Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2806 del 30/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 2806 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRIOLO FRANCESCO N. IL 09/05/1946
avverso la sentenza n. 2539/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
26/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. È.
che ha concluso per
iE
,e21-0

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 30/09/2013

..

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Triolo Francesco, avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova in
data 26 aprile 2012, con la quale è stata confermata quella di primo grado, emessa nel 2010.
L’imputato è stato riconosciuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e
documentale, relativamente al fallimento della “Mercato del mobile S.r.l.”, dichiarato con sentenza del 29
aprile 1998, essendone stato l’amministratore unico dal 1994.
È stata addebitata al ricorrente anche l’aggravante speciale del danno di rilevante entità, bilanciata,
tuttavia, con attenuanti generiche reputate equivalenti.
Deduce
1)

la nullità -già inutilmente prospettata in primo grado e in appello- dell’udienza preliminare, per
essere stata omessa, la notificazione del relativo avviso di fissazione, alla persona offesa ossia al
curatore del fallimento.
Costui era infatti deceduto prima del completamento della procedura di notificazione, con la
conseguenza che, nei confronti della persona offesa -intesa vuoi come curatela, ovvero anche come
pluralità di creditori insoddisfatti- era rimasto omesso l’avviso ed era da reputarsi integrata la
nullità di ordine generale prevista dall’articolo 419 comma 7 c.p.p, tempestivamente dedotta —
come sopra ricordato- sia all’udienza preliminare, sia in dibattimento, sia nei motivi d’appello che
nel ricorso per cassazione.
L’interesse del ricorrente a tale eccezione starebbe nel fatto che l’omesso avvisa ha comportato
l’impossibilità di escutere il curatore o i creditori su circostanze rilevanti del processo;

2)

la inutilizzabilità della relazione del curatore, acquisita al processo ex art. 234 cpp, nonostante che
risultasse depositata dinanzi al giudice della procedura fallimentare nel 2005 e cioè ben oltre il
termine perentorio previsto dalla legge;

3)

il vizio della motivazione sulla richiesta di espletamento di perizia contabile;

4)

Il vizio di motivazione sulla entità della pena, calcolata in ragione di un computo penalizzante delle
circostanze attenuanti generiche perché fondato sulla valorizzazione di precedenti penali per reati,
in realtà, tutti depenalizzati.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Inammissibile è il primo motivo di doglianza.
Con l’eccezione in esame, la parte reitera una questione già adeguatamente risolta dai giudici del merito.
Questi hanno dato attuazione ad un principio consolidato presso la giurisprudenza di legittimità e cioè
quello secondo cui la nullità prevista dall’art. 419, comma settimo, cod. proc. pen, prodotta dalla violazione
del precedente comma primo dello stesso articolo, è di ordine generale e, per quanto concerne la sua
deducibilità , soggiace al principio generale di cui all’art. 182 comma 1 cpp, in virtù del quale non può
essere eccepita da chi non ha interesse alla osservanza della disposizione violata.
Nella specie, il più evidente interesse alla osservanza della detta disposizione era configurabile in capo alla
curatela, per la tutela dei propri diritti mediante al costituzione di parte civile, mentre l’imputato non risulta
avere avuto nè interesse analogo né interesse di altra natura.
1

A

J5

L’interesse cui egli ha fatto cenno nei motivi di ricorso, e cioè quello ad escutere la parte lesa o comunque i
creditori, non è lo stesso perseguito dalla norma dell’art. 419 cit. o dall’art. 178 lett. cpp che sono precetti
volti, come detto, a creare le premesse di conoscenza legale della udienza affinchè il destinatario della
notifica sia posto nelle condizioni per esercitare i diritti che gli competono.
Viceversa, l’interesse dell’imputato a escutere la persona offesa è tutelato attraverso il sistema del
deposito delle liste testimoniali, regolato, peraltro a pena di decadenza, dall’art. 468 cpp.
Il secondo motivo di ricorso è infondato.
L’eccezione in questione risulta già adeguatamente affrontata e rigettata dal giudice del merito.
La giurisprudenza della Cassazione è costante nel ritenere che le relazioni e gli inventari redatti dal curatore
funzione probatoria, sono precostituiti rispetto all’inizio del procedimento o appartengono comunque al
contesto del fatto da accertare (Rv. 213607) .
La tesi dell’impugnante, circa la natura perentoria del termine per il deposito della relazione, previsto in
trenta giorni dall’art. 33 I. fall. nel testo all’epoca vigente (2005), non è condivisibile, tenuto conto che non
è previsto da alcuna norma a pena di validità della relazione medesima.
Del resto, la natura perentoria rivendicata dalla difesa non troverebbe giustificazione neppure nella ratio
del termine stesso che è genericamente acceleratoria dell’incombente e, essendo volta essenzialmente
all’accertamento delle responsabilità, non ne evidenzia né la finalità di limitare uno stato di incertezza
provvisorio altrimenti non eliminabile, nè di pervenire con la massima celerità possibile alla definizione di
una fase che possa risultare pregiudizievole per la esigibilità di diritti autonomamente esistenti ed accertati.
Inoltre, come detto,la relazione, destinata in copia anche al Procuratore della Repubblica, è prodromica e
funzionale alla valutazione di una eventuale notizia di reato e all’esercizio della azione penale che è
obbligatoria in virtù del disposto dell’art 112 Cost.
La tesi della inutilizzabilità della relazione depositata oltre il termine di legge, d’altra parte, non poggia
neppure sulla norma generale che definisce tale massima sanzione processuale . L’art. 191 cpp infatti la
prevede per le sole prove acquisite in violazione di divieti stabiliti dalla legge e non già per le prove la cui
acquisizione possa risultare avvenuta in violazione di talune disposizioni normative non sanzionate da
divieto.
Ogni questione sulla efficacia probatoria del contenuto della relazione, d’altra parte, non può essere
dedotta in Cassazione sotto il profilo della violazione della norma processuale ma costituisce questione
soggetta a preclusione se non dedotta al giudice del merito.
Il terzo motivo è infondato.
Si tratta , infatti, di una doglianza che la difesa articola, soprattutto con riferimento al requisito del
carattere decisivo del mezzo probatorio non assunto, sul presupposto, invece non realizzatosi,
dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, concernente la pretesa inutilizzabilità della relazione del
curatore.
Infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso.
Ai fini del calcolo della pena e della incidenza delle attenuanti, il giudice a quo ha dimostrato di avere fatto
ricorso ai criteri dell’art. 133 cp e , precipuamente, a quello di cui all’art. 133 comma 2 n. 2 cp che è
costituito dalla capacità a delinquere desunta, in generale, dalla condotta e dalla vita del reo antecedente al
reato: elementi che ben possono essere tratti da comportamenti i quali, avendo avuto rilievo penale
quando sono stati commessi, possono essere comunque oggetto di valutazione sulla attitudine del soggetto
al rispetto della legge ( Sez. 5, Sentenza n. 34682 del 11/02/2005 Ud. (dep. 28/09/2005 ) Rv. 232312).
2

fallimentare sono ammissibili come prove documentali in ogni caso, trattandosi di atti che, pur avendo

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così decisp il 30 settembre 2013
esiderite

3-‘

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