Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28066 del 20/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28066 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANGEMI SANDRO N. IL 27/03/1985
avverso la sentenza n. 313/2013 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 05/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 20/04/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado,
CANGEMI SANDRO fu condannato alla pena di un anno, un mese di reclusione ed
C 700 di multa per i delitti di cui agli articoli 640 e 485-491 cod. pen., in
relazione all’acquisto di legname mediante la consegna di un assegno circolare
contraffatto per l’importo di C 4.459;

dell’imputato, avv. Walter Tesauro, deducendo vizio di motivazione in relazione
al reato di truffa, poiché imputato non era conoscenza della falsità del titolo di
credito e la truffa fu semmai commessa da Cangemi Luigi, il quale gestì le
trattative e l’ordine del materiale; inoltre viene censurata alla mancata
applicazione della disciplina della continuazione rispetto a condotte commesse in
tempi distanti;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, poiché la prima doglianza si risolve in
censure di fatto, che contrappongono un alternativo apprezzamento alla
valutazione operata dei giudici di merito (secondo il quale fu l’odierno imputato a
consegnare il titolo di credito falso per ritirare la merce, per cui non può dubitarsi
seriamente dell’elemento soggettivo del reato), finendo con il richiedere alla
Corte di legittimità di prendere posizione tra le diverse letture dei fatti; sotto
questo profilo va ribadito che la Corte di cassazione non ha il compito di trarre
valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, e pertanto non si può
addentrare nell’esame del contenuto documentale delle stesse, neppure se
riprodotte nel provvedimento impugnato e, tanto meno, se contenute in un atto
di parte, poiché in sede di legittimità è l’argomentazione critica che si fonda sugli
elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato
che è sottoposta al controllo del giudice di legittimità, al quale spetta di
verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 28703 del 20/04/2012,
Bonavota, Rv. 253227);
– che la doglianza riguardante la continuazione è proposta in maniera del tutto
aspecifica, non potendosi comprendere del ricorso a cosa si riferisca l’imputato;
per completezza va dato atto che una richiesta di applicazione della disciplina del

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– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore

reato continuato è stata rigettata, rispetto a fatti commessi ben sei anni prima di
quelli oggi contestati;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 aprile 2016
Il consigliere estensore

Il presidente

P. Q. M.

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