Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28049 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28049 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOFFIANT1NO ELIO N. IL 06/02/1944
avverso la sentenza n. 1210/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
12/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2013 1a relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O. 5- 22t.”242-44r2-6
che ha concluso per ■
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Udito, per la parte civile, l’AvvV
Uditi difensor Avv.

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4 ex< 264', cVA/5 13 4_ eractr Data Udienza: 12/04/2013 FATTO E DIRITTO Propone ricorso per cassazione Soffiantino Elio avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 12 ottobre 2011 con la quale è stata-per quanto qui d'interesse-confermata la condanna inflitta in primo grado (nel 2010) in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, addebitatogli in qualità di coamministratore di fatto (in concorso con l'amministratore unico Chiodi) della Videosat S.r.I., dichiarata fallita il 23 giugno 2005. La condotta riferita all'imputato era quella di avere distratto l'autovettura Mercedes acquistata in leasing dalla società e mai rinvenuta dal curatore nonché, con riferimento al primo semestre del 2005, merce rivenduta senza far confluire l'incasso nel patrimonio della società. Deduce 1) il vizio della motivazione con riferimento all'addebito di distrazione dell'autovettura. Nei gradi di merito era stata fornita la prova documentale (a conforto delle dichiarazioni del curatore durante le indagini preliminari) del fatto che l'autovettura, posta a disposizione della società di leasing dallo stesso imputato, era stata da quella ceduta ad altro locatario e infatti ne risultava un nuovo intestatario. Tale dimostrazione sulle sorti della vettura non aveva formato oggetto di disamina da parte della Corte d'appello. Un ulteriore vizio di motivazione consisteva nell'attribuzione della condotta distrattiva ad esso imputato nonostante che all'epoca dell'ammanco, amministratore di diritto fosse la moglie; 2) il vizio della motivazione con riferimento alla residua contestazione di distrazione. Nella sentenza di primo grado, alla quale quella di appello rinviava Pper relationem, era stato contraddittoriamente affermato, da un lato (a pagina otto), che la merce era stata regolarmente acquistata e rivenduta come dimostrato dalle fatture e dai documenti di trasporto; d'altra parte, a pagina 12 e 13 della stessa sentenza di primo grado era stato, al contrario, sostenuto che l'imputato non aveva dato giustificazione della destinazione impressa alla merce. Ad avviso della difesa il giudice avrebbe utilizzato, a giustificazione della presunzione di distrazione, anche pretesi dubbi sulla regolarità degli acquisti, che invece è elemento estraneo al tema della prova del presente processo. Quanto alla mancata prova di cui alla motivazione, la difesa evidenzia il silenzio serbato dalla Corte territoriale sul motivo di appello con il quale era stato evidenziato che il curatore aveva omesso di ispezionare l'ultima sede della società, a Prato, come del resto dallo stesso ammesso . Un simile comportamento integrava quantomeno la violazione dell'articolo 33 della legge fallimentare. Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno. Da accogliere è il primo motivo di ricorso . Risulta dalla lettura della stessa sentenza di appello che il difensore pose alla Corte territoriale la questione della rilevanza, ai fini dell'esclusione della bancarotta, della prova della restituzione del bene alla società di leasing o comunque della cessione del contratto di locazione ad un terzo. A siffatto motivo di gravame la Corte territoriale ha replicato citando giurisprudenza in tema di distrazione del bene in leasing, semplicemente non più reperito dal curatore, ed osservando che una simile condotta è destinata a risolversi in danno del patrimonio dei creditori, determinato dalla necessità, per il curatore, di acquistata per un importo complessivo di circa C 844.000, a credito o con titoli privi di provvista e poi recedere dal contratto, con perdita dei canoni già versati e responsabilità verso il nuovo intestatario del contratto di leasing. Si tratta di una motivazione del tutto insufficiente poiché formulata soltanto con considerazioni astratte (pericolo che il curatore debba rinunciare alla prosecuzione del contratto; eventuale perdita delle rate già corrisposte) e generiche se non del tutto oscure ( esposizione al rischio di responsabilità verso il nuovo intestatario del contratto di leasing): comunque osservazioni che non risultano in linea né con la giurisprudenza citata nella sentenza e tanto meno con il filone giurisprudenziale, arricchitosi di più contributi nel prosieguo del tempo, secondo cui in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, la pregressa cessione d'un contratto di locazione finanziaria comporta, all'atto del fallimento, che il dalla possibilità di riscatto del bene nel momento di scadenza del rapporto. La distrazione è però configurabile nel solo caso in cui la cessione abbia determinato un effettivo nocumento nei confronti dei creditori, e cioè quando la permanenza del rapporto negoziale nel patrimonio affidato al curatore avrebbe costituito in concreto, dal punto di vista economico, una risorsa positiva e non un onere (Sez. 5, Sentenza n. 30492 del 23/04/2003 Ud. (dep. 21/07/2003 ) Rv. 227705). Con riferimento al principio evocato in sentenza (Rv. 241397), poi, è appena il caso di rilevare che nella stessa viene affermato condivisibilmente e semplicemente che la sottrazione o la dissipazione del bene oggetto di contratto di "leasing" integrano il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quanto comportano un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore del medesimo bene e, allo stesso tempo, è gravata da un ulteriore onere economico scaturente dall'inadempimento dell'obbligo di restituzione alla società locatrice. Tuttavia siffatto rilievo ben può e deve essere coniugato con il principio di diritto sopra ricordato tenuto conto che proprio quest'ultimo fa capire come non il semplice mancato rinvenimento del bene acquisito in leasing dalla società poi fallita, costituisca evenienza sufficiente a configurare il reato di cui agli artt. 216 e 2231. fa Il. E' infatti onere del giudice dell'appello, al quale l'imputato abbia posto ammissibilmente il relativo motivo di gravame, chiarire , sulla base delle molte variabili che condizionano la gestione fallimentare, se e in quale modo possa essersi attuato il recesso dal leasing da parte dell'amministratore e con quali eventuali vantaggi per la società; e se la continuazione del rapporto di "leasing" avrebbe rappresentato per la curatela un peso economico improduttivo ( ad esempio per l'abbattimento di valore del bene a fronte di un elevato importo di rate arretrate ancora da corrispondere) - il che escluderebbe il significato distrattivo della cessione - oppure un potenziale vantaggio patrimoniale, ad esempio attraverso l'utile acquisizione della proprietà del bene mediante riscatto . Il secondo motivo di ricorso è invece da rigettare perché infondato. Il primo profilo di esso vale a denunciare una presunta irragionevolezza della motivazione della sentenza, con riferimento a quella da essa richiamata, di primo grado, nella parte in cui si sarebbe affermata la presunzione di distrazione pur in presenza del riconoscimento della effettività, sotto il profilo probatorio, degli acquisti e delle rivendite della merce oggetto del capo d'imputazione. Tuttavia, si tratta di una denuncia infondata dal momento che la illogicità del ragionamento è solo nella formulazione del motivo di ricorso. In realtà, nella sentenza impugnata si afferma che la documentazione contabile e la riscossione dei corrieri ha consentito di ritenere provati gli acquisti e le vendite successive dei beni di cui all'imputazione. Ma si chiarisce anche, nella stessa sentenza, che tali vendite non possono definirsi atto di gestione posto in essere nell'interesse della società essendo state concepite sin dall'inizio, secondo le conclusioni motivate del giudice del merito, come operazioni idonee in sé ad integrare la condotta distrattiva: e ciò in patrimonio a garanzia dei creditori risulti decurtato dei diritti e delle facoltà nascenti dal negozio, a partire considerazione delle modalità esecutive delle vendite stesse, effettuate nei confronti o di società non aggredibili nella successiva procedura fallimentare perché irreperibili o a loro volta fallite ovvero nei confronti di persone fisiche o giuridiche che avevano, si, acquistato la merce però pagandola in modo tale che il prezzo era stato acquisito direttamente dall'amministratore di fatto della società, senza passare dalle casse sociali. Una simile argomentata ricostruzione del giudice del merito contiene, in sé, la risposta implicita al motivo di appello col quale la difesa aveva lamentato il mancato accesso, da parte del curatore, nella sede di Prato. Ed invero non risulta neppure dalla illustrazione del motivo di appello che l'accesso a tale sede avrebbe potuto portare al rinvenimento di beni della società, cosicché è da rilevarsi la palese ininfluenza del motivo inoculare un dubbio capace di giustificare una assoluzione ai sensi del comma due dell'articolo 530 cpp. D'altro canto, proprio la ricostruzione fitta propria dai giudici di primo e secondo grado evidenzia come siano state acquisite prove testimonialeocumentali del fatto che la quasi totalità della merce acquistata dalla società poi fallita è stata ceduta a terzi e trasportata presso gli acquirenti: una circostanza che, se da un lato rende evidente l'incompatibilità della ricostruzione stessa con la possibilità, ventilata dalla difesa, che gli stessi beni potessero essere ritrovati in una sede secondaria della società fallita, dall'altro rappresenta il presupposto stesso della distrazione che, nella specie, è stata integrata con operazioni di cessione a terzi , prive di corrispettivo per la società o con acquisizione del corrispettivo al patrimonio personale dell'imprenditore societario. PQM annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta distrazione di cui al punto 3 dell'imputazione (autovettura Mercedes) con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso. R a 12 prile 2013 di gravame rispetto all'accertamento accreditato dal giudice di primo grado e la sua assoluta inidoneità ad

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