverso la sentenza n. 1659/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
01/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/04/2014

1) Con sentenza in data 1.7.2013 la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Lecce, resa 1’8.4.2010, con la quale Niang Massamba era
stato condannato per i reati di cui agli artt.171 ter co.1 lett.c) L.633/1941 (capo a) e
648 c.p. (capo b), riconosceva in relazione a tale ultimo reato l’ipotesi di cui al comma
2 e riduceva la pena inflitta in primo grado a mesi 4, giorni 15 di reclusione ed euro
300,00 di multa.
Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando la mancanza,
illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza dei reati
contestati, nonché la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla
mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art.62 n. 4 c.p. ed alla
determinazione della pena.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, la Corte territoriale ha
ritenuto che dalle risultanze processuali emergesse una serie di elementi di natura
indiziaria o logica attestanti l’abusiva duplicazione dei supporti sequestrati e la
destinazione alla vendita degli stessi (pag.4-5 sent.), nonché l’avvenuta ricettazione
degli stessi (pag.7).
Ha, poi, correttamente, ritenuto non applicabile la sentenza della Corte di Giustizia
europea (emessa in data 8.11.2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert).
Questa Corte ha, con varie pronunce, rilevato che “tra le fattispecie penali in cui il
contrassegno è previsto come elemento negativo rientra quella di cui all’art.171 ter
lett.d) L.633/41 (nel testo modificato dalla legge 18.8.2000 n.248), che appunto
punisce chiunque detiene per la vendita supporti musicali, o audiovisivi,
cinematografici etc. privi del contrassegno SIAE. Tra tali fattispecie non rientra
invece quella di cui all’art.171 ter lett.c) L.633/41 (nel testo modificato dalla Legge
18.8.2000 n.248), appunto perché non prevede come elemento essenziale tipico la
mancanza del contrassegno in parola, ma punisce soltanto chiunque detiene a fini
commerciali supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla
duplicazione o riproduzione. In quest’ultimo caso, insomma, la mancanza del
contrassegno può essere semmai valutata come mero indizio della illecita duplicazione
o riproduzione, ma non assurge al ruolo costitutivo della condotta” (cfr.Cass.pen. sez.3
sent.n.334 del 12.2.2008,ric.Valentino).
E, ineccepibilmente, la pronuncia di condanna non ha ritenuto a carico del ricorrente,
come fonte di responsabilità, l’autonoma condotta della mancanza del timbro SIAE,
ma ha fatto derivare da tale mancanza una circostanza indiziante in ordine
all’avvenuta illecita riproduzione.
2.2) Con il ricorso si ripropongono le medesime censure già disattese dalla Corte
territoriale, richiedendosi una rivisitazione del materiale probatorio.
Tali censure non tengono conto, però, che il controllo demandato alla Corte di
legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi

OSSERVA

attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato,
senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il
giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i
risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle
acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito della
modifica dell’art.606 lette) c.p.p., con la L.46/06, il sindacato della Corte di
Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza,
contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da “altri atti del
processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di
legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo
quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e
di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida,
scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr.Cass.pen. sez.6 n.752 del 18.12.2006;
Cass.pen.sez.2 n.23419/2007-Vignaroli; Cass.pen. sez. 6 n. 25255 del 14.2.2012).
2.3) Altrettanto correttamente, la Corte di merito ha ritenuto non configurabile la
circostanza attenuante di cui all’art.62 n.4 c.p. (tenuto conto del numero di “più di
cento supporti illecitamente duplicati..”) e, nel riconoscere l’ipotesi attenuata di cui
all’art.648 cpv. c.p., ha tenuto conto, nella rideterminazione della pena, anche dei
numerosi precedenti penali specifici a carico dell’imputato.
Peraltro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata
motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena
sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti
essere sufficiente a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art.133 c.p.le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” (cfr. Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del
26.6.2009).
3) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore
della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
euro 1.000,00, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma l’ 11.4.2014

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