Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28053 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28053 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

Data Udienza: 17/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI STASI ALFONSO N. IL 02/08/1950
avverso la sentenza n. 4227/2005 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

9)A

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Nessuno è comparso per il ricorrente.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 20/12/2012, a conferma di
quella emessa dal Tribunale di Monza, ha condannato Di Stasi Alfonso a pena di

commesso quale amministratore della Milano Carni srl, dichiarata fallita il
28/11/2011.
Secondo la prospettazione accusatoria, condivisa dai giudici del merito, il Di
Stasi, operando nella predetta qualità, distrasse dalla società, nel periodo luglionovembre 2001, un ramo d’azienda, il corrispettivo della vendita di un immobile,
merci e altri beni per oltre 800 milioni di lire e tenne le scritture contabili in guisa
da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli
affari.

2.

Ha proposto personalmente ricorso per Cassazione l’imputato svolgendo

considerazioni in ordine alla sola bancarotta documentale e lamentando, con
unico motivo, l’erronea applicazione dell’art. 216, comma 1, n. 1, della L.F.
Deduce che le omissioni riscontrate dal curatore nella tenuta della contabilità (“i
punti lacunosi e inveritieri”, secondo la definizione del ricorrente) riguardano
principalmente i precedenti amministratori e che quelle a lui addebitate (la
mancata annotazione della vendita dell’immobile e del ramo di azienda) non
sono sufficienti a configurare, a suo carico, il reato di bancarotta documentale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
La sentenza dà atto che le scritture contabili della società non
contenevano, al momento del fallimento, né le annotazioni relative alle
operazioni poste in essere dal Di Stasi, né quelle poste in essere dai precedenti
amministratori, sicché per il curatore non è stato possibile, sulla base delle
scritture suddette, procedere alla ricostruzione del patrimonio e del movimento
degli affari.
Tanto basta per ritenere integrato il reato di bancarotta fraudolenta
documentale, giacché ciò che rileva, ai fini della sussistenza del reato in esame,
non sono solo il numero delle omissioni, ma anche la loro natura e qualità, sicché
ogni condotta diretta a impedire la ricostruzione delle vicende conomiche

2

giustizia per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale

dell’impresa rientra nel fuoco della previsione normativa. Logica e giuridicamente
corretta è, pertanto, la conclusione cui è pervenuto il giudice del merito, il quale
ha rilevato che Di Stasi divenne amministratore della Milano Carni srl nel mese di
maggio del 2001 e che da allora non si preoccupò né di regolarizzare le scritture
contabili, né di aggiornarle con le operazioni poste in essere dopo l’assunzione
della carica da parte sua, frustrando, in tal modo, la funzione delle scritture in
questione. Né corrisponde a verità che le operazioni poste in essere dal Di Stasi
siano state solo quelle da lui indicate, giacché la sentenza chiarisce ampiamente
di immobili; acquistò telefoni cellulari per oltre 50 milioni di lire e vendette carni
per circa 400 milioni di lire, senza che le scritture contabili recassero traccia di
tali operazioni. Non ha nessun rilievo, quindi, il fatto che il curatore abbia potuto,
sulla scorta della documentazione faticosamente reperita e delle insinuazioni al
passivo, avere contezza delle operazioni poste in essere da Di Stasi, giacché
l’impossibilità delineata dall’art. 216 L.F. non deve essere assoluta, ma può
essere anche relativa. In particolare, è stato precisato che sussiste il reato di
bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del
patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state
tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari,
siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza
(Cassazione penale, sez. V, 19/04/2010, n. 21588). Ed è quanto avvenuto nella
specie.
Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/4/2013

che Di Stasi stipulò contratti di affitto d’azienda, di cessione d’azienda, di vendita

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