Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28085 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28085 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPALLINO ANTONINO N. IL 01/08/1944
avverso l’ordinanza n. 1779/2012 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
27/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere DO. MARIA VESSICHELL1;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. l)
-e

Uditi difensor Avv.;

egba t,.22(

Data Udienza: 12/04/2013

Fatto e diritto

Propone ricorso per cassazione Spellino Antonino (cl 1944) avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di
Palermo in data 27 dicembre 2012 con la quale, in parziale accoglimento dell’appello del pubblico ministero
contro l’ordinanza del locale Gip, che aveva rigettato- per mancanza delle esigenze cautelari quanto al capo
C e degli indizi di colpevolezza quanto al capo D- la richiesta di applicazione della misura cautelare della
custodia in carcere in ordine a due ipotesi di concorso nella intestazione fittizia di beni, ex articolo 12
coercitiva della custodia in carcere con riferimento una sola delle due ipotesi: e precisamente quella di cui
al capo C) dell’imputazione provvisoria, contenente la contestazione della intestazione fittizia, in favore di
Spallino servizi S.r.l., di un ramo di azienda di Ecolsicula S.r.l. al fine sottrarre il bene all’applicazione delle
norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale.
Secondo l’ipotesi accusatoria, l’indagato aveva consentito a Nastasi Antonino e a Italia Antonina- dopo
l’arresto del primo, avvenuto nel 1997, per i delitti di partecipazione ad associazione mafiosa e di omicidio
plurimo, aggravato, e dopo che, in quell’occasione, le quote della predetta società Ecolsicula erano state (al
50%) fittiziamente da quelli intestate a Spallino Gaspare- di ulteriormente trasferire fittiziamente a terzi un
ramo d’azienda della predetta società: e ciò, dopo avere acquisito la proprietà delle quote (nei limiti della
percentuale detta) di Ecolsicula per via ereditaria, a seguito del decesso di Spallino Gaspare.
E tale ultimo trasferimento, sempre finalizzato ad eludere la normativa in materia di misure di prevenzione
patrimoniale, era stato formalizzato dal ricorrente ,mediante la cessione del detto ramo di azienda,
formalizzata il 3 novembre 2006, a Spallino servizi S.r.I., amministrata come detto, dal medesimo.
Tale condotta sarebbe stata realizzata al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa denominata
Cosa Nostra.
Secondo l’ipotesi accreditata dal Tribunale del riesame, cioè, la intestazione fittizia realizzata da ultimo, nel
2006, non aveva impedito agli effettivi titolari del 50% delle quote di Ecolsicula, ossia a Nastasi Antonino e
alla moglie, di percepire i frutti dell’attività societaria, come dimostrato dal fatto , emerso dalle
intercettazioni, che Italia Antonino, grazie all’interessamento e le pressioni dell’indagato Sacco Santo
nonché alla attività materiale di un dipendente della società (Vella) ,percepiva settimanalmente somme di
danaro da parte degli Spallino, provenienti dall’attività, dapprima di Ecolsicula e poi della Spallino servizi.
Il Tribunale del riesame disattendeva anche il giudizio del gip secondo cui il sequestro preventivo della
Spallino servizi S.r.I., nelle more intervenuto, aveva fatto cessare ogni esigenza cautelare, in ragione delle
diverse finalità della misura personale di quella patrimoniale.
Riteneva inoltre che ricorresse l’aggravante dell’articolo 7 in ragione del beneficio assicurato a Nastasi
quale esponente di spicco di Cosa nostra, già condannato all’ergastolo.
Affermava, infine, la sussistenza di esigenze cautelari presunte ai sensi dell’articolo 275 comma tre c.p. p.
Deduce la difesa ricorrente
1)il vizio totale di motivazione in ordine alle deduzioni difensive volte dimostrare che Italia Antonina
vantava dei crediti nei confronti della Ecolsicula, posto tra l’altro che, alle dipendenze della stessa,
essa aveva svolto attività lavorativa per oltre 10 anni, ricevendo le competenze di fine rapporto in
maniera saltuaria e irregolare.

quinquies di n. 306 del 1992, aggravate ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991, ha disposto la predetta misura

Ugualmente difettosa era la motivazione sulla deduzione difensiva riguardante la mancanza di
qualsiasi dimostrazione di ingerenza dei coniugi Nastasi nella attività della società ceduta e di quella
che aveva acquisito il ramo d’azienda dell’altra;
2) l’erronea applicazione dell’articolo 7 d.l. n. 152 del 1991.
La difesa aveva segnalato nella memoria depositata, le pagine dell’ordinanza reiettiva del Gip dalle
quali emergeva che le somme di danaro percepite da Nastasi Italia erano soltanto quelle destinate
soddisfare i bisogni primari ed essenziali della donna, dei suoi figli e del marito detenuto.
Oltre a non replicare a tali rilievi, il Tribunale aveva apoditticamente ed anche illegittimamente
affermato che la esistenza del semplice rapporto economico con il Nastasi valeva di integrare la
Ma un simile assunto era in insanabile contrasto con quanto lo stesso Tribunale del riesame, nel
diverso procedimento riguardante la posizione dell’ indagata nel medesimo reato, Italia Antonina
(ord. del 27 dicembre 2012), aveva affermato: e cioè che la condotta di intestazione fittizia
accertata non risultava anche posta in essere per agevolare Cosa nostra e tantomeno con metodo
mafioso, essendo emerso, piuttosto, che, con la condotta accertata, Italia Antonina tentasse
esclusivamente di garantire il soddisfacimento delle minime esigenze di vita della propria famiglia di
sangue.
Per tale ragione, il Tribunale, ritenuto di escludere l’aggravante speciale, aveva anche evidenziato
che il reato in contestazione deve ritenersi prescritto dopo sei anni dalla sua presunta commissione.
Identiche considerazioni erano state formulate dallo stesso Tribunale del riesame nell’ordinanza del
31 dicembre 2012 emessa nei confronti di Nastasi Antonino, nel separato procedimento cautelare.
Con riferimento a tali provvedimenti, divenuti oggetto di giudicato cautelare per mancanza di
impugnazione, la difesa chiede l’applicazione del principio estensivo degli effetti dell’impugnazione
ai sensi dell’articolo 587 cpp (Sezioni unite, sentenza numero 41 del 1995, RV 203625; conformi RV
207909; RV 225644; RV 229193) e comunque l’autonomo riconoscimento dell’insussistenza della
aggravante dell’articolo sette e della prescrizione del reato ancor prima dell’emissione del
provvedimento del Gip;
3) il vizio della motivazione con riferimento alle esigenze cautelari, tenuto conto che la presunzione di
cui all’articolo 275 comma 3 c.p.p. deve ritenersi relativa e superabile nonché superata, in concreto,
dal rilievo dell’avvenuto sequestro dell’unico strumento (la Spallino servizi S.r.l.) che avrebbe
potuto giuridicamente consentire la reiterazione dell’illecito.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Non si ritiene che ricorra una ipotesi di necessaria estensione degli effetti favorevoli di una decisione
assunta nell’incidente cautelare .
Ed invero la giurisprudenza di legittimità, sull’argomento, ha preso le mosse dal rilievo che
l’estensione degli effetti favorevoli della decisione emessa nel procedimento cautelare de libertate
ai coindagati non impugnanti presuppone che il procedimento incidentale si svolga in modo
unitario e cumulativo e riguardi la posizione di coloro che non vi abbiano preso parte per non aver
neppure proposto l’impugnazione o perché il loro gravame sia stato dichiarato inammissibile (Sez.
6, Sentenza n. 24695 del 23/04/2007 Cc. (dep. 21/06/2007) Rv. 236977).
Se ne è fatto discendere il corollario secondo cui nel caso in cui,

invece, siano introdotti

autonomamente più procedimenti incidentali, la frammentazione e la loro autonomia permettono,
per il margine di discrezionalità del giudice nella valutazione delle singole posizioni, una diversità di
valutazioni e decisioni che, avendo natura provvisoria e strumentale, impedisce l’applicabilità
dell’articolo 587 cod. proc. pen.( Sez. 2, Sentenza n. 6273 del 14/12/1999 Cc. (dep. 02/03/2000 )

prova della aggravante speciale di cui all’articolo 7.

Rv. 216353; conforme Sez. 6, Sentenza n. 35331 del 15/04/2003 Cc. (dep. 09/09/2003 ) Rv.
226324).
La giurisprudenza ha successivamente ribadito, invero in tema di misure cautelari reali, che il
carattere dell’unitarietà del procedimento, quale presupposto per l’operatività del detto

effetto

estensivo dell’impugnazione (affermato da SSUU sent. n. 34623 del 2002 rv 222261), può ritenersi
non mancante solo nel caso in cui uno o più dei coindagati abbia soltanto anticipato, rispetto agli
altri, il ricorso contro il medesimo e unitario provvedimento in materia cautelare emesso
nell’incidente di merito (Sez. U, Sentenza n. 19046 del 29/03/2012 Cc. (dep. 18/05/2012 ) Rv.
252529).
emesse in procedimenti incidentali instaurati dal pubblico ministero avverso il provvedimento
reiettivo e cumulativo del gip: procedimenti distinti ed autonomi rispetto a quelli ugualmente
instaurati dal pubblico ministero e relativi alle posizioni di altri indagati . Con la conseguenza che
difetta uno dei requisiti fondanti per la richiesta di applicazione del menzionato principio.
A ciò va aggiunto che il riconoscimento dell’effetto estensivo della pronuncia favorevole del tribunale
del riesame, resa in diversi procedimenti incidentali , viene richiesto per la prima volta a questa
corte di cassazione in assenza della dimostrazione della definitività di quelle stesse pronunce.
Nel merito va rilevato che, ad avviso del Collegio, i motivi di impugnazione che riguardano la motivazione
sulla esistenza di gravi indizi in ordine alla fattispecie contestata sono infondati.
Invero, al limite della inammissibilità sono i rilievi che attingono la fattispecie di reato, tenuto conto che le
osservazioni difensive si risolvono nella sollecitazione, rivolta a questa Corte di legittimità, di valutare il
materiale indiziario in termini alternativi rispetto a quanto effettuato, con doppia valutazione conforme sul
punto, dai giudici del merito.
Le considerazioni sulla natura e sulla causale, legittime, delle percezioni di danaro da parte della Antonina
non sono altro che una prospettazione di diversa ricostruzione dei fatti, che trascura la ricognizione dei
pregressi passaggi di proprietà e delle loro causali, come accreditata nel provvedimento impugnato.

Non può non notarsi, tuttavia, come la motivazione esibita dal Tribunale del riesame , per giustificare la
sussistenza del aggravante speciale dell’articolo 7, sia del tutto inadeguata e contrastante con la
giurisprudenza di legittimità la quale pretende, con indirizzo su questo punto univoco, che, affinché l’aiuto
fornito al capo o a un esponente di spicco di un’organizzazione mafiosa possa dirsi finalizzato ad agevolare
l’attività dell’intera associazione di tipo mafioso, occorre che si concretizzi in una condotta da volta a fargli
dirigere, da latitante ovvero, come nel caso di specie, da recluso, l’associazione stessa, così
concretizzandosi in un aiuto all’associazione la cui operatività sarebbe altrimenti compromessa . Sotto il
profilo soggettivo, poi, occorre la dimostrazione, anche solo sul piano indiziario, che l’intenzione
dell’agente fosse quella di favorire anche l’associazione e cioè risulti che abbia prestato consapevolmente
aiuto, in tale prospettiva, al capomafia ( v. tra le molte, Sez. 5, Sentenza n. 6199 del 30/11/2010 Ud.
(dep. 18/02/2011 ) Rv. 249297).
Diversamente, si deve tenere distinto l’aiuto prestato alla persona da quello prestato all’associazione e
potendosi ravvisare l’aggravante soltanto nel secondo caso, quando cioè si accerti la oggettiva
funzionalità della condotta all’agevolazione dell’attività posta in essere dall’organizzazione criminale (Sez.
6, Sentenza n. 13457 del 28/02/2008 Cc. (dep. 31/03/2008) Rv. 239412).

Resta in conclusione fermo nel caso di specie il rilievo che le misure cautelari impugnate sono state

Nel caso di specie il giudice del riesame ha valorizzato soltanto il dato della destinazione, di una parte dei
proventi della società ad intestazione parzialmente fittizia, a Nastasi Antonino, il quale essendo ristretto
in carcere avrebbe, altrimenti, potuto dissociarsi dall’organizzazione mafiosa a causa della lunghissima
carcerazione.
Si tratta, com’è evidente, di una motivazione apparente che pone del tutto apoditticamente in relazione il
flusso di somme di danaro verso il detenuto ( senza nemmeno dare atto della entità e della concreta
destinazione delle somme in questione) e le sue concrete possibilità di continuare a svolgere un’attività di
rilevanza penale che, da sola, giustificherebbe persino la riemissione di un titolo custodiale per i nuovi
fatti posti in essere stato di restrizione ma che risulta preconizzata in maniera assertiva e del tutto teorica.
configurazione, nel provvedimento impugnato, della aggravante speciale dell’articolo 7, deve disporsi
l’annullamento con rinvio del provvedimento medesimo perché la lacuna argomentativa venga colmata
ove ne ricorrano i presupposti.
A ciò va aggiunto il rilievo, in verità recessivo per quanto detto, della inadeguatezza della motivazione sulla
configurabilità delle esigenze cautelari, effettuata in termini esclusivamente presuntivi, essendo
intervenuta, nelle more, la sentenza della Corte costituzionale n. 57 del 3 aprile 2013 che non lo
consente, nella materia de qua, quanto al tema della adeguatezza della misura.
PQ M
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo esame. Manda alla cancelleria
le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. cpp.
oma 12 prile 2013
te

il Cons. est.

Per tali motivi, dovendosi affermare allo stato la mancanza di una adeguata motivazione in ordine alla

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