Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28045 del 05/04/2013

Penale Sent. Sez. 5 Num. 28045 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
B.B.
S.S.
avverso la sentenza n. 1192/2006 CORTE APPELLO di CAGLIARI,
del 07/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 05/04/2013

– Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Piero Gaeta, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
Udito, per. I ricorrenti, l’avv. Cecilia Bassu, che ha chiesto l’annullamento della
sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 7 marzo 2012, a conferma di

e S.S. a pena di giustizia per il reato di furto continuato e
aggravato in danno di Mereu Renato, commesso in agro di Talana tra il 2001 e il
2004.
A fondamento della condanna vi è il rinvenimento nella disponibilità degli
imputati di parte della refurtiva (600 pali per sorreggere viti, di cui 30 ed alcuni
tubi in acciaio trovati nell’ovile dei B.B.; numerosi altri pali rinvenuti
nell’ovile di S.S.).

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
degli imputati, l’avv. Cecilia Bassu, che censura la sentenza per motivi di rito e di
merito.
Nel rito, lamenta l’inosservanza di plurime norme di legge processuale e
costituzionale, per l’indeterminatezza del capo d’imputazione e per violazione del
principio di correlazione tra accusa e sentenza. Deduce che gli imputati erano
stati tratti a giudizio per il reato di furto aggravato di “numerosi pali metallici e
sei tubi in acciaio inox di proprietà di Mereu Renato” (artt. 110 – 624 – 625, n.
2,5,7 cod. pen.) accertato in Talana il 9/3/2004, senza ulteriore specificazione in
ordine all’epoca del furto. Inoltre, che erano stati condannati (non per un solo
furto, ma) per tre furti diversi commessi il 19 e il 23 novembre 1991, il 31-102003 ed il 4-3-2004, sempre in danno di Mereu Renato, senza che il Pubblico
Ministero avesse provveduto ad integrare l’imputazione nel corso del giudizio.
Nel merito, si duole di una condanna pronunciata senza la prova che gli oggetti
rinvenuti nella disponibilità degli imputati fossero proprio quelli sottratti al
Mereu, trattandosi di oggetti comunemente usati nelle aziende agricole sarde, e
senza la prova che gli oggetti possano essere pervenuti nella disponibilità degli
imputati in conseguenza di altro reato.
Lamenta, infine, l’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio e l’immotivato
diniego delle circostanze attenuanti generiche, di cui gli imputati sarebbero
meritevoli in considerazione della giovane età e delle tristi condizioni di vita.

CONSIDERATO IN DIRITTO
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quella emessa dal Tribunale di Lanusei, ha condannato A.A., B.B.

Nessuno dei motivi di ricorso, sia in rito che in merito, appare fondato.

1. Non è condivisibile la censura di indeterminatezza del capo d’imputazione, in
quanto agli imputati è stato contestato, fin dall’inizio, il furto di numerosi pali
metallici commesso in danno di Mereu Renato in Talana ed è stata indicata la
data di accertamento del reato. Sono indicati precisamente, pertanto, l’oggetto
del furto, il soggetto passivo e l’epoca di accertamento del reato. A ciò si
aggiunga che gli imputati, a seguito di perquisizione, erano stati trovati in

cosa erano accusati. La precisione della contestazione serve, invero, a porre
l’imputato nella condizione di conoscere esattamente il contenuto dell’accusa, in
guisa da consentirgli di esplicare, nei tempi e nei modi richiesti dalla natura del
reato, il suo diritto di difesa. Cosa consentita dalla conoscenza, nello specifico del
furto, della persona della vittima, dell’oggetto materiale del reato e dell’epoca di
accertamento dello stesso. In ogni caso, come correttamente rilevato dalla Corte
d’appello, la genericità della contestazione deve essere dedotta nel termine di cui
al primo comma dell’articolo 491, ossia subito dopo il compimento delle formalità
relative alla costituzione delle parti, trattandosi di una nullità di ordine relativo,
ai sensi dell’art. 181 cod. proc. pen. (Cass. Pen., n. 20739 del 25/3/2010).
Contestazione che, nella specie, non vi è stata nei termini stabiliti.

2. Nemmeno è fondata la censura di violazione del principio di correlazione tra
accusa e sentenza. Com’è noto la giurisprudenza di legittimità si ispira, nella
verifica della mancata corrispondenza tra fatto contestato e fatto ritenuto in
sentenza, al principio dell’effettività del diritto di difesa, secondo cui il parametro
di verifica della sussistenza della violazione del principio in questione è costituito
dalla compressione, o meno, del diritto suddetto.
Si ha dunque il rispetto del principio nei casi in cui della violazione poi ritenuta in
sentenza si sia trattato nelle varie fasi del processo ovvero in quelli nei quali sia
stato lo stesso imputato ad evidenziare il fatto diverso quale elemento a sua
discolpa (si vedano in questo senso, da ultimo, Cass., sez. 4^, 15 gennaio 2007
n. 10103, Granata, rv. 236099; sez. 2^, 23 novembre 2005 n. 46242, Mignatta,
rv. 232774; sez. 4^, 17 novembre 2005 n. 2393, Tucci, rv.232973; 10
novembre 2005 n. 47365, Codini, rv. 233182; 25 ottobre 2005 n. 41663,
Canonizzo, rv. 232423; 4 maggio 2005 n. 38818, De Bona, rv. 232427; sez. 1^,
10 dicembre 2004 n. 4655, Addis, rv.230771) e a meno che non si tratti di fatto
completamente diverso ed eterogeneo, in cui l’imputazione venga immutata nei
suoi elementi essenziali (v. Cass., sez. 1^, 14 aprile 1999 n. 6302, Iacovone;
sez. 6^, 14 gennaio 1999 n. 2642, Catone).

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possesso della refurtiva, per cui hanno saputo con esattezza, fin dall’inizio, di

E’ inoltre indiscusso che, se effettivamente verificatasi, la nullità è di ordine
generale a regime intermedio e deve essere dedotta nei limiti previsti dagli artt.
180 e 182 c.p.p. (in questo senso v. Cass., sez. 2^, 17 maggio 2006 n. 19585,
Antonuccio, rv.234199; sez. 4^, 29 novembre 2005 n. 14180, Pelle, rv. 233952;
sez. 5^, 28 settembre 2005 n. 44008, Di Benedetto, rv. 232805).
Nel caso in esame è da escludere che si tratti di fatto completamente diverso ed
eterogeneo, per cui diviene applicabile il principio – affermato da Cassazione
penale, sez. Vi, 16/09/2004, n. 437, proprio in un caso in cui non era stata

dell’art. 81, cpv, cod. pen. – secondo cui, ai fini della contestazione dell’accusa,
ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto e non l’indicazione degli articoli
di legge che si assumono violati.
Basterebbe la riaffermazione di quest’ultimo principio per confermare la
correttezza della sentenza impugnata; va però in aggiunta rilevato che già nel
giudizio di primo grado non solo si era discusso ampiamente dell’ipotesi della
continuazione, ma la sentenza aveva chiaramente specificato, dietro esame dei
testi, che gli episodi delittuosi erano tre e che erano stati commessi in tre anni
diversi: nel 2001, nel 2003 e nel 2004 e che riguardavano proprio i pali ed i tubi
per cui è procedimento.
Deve quindi concludersi che, se anche dovesse ritenersi verificato lo scostamento
denunziato, non vi sarebbe stata alcuna concreta lesione del diritto di difesa,
essendosi, di questa violazione, ampiamente discusso già nel corso del giudizio
di primo grado ed avendo avuto gli imputati ampie garanzie e possibilità
difensive (di fatto esercitate) sul punto in questione.

3. Nel merito le doglianze sono manifestamente infondate, avendo i giudicanti
chiaramente espresso i motivi per cui ritengono che la refurtiva trovata in
possesso degli imputati fosse quella sottratta al Mereu, costituiti dal sicuro
riconoscimento da parte della vittima, dalla particolarità dei pali (acquistati dal
Mereu presso un’azienda veronese e sconosciuti ad altri agricoltori della zona),
dall’assenza di qualsiasi spiegazione circa le modalità di acquisizione da parte
degli imputati, dal comportamento tenuto durante la perquisizione (S.S. si diede alla fuga appena saputo della perquisizione e prima che i militari
trovassero la refurtiva).
Del tutto congetturale è, poi, l’affermazione che i pali e i tubi possano
essere pervenuti agli imputati in conseguenza di altro reato, posto che nemmeno
gli interessati hanno fornito spiegazioni alternative.

4. L’ultimo motivo è riferito al trattamento sanzionatolo e non soltanto
rappresenta pedissequa riproduzione di doglianze già esposte al g’udice
4

contestata la continuazione né era stata fatta menzione, nel capo d’imputazione,

d’appello, ma attiene a valutazioni squisitamente di merito che il compendio
motivazionale nel suo complesso consente di affermare adeguate in relazione
alla gravità dei fatti e alla personalità degli imputati. La Corte territoriale ha
adeguatamente apprezzato, nel caso di specie, per tutti gli imputati, la gravità
della condotta (reiterata nel tempo) e del danno arrecato alla persona offesa
(oltre 40 mila euro di danno emergente, il danneggiamento di numerosissime viti
in conseguenza dell’espianto del pali, il rallentamento della produzione per vari
anni), oltre che, per S.S., un precedente in materia di armi.

d’appello in ordine al trattamento sanzionatorio, commisurato, come si legge in
sentenza, ai parametri (quelli di cui all’art. 133 cod. pen.) che, per legge, devono
guidare il giudice nell’esercizio della potestà punitiva attribuitagli dalla legge.

I ricorsi vanno pertanto rigettati, con conseguente condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetti ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 5/4/2013

Per nulla immotivata e nient’affatto apodittica è, quindi, è la scelta dei giudici

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