Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28046 del 11/03/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28046 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CERRITO SALVATORE N. IL 12/09/1944
avverso la sentenza n. 4447/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 04/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;
Data Udienza: 11/03/2014
Considerato che:
Cerrito Salvatore ricorre avverso la sentenza, in data
4.03.2013, della Corte di Appello di Palermo che ha condannato il
ricorrente alla pena di anni uno di reclusione ed euro 500 di
multa per il delitto di truffa e, chiedendo l’annullamento del
provvedimento impugnato si duole dell’erronea applicazione di
legge penale e dell’omessa motivazione in relazione agli artt.
Il ricorso è manifestamente infondato; le censure proposte
dalla difesa sono assolutamente generiche e prive della
specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione
all’art. 591 lett. c) cod. proc. pen., a fronte delle motivazioni
addotte dalla Corte di appello, che non risultano viziate da
illogicità manifeste.
Questa Corte ha stabilito che “La mancanza nell’atto di
impugnazione, dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc.
pen. – compreso quello della specificità dei motivi – rende l’atto
medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a
produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità
di emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di
inammissibilità”. (Cass. Pen., sez. l, 22.4.97, Pace, 207648);
“In tema di impugnazioni, il requisito della specificità dei
motivi, richiesto espressamente dall’art. 581 c.p.p. a pena di
inammissibilità, implica a carico della parte impugnante non solo
l’onere di dedurre le censure ad uno o più punti determinanti
della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e
preciso, gli elementi e le ragioni che sono alla base delle
censure medesime, al fine di consentire al decidente della
impugnazione di rilevare i rilievi mossi ed esercitare il proprio
sindacato” .(Cass. Pen. sez. Il, 2348/2013);
Uniformandosi a questo orientamento che il Collegio condivide,
va dichiarata inammissibile l’impugnazione;
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
192,438,530 cod. proc. pen.
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso,
si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000 in
Roma l
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favore .-lla Cassa delle ammende.