Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28084 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28084 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPALLINO RAFFAELLA N. IL 14/05/1974
avverso l’ordinanza n. 1779/2012 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
27/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
nei
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. e),,
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Uditi difensor Avv.; 0.~[evele. C

Data Udienza: 12/04/2013

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Spallino Raffaella (cl. 1974) avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di
Palermo in data 27 dicembre 2012 con la quale è stato parzialmente accolto l’appello del pubblico
ministero contro l’ordinanza del locale Gip che aveva rigettato- per mancanza di esigenze cautelari quanto
al capo C e degli indizi di colpevolezza quanto al capo D- la richiesta di applicazione della misura cautelare
della custodia in carcere in ordine a due ipotesi di concorso nella intestazione fittizia di beni, ex articolo 12
quinquies di n. 306 del 1992, aggravate ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991.
Per l’effetto il Tribunale ha disposto la predetta misura coercitiva, nella forma però degli arresti domiciliari,
quella di cui al capo C) dell’imputazione provvisoria, contenente la contestazione della intestazione fittizia,
in favore di Spallino servizi S.r.l., di un ramo di azienda di Ecolsicula S.r.l. al fine sottrarre il bene
all’applicazione delle norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale.
Secondo l’ipotesi accusatoria, l’indagata aveva consentito a Nastasi Antonino e a Italia Antonina- dopo
l’arresto del primo, avvenuto nel 1997, per i delitti di partecipazione ad associazione mafiosa e di omicidio
plurimo, aggravato, e dopo che, in quell’occasione, le quote della predetta società Ecolsicula erano state (al
50%) fittiziamente da quelli intestate a Spallino Gaspare- di ulteriormente trasferire fittiziamente a terzi un
ramo d’azienda della predetta società: e ciò, dopo avere acquisito la proprietà delle quote (nei limiti della
percentuale detta) di Ecolsicula per via ereditaria, a seguito del decesso del proprio padre Spallino
Gaspare.
Tale ultimo trasferimento, sempre finalizzato ad eludere la normativa in materia di misure di prevenzione
patrimoniale, era stato formalizzato dalla ricorrente unitamente al fratello di Gaspare, Antonino, mediante
la cessione del detto ramo di azienda, formalizzata il 3 novembre 2006, a Spallina servizi S.r.l., amministrata
come detto, da Spallino Antonino, zio dell’indagata.
La condotta sarebbe stata realizzata al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa denominata
Cosa Nostra.
Secondo l’ipotesi accreditata dal Tribunale del riesame, cioè, la intestazione fittizia realizzata da ultimo, nel
2006, non aveva impedito agli effettivi titolari del 50% delle quote di Ecolsicula, ossia a Nastasi Antonino e
alla moglie, di percepire i frutti dell’attività societaria, come dimostrato dal fatto , emerso dalle
intercettazioni, che Italia Antonino, grazie all’interessamento e alle pressioni dell’indagato Sacco Santo
nonché alla attività materiale di un dipendente della società (Vella) ,percepiva settimanalmente somme di
danaro da parte degli Spallino, provenienti dall’attività, dapprima di Ecolsicula e poi della Spallino servizi.
Il Tribunale del riesame disattendeva anche il giudizio del Gip secondo cui il sequestro preventivo della
Spallina servizi S.r.l., nelle more intervenuto, aveva fatto cessare ogni esigenza cautelare, in ragione delle
diverse finalità della misura personale rispetto a quelle della misura patrimoniale.
Riteneva inoltre che ricorresse l’aggravante dell’articolo 7 in ragione del beneficio assicurato a Nastasi
quale esponente di spicco di Cosa nostra, già condannato all’ergastolo.
Affermava, infine, la sussistenza di esigenze cautelari presunte ai sensi dell’articolo 275 comma tre c.p. P.
Deduce la difesa ricorrente
1)il vizio totale di motivazione in ordine alle deduzioni difensive volte a dimostrare che Italia Antonina
vantava dei crediti nei confronti della Ecolsicula, posto tra l’altro che, alle dipendenze della stessa,

perché relativa a madre di prole sotto i tre anni, e con riferimento una sola delle due ipotesi: precisamente

A

essa aveva svolto attività lavorativa per oltre 10 anni, ricevendo le competenze di fine rapporto in
maniera saltuaria e irregolare.
Ugualmente difettosa era la motivazione sulla deduzione difensiva riguardante la mancanza di
qualsiasi dimostrazione di ingerenza dei coniugi Nastasi nella attività della società ceduta e in quella
che aveva acquisito il ramo d’azienda dell’altra;
2) l’erronea applicazione dell’articolo 7 d.l. n. 152 del 1991.
La difesa aveva segnalato nella memoria depositata, le pagine dell’ordinanza reiettiva del Gip dalle
quali emergeva che le somme di danaro percepite da Nastasi Italia erano soltanto quelle destinate
soddisfare i bisogni primari ed essenziali della donna, dei suoi figli e del marito detenuto.
affermato che la esistenza del semplice rapporto economico con il Nastasi valeva di integrare la
prova della aggravante speciale di cui all’articolo 7.
Ma un simile assunto era in insanabile contrasto con quanto lo stesso Tribunale del riesame, nel
diverso procedimento riguardante la posizione dell’ indagata nel medesimo reato, Italia Antonina
(ord. del 27 dicembre 2012), aveva affermato: e cioè che la condotta di intestazione fittizia
accertata non risultava anche posta in essere per agevolare Cosa nostra e tantomeno con metodo
mafioso, essendo emerso, piuttosto, che, con la condotta accertata, Italia Antonina tentasse
esclusivamente di garantire il soddisfacimento delle minime esigenze di vita della propria famiglia di
sangue.
Per tale ragione, il Tribunale, ritenuto di escludere l’aggravante speciale, ha anche evidenziato che il
reato in contestazione deve ritenersi prescritto dopo sei anni dalla sua presunta commissione.
Identiche considerazioni erano state formulate dallo stesso Tribunale del riesame nell’ordinanza del
31 dicembre 2012 emessa nei confronti di Nastasi Antonino, nel separato procedimento cautelare.
Con riferimento a tali provvedimenti, divenuti oggetto di giudicato cautelare per mancanza di
impugnazione, la difesa chiede l’applicazione del principio estensivo degli effetti dell’impugnazione
ai sensi dell’articolo 587 cpp (Sezioni unite, sentenza numero 41 del 1995, RV 203635; conformi RV
207909; RV 225644; RV 229193) e comunque l’autonomo riconoscimento dell’insussistenza
dell’aggravante dell’articolo 7 e della prescrizione del reato ancor prima dell’emissione del
provvedimento del Gip;
3) il vizio della motivazione con riferimento alle esigenze cautelari, tenuto conto che la presunzione di
cui all’articolo 275 comma 3 c.p.p. deve ritenersi relativa e superabile nonché superata, in concreto,
dal rilievo dell’avvenuto sequestro dell’unico strumento (la Spallino servizi S.r.l.) che avrebbe
potuto giuridicamente consentire la reiterazione dell’illecito.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Non si ritiene che ricorra una ipotesi di necessaria estensione degli effetti favorevoli di una decisione
assunta nell’incidente cautelare.
Ed invero la giurisprudenza di legittimità, sull’argomento, ha preso Eany le mosse dal rilievo che
l’estensione degli effetti favorevoli della decisione emessa nel procedimento cautelare de libertate ai
coindagati non impugnanti presuppone che il procedimento incidentale si svolga in modo unitario e
cumulativo e riguardi la posizione di coloro che non vi abbiano preso parte per non aver neppure proposto
l’impugnazione o perché il loro gravame sia stato dichiarato inammissibile (Sez. 6, Sentenza n. 24695 del
23/04/2007 Cc. (dep. 21/06/2007) Rv. 236977).
Se ne è fatto discendere il corollario secondo cui nel caso in cui, invece, siano introdotti autonomamente
più procedimenti incidentali, la frammentazione e la loro autonomia permettono, per il margine di
discrezionalità del giudice nella valutazione delle singole posizioni, una diversità di valutazioni e decisioni

Oltre a non replicare tali rilievi il Tribunale aveva apoditticamente ed anche illegittimamente

che, avendo natura provvisoria e strumentale, impedisce l’applicabilità dell’articolo 587 cod. proc. pen.(
Sez. 2, Sentenza n. 6273 del 14/12/1999 Cc. (dep. 02/03/2000) Rv. 216353; conforme Sez. 6, Sentenza n.
35331 del 15/04/2003 Cc. (dep. 09/09/2003 ) Rv. 226324).
La giurisprudenza ha successivamente ribadito, in tema di misure cautelari reali, che il carattere
dell’unitarietà del procedimento, quale presupposto per l’operatività del detto effetto estensivo
dell’impugnazione (affermato da SSUU sent. n. 34623 del 2002 rv 222261), può ritenersi non mancante nel
solo caso in cui uno o più dei coindagati abbia soltanto anticipato, rispetto agli altri, il ricorso contro il
medesimo e unitario provvedimento in materia cautelare emesso nell’incidente di merito (Sez. U, Sentenza
n. 19046 del 29/03/2012 Cc. (dep. 18/05/2012 ) Rv. 252529).
in procedimenti incidentali instaurati dal pubblico ministero avverso il provvedimento reiettivo e
cumulativo del Gip: il procedimento in esame è dunque distinto ed autonomo rispetto a quelli ulteriori,
instaurati dal pubblico ministero e relativi alle posizioni di altri indagati . Con la conseguenza che difetta
uno dei requisiti fondanti per la richiesta di applicazione del menzionato principio.
A ciò va aggiunto che il riconoscimento dell’effetto estensivo della pronuncia favorevole del Tribunale del
riesame , resa in diversi procedimenti incidentali , viene richiesto per la prima volta a questa Corte di
cassazione, in assenza della dimostrazione della definitività di quelle stesse pronunce.
Nel merito va rilevato che, ad avviso del Collegio, i motivi di impugnazione che riguardano la motivazione
sulla esistenza di gravi indizi in ordine alla fattispecie contestata ,sono infondati.
Invero, al limite della inammissibilità sono i rilievi che attingono la fattispecie di reato, tenuto conto che le
osservazioni difensive si risolvono nella sollecitazione, rivolta a questa Corte di legittimità, di valutare il
materiale indiziario in termini alternativi rispetto a quanto effettuato, con doppia valutazione conforme sul
punto, dai giudici del merito.
Le considerazioni sulla natura e sulla causale, legittime, delle percezioni di danaro da parte della Antonina
non sono altro che una prospettazione di diversa ricostruzione dei fatti, che trascura la ricognizione dei
pregressi passaggi di proprietà e delle loro causali, come accreditata nel provvedimento impugnato.
Non può non notarsi, tuttavia, come la motivazione esibita dal Tribunale del riesame , per giustificare la
sussistenza del aggravante speciale dell’articolo 7, sia del tutto inadeguata e contrastante con la
giurisprudenza di legittimità la quale pretende, con indirizzo su questo punto univoco, che, affinché l’aiuto
fornito al capo o a un esponente di spicco di un’organizzazione mafiosa possa dirsi finalizzato ad agevolare
l’attività dell’intera associazione di tipo mafioso, occorre che si concretizzi in una condotta da volta a fargli
dirigere, da latitante ovvero, come nel caso di specie, da recluso, l’associazione stessa, così concretizzandosi
in un aiuto all’associazione la cui operatività sarebbe altrimenti compromessa . Sotto il profilo soggettivo,
poi, occorre la dimostrazione, anche solo sul piano indiziario, che l’intenzione dell’agente fosse quella di
favorire anche l’associazione e cioè risulti che abbia prestato consapevolmente aiuto, in tale prospettiva, al
capomafia (v. tra le molte, Sez. 5, Sentenza n. 6199 del 30/11/2010 Ud. (dep. 18/02/2011 ) Rv. 249297).
Diversamente, si deve tenere distinto l’aiuto prestato alla persona da quello prestato all’associazione e
potendosi ravvisare l’aggravante soltanto nel secondo caso, quando cioè si accerti la oggettiva funzionalità
della condotta all’agevolazione dell’attività posta in essere dall’organizzazione criminale (Sez. 6, Sentenza n.
13457 del 28/02/2008 Cc. (dep. 31/03/2008 ) Rv. 239412).
Si tratta, com’è evidente, di una motivazione apparente che pone del tutto apoditticamente in relazione il
flusso di somme di danaro verso il detenuto ( senza nemmeno dare atto della entità e della concreta
destinazione delle somme in questione) e le sue concrete possibilità di continuare a svolgere un’attività di

Resta in conclusione fermo nel caso di specie il rilievo che le misure cautelari impugnate sono state emesse

1.

rilevanza penale che, da sola, giustificherebbe persino la riemissione di un titolo custodiale per i nuovi fatti
posti in essere stato di restrizione ma che risulta preconizzata in maniera assertiva e del tutto teorica.
Per tali motivi, dovendosi affermare allo stato la mancanza di una adeguata motivazione in ordine alla
configurazione, nel provvedimento impugnato, della aggravante speciale dell’articolo 7, deve disporsi
l’annullamento con rinvio del provvedimento medesimo perché la lacuna argomentativa venga colmata ove
ne ricorrano i presupposti.
Fondato è anche l’ultimo motivo di ricorso.

Il giudice, nell’applicare la misura degli arresti domiciliari, ha formulato una valutazione delle esigenze
motivare sugli elementi obiettivi che, pure, avevano formato oggetto di deduzione da parte della difesa, nel
senso di sostenere, conformemente a quanto ritenuto dal primo giudice, che non sussistessero le esigenze
stesse.
In particolare, il Tribunale ha assertivamente affermato che il pericolo di ripetizione di fatti analoghi non
sarebbe escluso dalla esecuzione della misura reale sull’oggetto della condotta, senza indicare gli elementi
concreti ed obiettivi a sostegno di tale presunzione, elementi che devono concernere il giudizio di probabile
ripetizione del reato e che non possono essere desunti dalle finalità processuali e giuridiche della misura
reale, comunque esistente ed attuata.

PQ M
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo per nuovo esame.
Ro 12

il

2013
il Cons. est.

cautelari in termini esclusivamente presuntivi, ai sensi dell’art. 275 comma 3 cpp, senza sostanzialmente

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