Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28048 del 12/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 28048 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

Data Udienza: 12/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ITALIANO MASSIMO N. IL 28/10/1969
DE MICHELE TOMMASO (ANCHE PCN) N. IL 13/03/1955
DE MICHELE PIERO (ANCHE PCN) N. IL 02/08/1976
avverso la sentenza n. 2/2010 CORTE ASSISE APPELLO di
TARANTO, del 12/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O
0.6
che ha concluso per

3e

-e 1-2 1

213

1513
1′

tAi-: C < Udito, per la parte civile;tl'Avv pakt-em b9-4-A--0, Udit i difensor Avv. PCA-26-LCACW-rM 43204. 1)-tCiu-k- e) eu, ht, 4irri4- • et-4-1"-, 4-Q-LA:C et, /0 u_a/2-L2 e Fatto e diritto Propongono ricorso per cassazione Italiano Massimo, De Michele Tommaso e De Michele Pietro avverso la sentenza della Corte di assise d'appello di Taranto in data 12 ottobre 2011 con la quale, in sede di rinvio dopo annullamento disposto dalla prima Sezione di questa Corte di cassazione, con sentenza del 24 febbraio 2010, è stata pronunciata-in parziale riforma della sentenza di primo grado- assoluzione nei confronti di tutti gli imputati in ordine al reato loro contestato di rissa aggravata, con conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio, ed è stata invece confermata la condanna di Italiano in ordine all'imputazione di tentato omicidio, con revisione, anche per tale imputato, del trattamento Tutti i ricorrenti erano stati ritenuti, all'esito del giudizio di primo grado, responsabili del reato di rissa, aggravata per la morte di due dei partecipi (i fratelli Livio e Salvatore Italiano) e per le lesioni riportate da Pietro, Cosimo e Tommaso De Michele (capo A), fatto risalente al pomeriggio del 3 marzo 2004. Inoltre Massimo Italiano era stato ritenuto responsabile del concorso materiale e morale nel tentativo di omicidio dei tre De Michele, materialmente posto in essere mediante esplosione di colpi d'arma da fuoco calibro 7,65 e 9, dai suoi fratelli Livio e Salvatore, poi rimasti uccisi, nonché del reato satellite concernente la violazione della legge sulle armi (capo B). Dal canto loro, Tommaso e Pietro De Michele (avendo Cosimo richiesto il rito abbreviato) erano stati condannati, oltre che per il reato di rissa, anche per il duplice omicidio di Livio e Salvatore Italiano, mediante esplosione di colpi con pistole calibro 9, e per il reato in violazione della legge sulle armi (capo C); erano stati invece assolti dalla imputazione di tentativo di omicidio di Italiano Massimo. Nel primo giudizio d'appello, celebrato dinanzi alla Corte d'assise d'appello di Lecce, venivano integralmente confermate le statuizioni di primo grado ma tale sentenza, impugnata con ricorso per cassazione da tutti i tre odierni ricorrenti, veniva, come detto, parzialmente annullata con rinvio: e ciò, con riferimento alla comune imputazione di rissa aggravata, ritenuta dal giudice della legittimità motivata con un ragionamento viziato sotto il profilo della logicità, per avere, i giudici del merito, da un lato errato nel configurare la rissa, nel caso di specie, come un comportamento a dinamica progressiva, avviato nelle ore del mattino e concluso con gli eventi luttuosi del pomeriggio. In secondo luogo veniva censurata la mancata considerazione e verifica della ricorrenza del principio, affermato dalla costante giurisprudenza, secondo cui la rissa è esclusa allorché un gruppo di persone assalga deliberatamente altre e queste ultime si difendano. Per quanto concerne la posizione di Italiano, la Cassazione ha censurato la motivazione a fondamento del giudizio di responsabilità, notando che i giudici del merito non avevano adeguatamente esaminato il fatto, pacificamente emerso dall'istruttoria dibattimentale, secondo cui l'imputato si trovava insieme al fratello Salvatore quando i due De Michele avevano sparato contro il comune fratello Livio e il Salvatore aveva preso, a sua volta, a sparare con la pistola che aveva sottratto e strappato dalle mani del fratello Massimo il quale si trovava, unitamente a alvatore, in posizione defilata, osservando la scena. In sede di rinvio, la Corte d'assise d'appello di Taranto, come anticipato, è pervenuta a giudizio integralmente assolutorio in relazione all'imputazione di rissa, mentre ha confermato la condanna di Italiano Massimo in ordine al reato di tentato omicidio plurimo aggravato dal nesso teologico (articolo 61 n. 2 cp) , essendo già passata in giudicato, nei suoi confronti, la condanna per il reato concernente la legge sulle armi ( in tal senso, la decisone della Corte di assise di appello, ritenutasi investita anche delle imputazione concernente la detenzione il porto della pistola, come precisato a pagina 28, deve ritenersi sanzionatorio. frutto di errore e tamquam non esset): conseguentemente alla assoluzione dal reato di rissa, nei confronti di tutti gli imputati è stata rideterminata in ribasso la pena. La vicenda che aveva dato origine al processo era stata quella di un contrasto insorto, sin dal 2003, tra il suocero di Massimo Italiano, Cosimo Sasso, e Cosimo De Michele a proposito di attrezzi agricoli e bestiame rubati. I contrasti erano ripresi la mattina del 3 marzo 2004, quando Massimo Italiano era stato protagonista di un'ulteriore discussione con uno dei De Michele; nel pomeriggio una nuova lite aveva coinvolto lo stesso Massimo con i De Michele, seguita da un rinnovato scontro con un amico dei De pomeriggio del 3 marzo, quando Tommaso De Michele aveva incontrato Livio Italiano, fratello di Massimo, e lo aveva convinto ad andare con la sua macchina in un luogo ove sarebbe dovuto avvenire il definitivo chiarimento. Massimo e Salvatore Italiano avevano seguito la automobile, essendo armati. In realtà si era trattato di un agguato, perché Livio, sceso dalla macchina, era stato affrontato da Cosimo e Piero De Michele che erano armati, ed era rimasto colpito a morte. Salvatore era intervenuto sparando con la pistola di Massimo, ma era, a sua volta, rimasto ferito con esiti mortali. Il solo Massimo era riuscito a fuggire. Anche i tre De Michele avevano riportato lesioni d'arma da fuoco. La assoluzione dal reato di rissa è stata motivata, dal giudice del rinvio, come doverosa adesione al principio di diritto enunciato nella sentenza della Cassazione, relativamente al fatto che la sparatoria mortale sarebbe avvenuta non in una situazione di continuità e di progressione criminosa con riferimento a precedenti comportamenti di sfida e di materiale aggressione, verificatisi, in più occasioni, lo stesso giorno del 3 marzo, fra i gruppi contrapposti rappresentati dai componenti della famiglia De Michele, da un lato, e da quelli della famiglia Italiano, dall'altro. Deduce il difensore di Italiano Massimo 1) la violazione degli articoli 125 e 192 cpp nonché il vizio della motivazione. Sostiene il difensore che l'illogicità del ragionamento dei giudici del merito, già apprezzata in sede di annullamento con rinvio dalla Cassazione, non è stata superata. Ricorda l'impugnante che la Cassazione ha ritenuto di non potere ravvisare la prova del concorso del ricorrente nel comportamento materialmente tenuto dal fratello Salvatore mediante l'esplosione di colpi d'arma da fuoco, in quanto tale concorso era stato descritto e ricavato esclusivamente dal rilievo della riferibilità dell'arma in questione alla sfera di dominio e controllo di Italiano Massimo. Il giudice del rinvio, sempre su tale esclusivo rilievo, aveva fondato il proprio convincimento. Ed invece il giudice del merito non aveva considerato che il possesso dell'arma da parte del ricorrente era giustificato, secondo quanto emerso nel processo, dal fatto che lo stesso usciva sempre armato a causa di un precedente attentato subito. Inoltre, dalle stesse intercettazioni disposte, era emerso che l'arma era stata portata sul posto per iniziativa di Salvatore il quale, prima di usarla contro i De Michele, aveva dovuto strapparla dalle mani del fratello, per poi cominciare a correre in direzione dei bersagli, così tenendo un comportamento che non poteva essere neppure ostacolato dal ricorrente, tanto più che aveva ritenuto soltanto di nascondersi dietro un cassonetto. Il comportamento dell'imputato avrebbe dovuto trovare inquadramento nella figura della semplice "connivenza non punibile", essendo stato di natura soltanto passiva e comunque non oggetto di una adeguata motivazione, sul punto, da parte del giudice del merito. Michele, Mario lurlaro, che aveva riportato lesioni. Lo scontro decisivo era avvenuto nel secondo Questi aveva indebitamente valorizzato il fatto che l'imputato potesse essere stato la causa scatenante del dissidio iniziale, una evenienza che non vale a colorire il concorso di persone nel reato al quale è, altresì, estraneo il requisito della "previsione dell'evento" che, viceversa, la Corte del rinvio ha utilizzato come elemento del ragionamento. D'altra parte, la previsione dell'evento è elemento logicamente escluso dalla dinamica dei fatti, se si considera che Livio Italiano salì sulla macchina dei De Michele nella convinzione-condivisa con i fratelli presenti- di andare ad un definitivo chiarimento e dunque in assenza della previsione dell'agguato. in capo a Salvatore e Massimo Italiano i quali, come affermato a pagina 40 della sentenza di primo grado, erano stati invitati da Livio a seguirli e a chiedere aiuto ove ce ne fosse stato bisogno. In conclusione, la difesa sostiene che già dalla sentenza di primo grado era rimasto delineato il comportamento dei fratelli De Michele volto ad attirare in un tranello mortale uno dei componenti della famiglia avversaria, pacificamente disarmato (pagina 39 da sentenza di primo grado): un tranello che aveva colto di sorpresa gli altri due fratelli Italiano, uno dei quali, il Massimo, non aveva utilizzato la pistola ed anzi era scappato mentre l'altro era intervenuto soltanto dopo avere udito i primi spari contro il fratello Livio (pagina 38 della sentenza di primo grado); 2) la violazione dell'articolo 52 c.p. e il vizio della motivazione. E' totalmente mancata, da parte del giudice del rinvio, una adeguata disamina in ordine alla richiesta di riconoscimento dell'esimente della legittima difesa: una esimente che, nella sentenza poi annullata, era stata esclusa in quanto incompatibile con la affermazione di responsabilità per il reato di rissa; 3) la violazione dell'articolo 114 c.p. e il vizio della motivazione. È mancata, altresì, una congrua motivazione sul ruolo marginale rivendicato relativamente la posizione del ricorrente, pur essendo rimasto accertato che lo stesso non sparò ed anzi si nascose dietro un cassonetto, essendo oltretutto non portatore di un movente omicida; 4) la violazione degli articoli 133 e 81 c.p. e il vizio della motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche e alla denegata riduzione dell'aumento per la continuazione. Deducono i difensori di Tommaso e Pietro De Michele la violazione di legge per avere, il giudice del rinvio, nonostante la intervenuta assoluzione dal reato di rissa, pronunciata appunto in sede di rinvio , ripetuto il giudizio del precedente giudice dell'appello in ordine alle ragioni del diniego delle circostanze attenuanti generiche e dell'attenuante della minima partecipazione, nonché della insussistenza del concorso anomalo. I ricorsi di Tommaso e Pietro De Michele sono inammissibili per manifesta infondatezza. E apprezzabile e niente affatto errato il ragionamento del giudice del merito, illustrato a pagina 24 della sentenza impugnata, secondo cui la sentenza di annullamento della Cassazione è stata di annullamento soltanto su alcuni capi della sentenza mentre non ha riguardato l'imputazione di duplice omicidio aggravato elevata nei confronti dei De Michele al capo C, divenuta oggetto di giudicato parziale. Proprio tale evenienza ha comportato che non dovessero essere esaminate, da parte del giudice del rinvio, le questioni attinenti al presunto concorso anomalo ex articolo 116 c.p., alla circostanza attenuante della minima partecipazione al fatto ex articolo 114 c.p., tutte già risolte con riferimento alle caratteristiche del reato base a cui essenzialmente afferivano. In altri termini non vi era stata alcuna previsione e tantomeno organizzazione dell'evento delittuoso D'altra parte, proprio tale conclusione è legittimata dalla sentenza della Cassazione la quale, nel dare atto a pagina 16 e seguenti, dei motivi di ricorso formulati in particolare nell'interesse di De Michele Tommaso, ha 0 ricordato il 9 , il 12 2, il 13 2 e il 14 2 relativi proprio i temi appena ricordati e, dopo avere posto il principio di diritto a sostegno dell'annullamento per il reato di rissa, ha, tra l'altro, esplicitamente affermato a pagina 31 e seguenti ( punto 11) che la Corte territoriale aveva già dato esaustiva risposta, non ulteriormente sindacabile, in ordine ai temi, appunto, della esclusione del concorso anomalo, del diniego della attenuante della minima partecipazione e di quelle generiche. Il ricorso di italiano Massimo è stato ritenuto dal Collegio, invece, fondato. principio secondo cui, in base alla concezione unitaria del concorso di persone nel reato, l'attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione, alla realizzazione collettiva, anche soltanto mediante il rafforzamento dell'altrui proposito criminoso o l'agevolazione dell'opera dei concorrenti (Sez. 1, Sentenza n. 6489 del 28/01/1998 Ud. (dep. 03/06/1998 ) Rv. 210757). La Corte risulta essersi uniformata altresì al principio per cui per poter affermare la responsabilità di un soggetto a titolo di partecipazione in un delitto doloso, è sufficiente che lo stesso abbia apportato un contributo di ordine materiale o psicologico idoneo, con giudizio di prognosi postuma, alla realizzazione anche di una soltanto delle fasi di ideazione, organizzazione o esecuzione dell'azione criminosa posta in essere da altri soggetti, con la coscienza e la volontà di concorrere con costoro alla realizzazione della condotta criminosa. In tal caso gli atti dei singoli sono considerati nello stesso tempo loro propri e comuni anche agli altri, sicché ciascuno ne risponde interamente: il reato è di ciascuno e di tutti quelli che vi presero parte, perché è il risultato della comune cooperazione materiale e morale, onde la solidarietà del delitto importa la solidarietà della pena(Sez. 6, Sentenza n. 467 del 06/11/1991 Ud. (dea. 20/01/1992 ) Rv. 188929). Più in particolare è stata data attuazione al principio secondo cui la compartecipazione nel reato può avvenire sotto qualsiasi forma, mediante un contributo volontario e cosciente, un apporto causale materiale o unicamente psicologico, sia pure limitato ad una soltanto delle fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione della condotta criminosa, ed anche sotto il profilo della determinazione o del rafforzamento del proposito criminoso. L'attività costitutiva del concorso non è soltanto quella rappresentata dalla partecipazione alla esecuzione materiale del reato, ma anche quella concretizzatasi in un accordo comune, e cioè in una collaborazione di volontà mirante ad un certo fine (Sez. 1, Sentenza n. 6935 del 16/11/1989 Ud. (dep. 15/05/1990) Rv. 184300). Sulla stessa linea è stato anche implicitamente evocato il principio secondo cui nel reato concorsuale il dolo dei singoli concorrenti non presuppone necessariamente un previa accordo, o la contestuale e reciproca consapevolezza del concorso, essendo sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui (Sez. 6, Sentenza n. 1271 del 05/12/2003 Ud. (dea. 20/01/2004) Rv. 228424). Si tratta di un orientamento che trae origine dall'omologo principio affermato dalle sezioni unite nella sentenza n. 31 del 22/11/2000, Imputato Sormani, secondo cui la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previa accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all'altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previa concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all'opera di un altro che rimane ignaro. Infatti, se non occorre la prova del previa concerto tra i concorrenti è necessario, nondimeno, dimostrare che ciascuno di essi abbia agito per una finalità unitaria con la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri e La Corte territoriale ha preso le mosse dalla operatività, ai fini della risoluzione del caso di specie, del con la volontà di agire in comune(Sez. 6, Sentenza n. 37337 del 10/07/2003 Cc. (dea. 30/09/2003 ) Rv. 227321). Nel caso di Specie, alla luce di tali principi, il giudice del rinvio ha ritenuto di potere affermare la sussistenza del concorso del ricorrente dell'omicidio materialmente eseguito dal fratello Salvatore, individuando gli elementi sintomatici della formazione di un previa accordo fra i due, comprensivo dell'uso della pistola contro i fratelli De Michele. In tale prospettiva i giudici del merito hanno valorizzato la conversazione del 5 marzo 2004 intercettata nella sala colloqui del comando dei carabinieri di Francavilla , mentre il ricorrente parlava con il fratello conflitti insorti tra esso , il suocero e il fratello Salvatore da un lato e Tommaso De Michele dall'altro, i propri fratelli Lidia Salvatore avevano deciso di andare alla ricerca di De Michele. Alle sollecitazioni di Livio che si era rivolto a Salvatore preoccupato per la propria incolumità, Salvatore aveva replicato assicurando il possesso della pistola che si era procurato prendendola presso l'abitazione di Massimo, con l'intervento attivo di costui. In altri termini, proprio il contributo del ricorrente è parso, ai giudici del rinvio, decisivo per garantire la presenza della pistola nel possesso proprio e del fratello Salvatore - allorché costoro avevano seguito il fratello Livio per prestargli assistenza in caso di necessità, dovendo costui affrontare i rivali De Michele. Secondo la prova valorizzata dal giudice del merito, dunque, la detenzione e il porto della pistola nel luogo dell'agguato era stata nient'affatto occasionale bensì il frutto di una scelta precisa di Salvatore il quale, avvantaggiato dalla disponibilità manifestata consapevolmente dal ricorrente, si era recato armato unitamente a tale fratello in un luogo nel quale era ipotizzabile l'acuirsi del conflitto fra contrapposti gruppi familiari. A ciò va aggiunto, come evidenziato in sentenza, che il coinvolgimento del ricorrente anche dal punto di vista psicologico nel comportamento successivamente tenuto, con uso dell'arma, da parte del fratello Salvatore, poteva desumersi dalla analisi del movente che era tutto interno ai rapporti tesi fra lo stesso ricorrente e la propria famiglia da un lato e, dall'altro, la famiglia di De Michele. Deve poi evidenziarsi come la Corte d'assise d'appello abbia plausibilmente analizzato il punto del presunto spossessamento riferibile a Salvatore- della pistola materialmente detenuta dal ricorrente e contro la volontà di quest'ultimo. I giudici hanno invero escluso la eventualità di un disaccordo tra i due, osservando che il fatto della presunta "sottrazione" non si ricaverebbe da alcuna emergenza obiettiva mentre la conversazione intercettata ed utilizzata in sentenza aveva fatto semplicemente emergere che Salvatore aveva preso la pistola che Massimo teneva in mano, avvicinandosi al bersaglio: un comportamento che non può dirsi assistito da una volontà dei due fratelli rivolta a finalità diverse dal momento che, sempre secondo l'analisi del giudice del merito, la presenza delta pistola nel posto ove successivamente è stata utilizzata da Salvatore, era stata il frutto di una intesa fra i due fratelli Massimo e Salvatore i quali congiuntamente si erano si erano assicurati della presenza dell'arma nel noto frangente. esattamente nell'ottica, esplicitata, di doverla utilizzare in caso di necessità, per proteggere il fratello Livio, recatosi a parlare con i rivali De Michele. Per tale ragione è stato confermato il concorso del ricorrente nella azione omicidiara materialmente posta in essere dal fratello Salvatore, concorso consistito nell'avere agevolato l'azione di costui rendendo disponibile la pistola che egli stesso deteneva e che successivamente era stata utilizzata proprio contro coloro che avevano aperto il fuoco in danno del fratello Livio. Damiano dei fatti avvenuti, dando atto soprattutto della circostanza che, a seguito dei grandi contrasti e dei Tale ricostruzione, perfettamente in linea con i principi di diritto sopra enunciati ai fini della configurazione del concorso di persone nel reato, non è tuttavia esaustiva , poiché, ad avviso del Collegio, è mancata, nella sentenza, una motivazione logica e completa in relazione allo scenario della legittima difesa, evocata dal ricorrente sotto il profilo del vizio della motivazione, soprattutto attraverso il richiamo al rilievo che , caduta la contestazione di rissa, è venuta meno quella che, secondo la costante giurisprudenza, costituisce ostacolo alla configurazione della causa di giustificazione ( in tal senso, v. tra le molte, sent. n. 4402 del 2009, rv 242596). Nel provvedimento qui in esame, invero, a pagina 36 si evidenzia già come la esimente della legittima difesa attuazione del principio della inconciliabilità di tale causa di giustificazione con la previsione del pericolo da parte dell'agente e la libera accettazione di esso. In altri termini la Corte territoriale, dal canto suo, si è allineata al principio, più volte affermata dalla giurisprudenza di legittimità, e coerente con la ricostruzione dei fatti come sopra ricordata, secondo cui non è invocabile la legittima difesa da parte di colui che accetti una sfida o si ponga volontariamente in una situazione di pericolo dalla quale è prevedibile o ragionevole attendersi che derivi la necessità di difendersi dall'altrui aggressione (Sez. 2, Sentenza n. 13151 del 10/11/2000 Ud. (dep. 02/04/2001 ) Rv. 218588). Nel caso di specie, cioè, i giudici del rinvio hanno sostenuto che l'avere portato la pistola in luogo pubblico con la previsione della necessità di doverla utilizzare in caso di pericolo per l'incolumità del fratello Livio integrasse il requisito della accettazione della situazione di pericolo da parte degli agenti ai quali, per tale ragione, è interdetta la possibilità di invocare l'operatività della causa di giustificazione. Senochè — e in ciò il Collegio ha ravvisato la manifesta illogicità della motivazione- nella sentenza impugnata si afferma essersi accertato che (pagina 33) l'imputato, unitamente al fratello Salvatore, si sarebbe portato in quel posto, debitamente armato, per difendere il germano Livio da un possibile agguato, teso ai suoi danni dai componenti della famiglia De Michele, evento poi verificatosi. In una simile affermazione, in sé evocativa anche di una ricostruzione del fatto in termini proprio di legittima difesa, manca la necessaria dimostrazione e argomentazione della ravvisabilità, nel comportamento del ricorrente, della "accettazione della sfida". Tale evenienza è data da una situazione di conclamata manifestazione, da parte dell'interlocutore, di porre in pericolo l'incolumità dello sfidato, il quale pertanto, se si mette in condizione di replicare, non è legittimato, poi, dall'ordinamento, ad invocare lo status di chi agisca, senza alternative, a causa della necessità di difendersi. Si nota, invero, nella motivazione, che la affermazione di una situazione corrispondente alla "accettazione della sfida" da parte del ricorrente o comunque la previsione della situazione di grave pericolo per la incolumità del fratello Livio, risultino in contraddizione logica con la ricostruzione , pure accreditata in sentenza, del fatto che Livio accettò, in quello stesso frangente, di seguire Tommaso De Michele, essendo non armato, e quindi nella ragionevole convinzione di non andare ad una sfida ovvero non avendo in concreto previsto di porsi in una situazione di pericolo per la propria incolumità, per quanto astrattamente ipotizzabile. E non risulta, altresì, motivatamente argomentata la ragione per la quale siffatto atteggiamento psicologico di Livio avrebbe dovuto non essere condiviso dal ricorrente. Una lacuna argomentativa da colmare, ove ne ricorrano i presupposti, è cioè quella che riguarda la possibilità o meno di ricostruire il comportamento del ricorrente in termini non già di preparazione di una difesa preventiva quanto di assicurazione del possesso dell'arma con finalità meramente intimidatorie e successivo concorso nell'uso della stessa per la necessità di difendersi da un attacco mortale non previsto in quanto tale. sia stata esclusa non per una improbabile incompatibilità con l' insussistente reato di rissa bensì in una difesa preve intimidatorie mortale a quanto di assicu uccessivo concorso n one del possesso dell'arma on finalità meramente uso della stessa per la neces di difendersi da un attacco revis • n Alla inammissibilità dei ricorsi di De Michele Tommaso e De Michele Piero consegue, ex art. 616 cpp, la condanna di ciascuno di essi al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000. PQM annulla la sentenza impugnata limitatamente al ciriferrna o giudizio di colpevolezza di italiano Massi Dichiara inammissibile il ricorso di De Michele Tommaso e De Michele Piero e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000. Roma 12 aprile 2013 in ordine al reato di omicidio, con rinvio alla corterdppello di Lecce per nuovo esame.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA