Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2807 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2807 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALLIGARO LORETTA N. IL 02/09/1960
avverso la sentenza n. 1893/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
28/09/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ft. I1
(? 0 P0 1—0(
che ha concluso per
)- ter
Ci~
c)–CCSA

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 17/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 28-9-2010 la Corte d’Appello di Ancona, confermando quella in data 1411-2007 del Tribunale di Ascoli Piceno, riconosceva la responsabilità di Lorena
CALLIGARO, quale amministratore della SDB Distribution Holding srl, dichiarata fallita il
20-11-2003, per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e bancarotta
documentale semplice (quest’ultimo reato così riqualificato dopo l’originaria

2. Ricorre avverso tale decisione l’imputata, tramite il difensore, con dieci motivi.
3. Il primo ed il secondo investono con le censure, rispettivamente di violazione di legge e
vizio di motivazione, la sussistenza dell’elemento oggettivo della bancarotta per
distrazione. Sotto il primo profilo si osserva, premesso che il veicolo oggetto del reato
era, secondo il giudice di primo grado, vetusto e di valore piuttosto modesto, che la sua
distrazione era stata semplicemente presunta, in violazione degli artt. 192, comma 2 e
530, comma 2, cod. proc. pen., sotto il secondo che la sentenza era contraddittoria
laddove, da un lato, aveva presunto tale distrazione, dall’altro aveva ancorato
l’affermazione di responsabilità a imprecisati ‘fattori di prova storica, documentale e
logica’.
4. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge in ordine al riconoscimento in
entrambe le sentenze del dolo della bancarotta patrimoniale in mancanza, stante anche
il limitato valore del bene, dell’indicazione degli elementi a sostegno dell”intento
pregiudizievole della Calligaro nei confronti dei creditori’.
5. Il quarto, quinto e sesto motivo investono l’affermazione di responsabilità per la
bancarotta documentale semplice rispettivamente per: a) violazione di legge quanto
all’elemento oggettivo (mancata prova dell’idoneità della condotta ad incidere
sull’interesse tutelato: l’imputata aveva consegnato al curatore i dischetti contenenti la
contabilità, che questi aveva dichiarato, in assenza di riscontri al riguardo, di non essere
riuscito a leggere nonostante l’intervento di tecnici), b) violazione di legge quanto
all’elemento soggettivo per mancata indicazione delle prove di colpevolezza, c)
mancanza di motivazione quanto al medesimo elemento del reato.
6. Con il settimo e l’ottavo motivo si deduce mancanza assoluta di motivazione in ordine
alla mancata concessione di attenuati generiche e della sospensione condizionale della
pena.
7. Nono motivo: erronea applicazione dell’art. 37 cod. pen. per mancata determinazione
della durata delle pene accessorie nella stessa misura della pena principale.
8. Con il decimo motivo si eccepisce la prescrizione della bancarotta semplice.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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contestazione di bancarotta fraudolenta documentale).

1. Va in primo luogo rilevata la tempestività del ricorso.
2. Invero, successivamente all’ordinanza del 5-12-2011 con la quale questa corte aveva
disposto la trasmissione degli atti alla corte di appello di Ancona per la notifica
dell’estratto contumaciale della sentenza alle imputate (la Calligaro e la coimputata non
ricorrente Donatella Amendola) prive di difensore di fiducia, l’estratto contumaciale era
notificato alla Calligaro in data 16-1-2012, e il ricorso era presentato, nei termini, il 142-2012.

4. Al riguardo, quanto al primo e al secondo motivo, che investono l’elemento oggettivo
della bancarotta fraudolenta patrimoniale, basterà osservare che il principio presuntivo
al quale si è uniformata la corte del territorio -secondo il quale in tale materia la prova
della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere
desunta dalla mancata dimostrazione, ad opera dell’amministratore, della destinazione
dei beni suddetti se, essendone certa la preesistenza, essi non siano reperiti dal
curatore fallimentare, in assenza di giustificazioni circa l’impiego o l’incolpevole
consumazione di essi- risponde ad un consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità, ancora di recente ribadito (Cass. 22894/2013, 7588/2011, 7048/2008), che,
a fini di salvaguardia degli interessi del ceto creditorio dell’impresa fallita, pone a carico
dell’accusa l’onere di dimostrare la presenza del bene nel patrimonio aziendale e a
carico della difesa quello di giustificarne il mancato ritrovamento in sede fallimentare.
9. Né ha maggior fondamento la censura di contraddittorietà della sentenza laddove la
decisione, avendo presunto la distrazione, aveva poi ancorato la pronuncia di
responsabilità ad imprecisati ‘fattori di prova storica, documentale e logica’. Non solo,
infatti, si tratta di affermazione riferita, in via generale, ad entrambe le imputate (una
delle quali non ricorrente), ma è comunque innegabile che il principio presuntivo
utilizzato costituisca prova logica.
10.E’ invece il ricorso ad essere contraddittorio allorché, lamentando con il terzo motivo
violazione di legge in ordine al riconoscimento da parte dei giudici di merito della
sussistenza del dolo della bancarotta patrimoniale pur in assenza di elementi a sostegno
dell”intento pregiudizievole della Calligaro nei confronti dei creditori’, dimentica di aver
poco prima correttamente ricordato che, per la ricorrenza dell’elemento psicologico del
reato, basta la consapevolezza che l’atto cagioni danno o possibilità di danno alla massa
creditoria. Trattandosi infatti di reato di pericolo, esso sanziona anche condotte
potenzialmente idonee a pregiudicare le ragioni creditorie, non essendo dunque
necessario, per la sua sussistenza, la prova che la condotta abbia causato un effettivo
pregiudizio ai creditori, e il dolo che lo connota è quello generico per la cui sussistenza è
sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa
da quella di garanzia delle obbligazioni contratte, non necessitando né la

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3. Ciò posto, l’impugnazione è inammissibile per manifesta infondatezza.

consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio
ai creditori (Cass. 3229/2012, 11633/2012, 11899/2010).
5. Anche il quarto, quinto e sesto motivo sono affetti da manifesta infondatezza.
6.

L’invocata violazione di legge in ordine al riconoscimento dell’elemento oggettivo della
bancarotta documentale semplice per mancanza di prova dell’idoneità della condotta ad
incidere sull’interesse tutelato, è palesemente insussistente se si considera che
l’imputata non aveva consegnato al curatore le scritture contabili ma solo dei dischetti
computer

nonostante il curatore, secondo quanto dallo stesso dichiarato, si fosse avvalso
dell’intervento di tecnici informatici. Né tale affermazione necessitava, contrariamente a
quanto sostenuto nel ricorso, di riscontri, essendo pacifico, per giurisprudenza di questa
corte, che è configurabile il delitto di bancarotta semplice documentale nel caso di
perdita, per negligenza o imprudenza, della memoria informatica del

computer

contenente le annotazioni delle indicazioni contabili, in quanto la previsione di cui
all’ultimo comma dell’art. 2220 cod. civ. consente la conservazione delle scritture e dei
documenti di cui alla stessa disposizione sotto forma di registrazioni su supporti di
immagini, sempre che le registrazioni corrispondano ai documenti e possano in ogni
momento essere rese leggibili, il che non è avvenuto nella specie, con mezzi messi a
disposizione dal soggetto che utilizza detti supporti (Cass. 35886/2009).
7.

Le censure sull’elemento psicologico della bancarotta documentale semplice si pongono
poi in assoluto e insanabile contrasto con i consolidati approdi della giurisprudenza di
questa corte in tema di integrazione di tale reato sotto il profilo soggettivo, per il quale
sono indifferenti il dolo o la colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e
volontà o anche per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili (Cass.
48523/2011), in ciò tra l’altro differenziandosi la bancarotta semplice da quella
fraudolenta che esige invece il dolo, specifico o generico, a seconda delle due diverse
previsioni di cui all’art. 216 legge fall.. Nella specie l’illeggibilità dei supporti informatici
forniti al curatore discende, nella migliore delle ipotesi, da colpa della prevenuta, non
ravvisandosi quindi la necessità dell’indicazione di ulteriori prove di colpevolezza né di
particolare motivazione al riguardo.

11.Del tutto priva di spessore è poi la censura, dedotta con il settimo e l’ottavo motivo, di
difetto assoluto di motivazione in ordine alla mancata concessione di attenuati
generiche e della sospensione condizionale della pena, a fronte di analoghe richieste
inammissibilmente formulate con l’atto di appello senza l’indicazione dei motivi a
sostegno.
12.In contrasto con la giurisprudenza costituzionale si pone, da ultimo, la censura,
sollevata con il nono motivo, di erronea applicazione dell’art. 37 cod. pen. per mancata
determinazione della durata delle pene accessorie nella stessa misura della pena

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che, asseritamente contenenti la contabilità, si erano rivelati illeggibili al

principale, avendo la Consulta, con ordinanza 38/2012, dichiarato inammissibile la
relativa questione di legittimità costituzionale.
13.Alla stregua di quanto sopra non è accoglibile l’eccezione di prescrizione della
bancarotta semplice formulata con il decimo motivo perché l’inammissibilità del ricorso,
impedendo la regolare instaurazione del rapporto processuale d’impugnazione, preclude
l’applicazione della causa estintiva del reato, maturata in data 20-5-2011,
successivamente alla decisione di secondo grado.

cod. proc. pen., determinandosi in € 1000 la somma da corrispondere alla Cassa delle
Ammende, in considerazione della natura delle doglianze prospettate.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di € 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 17-10-2013

Il Presidente

14.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso seguono le statuizioni di cui all’art. 616

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