Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28050 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28050 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARDARELLI ALESSANDRO N. IL 06/01/1951
PETKOVA ATANASK A RUSEVA N. IL 12/05/1964
avverso la sentenza n. 28/2009 GIUDICE DI PACE di NERETO, del
10/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/04/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Carmine Stabile, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice di pace di Nereto ha condannato Cardarelli Alessandro e Pertkova
Atanaska alla pena di C 1.000 di multa per il reato di lesioni personali in danno di
Diti Elena.

contestando la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di pace, fondata, a loro
giudizio, sulle non veritiere dichiarazioni della persona offesa, non suffragate da
riscontri di sorta. Hanno chiesto la loro assoluzione o, in subordine, la
derubricazione dei reato in quello di percosse.
Il Tribunale di Teramo, investito dell’appello, ravvisato nell’atto una
voluntas impugnationis, ha trasmesso gli atti a questa Corte, in considerazione
del fatto che, essendo stata applicata la sola pena pecuniaria e non essendovi
stata condanna al risarcimento del danno, contro la sentenza è proponibile
solamente il ricorso per Cassazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
In tema di impugnazioni, allorché un provvedimento giurisdizionale sia
impugnato dalla parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello
legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, a norma
dell’art. 568 c.p.p., comma 5, a verificare l’oggettiva impugnabilità del
provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente
nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi
trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto
giurisdizionale, al giudice competente, al quale è riservato, in via esclusiva, il
potere di valutare sia l’ammissibilità che la fondatezza dell’impugnazione (Cass.
Sez. Un. 331-10-2001 n. 45371; Sez. 3, 30-11-2007 n. 2469; Sez. 5, 28-4-2009
n. 21581).
Nel caso di specie, pertanto, correttamente il Tribunale di Teramo, stante
l’inappellabilità della sentenza del giudice di pace, in ossequio alla regola iuris
innanzi enunciata, ha trasmesso gli atti, per competenza, alla Corte di
Cassazione. Questa Corte, chiamata a valutare l’ammissibilità e la fondatezza
dell’atto di impugnazione in esame, non può non rilevare che lo stesso non reca
solo un errato nomen iuris, ma manifesta anche la non equivoca volontà dei
ricorrenti di proporre appello. Ciò è reso evidente non solo dal petitum cont nuto
2

Contro la sentenza suddetta hanno proposto appello gli imputati,

nelle conclusioni – che non ha ad oggetto l’annullamento della sentenza
impugnata (unico provvedimento consentito in sede di legittimità), bensì
l’emissione di un provvedimento squisitamente di merito, quale l’assoluzione per
il reato contestato, ovvero la derubricazione in quello di percosse e l’applicazione
della pena nel minimo edittale – ma anche dal contenuto del ricorso,
chiaramente centrato sulla proposizione di una versione alternativa della
vicenda, in ordine alla quale nessuna valutazione è possibile a questa Corte, per
la ragione che la delibazione sulla stessa presuppone un accesso diretto agli atti,
Il ricorso è, poi, manifestamente infondato in relazione al solo punto che
involve una questione di legittimità: vale a dire, la qualificazione del fatto, che i
ricorrenti sostengono, in subordine, doversi ricondurre alla fattispecie dell’art.
581 cod. pen. Invero, in tema di lesioni personali, costituisce “malattia” qualsiasi
alterazione anatomica o funzionale dell’organismo, ancorché localizzata, di lieve
entità e non influente sulle condizioni organiche generali, onde lo stato di
malattia perdura fino a quando sia in atto il suddetto processo di alterazione
(Fattispecie relativa ad escoriazioni. Cassazione penale, sez. V, 29/09/2010, n.
43763). Nel caso di specie gli stessi ricorrenti parlano di escoriazioni giudicate
guaribili in cinque giorni, per cui la fattispecie normativa risulta pienamente
integrata.
Il ricorso è pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma a
favore della Cassa delle ammende, che, tenuto conto dei motivi di ricorso, si
reputa equo quantificare in C 1.000 ciascuno.
P.Q. M.
Qualificati gli atti d’appello come ricorsi, dichiara inammissibili gli stessi e
condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese processuali e della
somma di C 1000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/4/2013

certamente inibito al giudice di legittimità.

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