Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28103 del 20/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28103 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIONELLO ROBERTO N. IL 02/12/1959
avverso la sentenza n. 3550/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
24/09/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 20/04/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado,
DIONELLO ROBERTO fu ritenuto responsabile del furto di un’autovettura e di guida
in stato di ebbrezza e condannato alla pena di un anno, 20 giorni di reclusione ed
€250 di multa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente

qualificazione giuridica del fatto, che più correttamente andava inquadrato nella
ricettazione, considerato il lasso di tempo intercorso tra il furto e l’accertamento; si
deduce inoltre inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato dell’imputato, riferite dal
teste di polizia giudiziaria e vizio di motivazione in ordine alla guida in stato di
ebbrezza, poiché l’imputato non fu sorpreso alla guida;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, poiché, quanto al primo motivo, è
evidente il difetto di interesse dell’imputato ad ottenere la qualificazione del fatto in
termini di maggiore gravità; peraltro la doglianza proposta per la prima volta in
sede di legittimità e la riqualificazione richiederebbe un accesso e confronto con il
contenuto probatorio degli atti e con la sua valutazione di merito, non consentito in
sede di legittimità;
– che con riferimento agli altri motivi, ne va affermata la genericità, poiché il reato
di guida in stato di ebbrezza non è stato accertato sulla base delle dichiarazioni
dell’imputato, ma perché questi fu trovato intento smontare una ruota del veicolo,
appena coinvolto in un incidente, e non fu riscontrata la presenza di altra persona,
se non l’occupante dell’altro veicolo;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni
profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui
importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle

l’imputato, denunciando erronea applicazione di legge penale in relazione alla

ammende.
Così deciso in Roma, il 20 aprile 2016
Il presidente

Il consigliere estensore

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