Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28044 del 05/04/2013
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28044 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: VESSICHELLI MARIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOCERA GIUSEPPINA N. IL 22/09/1954
avverso la sentenza n. 23/2011 TRIBUNALE di SALUZZO, del
06/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pche ha concluso per
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cek. Udito, per la parte civile, l'Avv
Udit i difensor Avv. rd-JediAL- Data Udienza: 05/04/2013 3) la erronea applicazione degli articoli 238 e 613 c.p.p.
Erroneamente il giudice dell'appello aveva rigettato l'acquisizione del verbale della visita ispettiva
eseguita il 10 novembre 2009, sul presupposto che si trattasse di atto relativo procedimento civile
non definito con sentenza passata in giudicato.
Tale notazione era del tutto irrilevante trattandosi di un documento legittimamente acquisibile.
Il ricorso è fondato.
Assorbente e decisivo appare il primo motivo di ricorso con il quale si denunciaTondatamente il vizio della
Occorre prendere le mosse dat rilievo della assoluta pertinenza del principio normativo evocato dal
ricorrente ai sensi dell'articolo 599 comma due c.p. , come costantemente interpretato dalla giurisprudenza
di questa Corte: principio secondo cui, in tema di ingiuria e diffamazione, la causa di non punibilità della
provocazione di cui all'art. 599, comma secondo, cod. pen., sussiste non solo quando il fatto ingiusto altrui
integra gli estremi dell'illecito civile o penale, ma anche quando esso sia lesivo di regole comunemente
accettate nella civile convivenza (Rv. 252948; conformi: N. 21455 del 2009 Rv. 243506, N. 24864 del 2010
Rv. 247683histunlisted).
È stato poi anche osservato che , ai fini della integrazione della causa di non punibilità della provocazione,
non è richiesta la proporzione fra la reazione ed il fatto ingiusto altrui, essendo sufficiente che sussista un
nesso di causalità determinante tra fatto provocante e fatto provocato e non un legame di mera
occasionalità (Rv. Rv. 110266; rv 253787). Infatti, soltanto in quest'ultima ipotesi mancherebbe il vero e
proprio stato d'ira e non potrebbe dirsi che l'imputato abbia agito per una comprensibile emozione
derivante dal fatto ingiusto altrui posto che, al contrario, risulterebbe che egli abbia operato per un suo
particolare stato di malanimo verso il soggetto passivo ovvero per il suo temperamento esageratamente
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impulsivo, wcui manifestazioni il fatto altrui è stato soltanto l'occasione o pretesto (Rv. 110266).
Tanto premesso, coglie iir~ nel segno l'osservazione della difesa secondo cui il giudice dell'appello è
caduto in un vizio della motivazione censurabile ai sensi dell'articolo 606 lett. e c.p.p. quando, dopo avere
dato atto, a pagina nove della sentenza impugnata, che la condotta dell'imputata è stata " il frutto quasi
inevitabile di una vera e propria esasperazione determinata da una prolungata e inopinata in ottemperanza
da parte della pubblica amministrazione ad un'espressa decisione dell'autorità giudiziaria", non ha poi,
spiegato le ragioni per le quali una simile situazione sostanziale non potesse essere inquadrata nella causa
di non punibilità dell'articolo 599 comma due c.p..
Ed infatti una simile motivazione evidenzia la esistenza di un fatto ingiusto per l'imputata, capace, in linea
di principio, di atteggiarsi a antefatto provocatorio della condotta penalmente rilevante.
li giudice del rinvio, sul quale l'obbligo di riconoscere la causa di proscioglimento nel merito incombeva,
comunque, ai sensi dell'articolo 129 CPp, anche d'ufficio, dovrà procedere alla valutazione della sussistenza
della detta causa di non punibilità chiarendo, in particolare, la possibilità di ricostruire in un rapporto di
causalità la condotta dell'imputata, da un lato, rispetto ad una condotta ingiusta del querelante, riferibile
alle circostanze sopra ricordate: ed in particolare esaminare se l'iniziativa contestata alla Nocera nel capo
d'imputazione sia stata-o meno- l'effetto e la risposta pressoché necessaria ad un comportamento omissivo
della pubblica amministrazione riferibile anche personalmente a poteri propri o comunque ad iniziative
concrete del querelante, nell'esercizio delle sue funzioni.
Sotto altro profilo, la sentenza impugnata merita censura anche in relazione alla esclusione della causa di
giustificazione dell'esercizio di un diritto, sotto il profilo putativo. motivazione del provvedimento impugnato. 3) la erronea applicazione degli articoli 238 e 613 c.p.p.
Erroneamente il giudice dell'appello aveva rigettato l'acquisizione del verbale della visita ispettiva
eseguita il 10 novembre 2009, sul presupposto che si trattasse di atto relativo procedimento civile
non definito con sentenza passata in giudicato.
Tale notazione era del tutto irrilevante trattandosi di un documento legittimamente acquisibile.
Il ricorso è fondato.
Assorbente e decisivo appare il primo motivo di ricorso con il quale si denuncia un fondatamente il vizio
Occorre prendere le mosse dal rilievo della assoluta pertinenza del principio normativo evocato dal
ricorrente ai sensi dell'articolo 599 comma due c.p. , come costantemente interpretato dalla giurisprudenza
di questa Corte: principio secondo cui, in tema di ingiuria e diffamazione, la causa di non punibilità della
provocazione di cui all'art. 599, comma secondo, cod. pen., sussiste non solo quando il fatto ingiusto altrui
integra gli estremi dell'illecito civile o penale, ma anche quando esso sia lesivo di regole comunemente
accettate nella civile convivenza (Rv. 252948; conformi: N. 21455 del 2009 Rv. 243506, N. 24864 del 2010
Rv. 247683histurilisted).
È stato poi anche osservato che, ai fini della integrazione della causa di non punibilità della provocazione,
non è richiesta la proporzione fra la reazione ed il fatto ingiusto altrui, essendo sufficiente che sussista un
nesso di causalità determinante tra fatto provocante e fatto provocato e non un legame di mera
occasionalità (Rv. Rv. 110266; rv 253787). Infatti, soltanto in quest'ultima ipotesi mancherebbe il vero e
proprio stato d'ira e non potrebbe dirsi che l'imputato abbia agito per una comprensibile emozione
derivante dal fatto ingiusto altrui posto che, al contrario, risulterebbe che egli abbia operato per un suo
particolare stato di malanimo verso il soggetto passivo ovvero per il suo temperamento esageratamente
impulsivo, rispetto alle cui manifestazioni il fatto altrui è stato soltanto l'occasione o pretesto (Rv. 110266).
Tanto premesso, coglie nel segno l'osservazione della difesa secondo cui il giudice dell'appello è caduto in
un vizio della motivazione censurabile ai sensi dell'articolo 606 lett. e c.p.p. quando, dopo avere dato atto, a
pagina nove della sentenza impugnata, che la condotta dell'imputata è stata "il frutto quasi inevitabile di
una vera e propria esasperazione determinata da una prolungata e inopinata in ottemperanza da parte
della pubblica amministrazione ad un'espressa decisione dell'autorità giudiziaria", non ha poi, spiegato le
ragioni per le quali una simile situazione sostanziale non potesse essere inquadrata nella causa di non
punibilità dell'articolo 599 comma due c.p..
Ed infatti una simile motivazione evidenzia la esistenza di un fatto ingiusto per l'imputata, capace, in linea
di principio, di atteggiarsi a antefatto provocatorio della condotta penalmente rilevante.
Il giudice del rinvio, sul quale l'obbligo di riconoscere la causa di proscioglimento nel merito incombeva,
comunque, ai sensi dell'articolo 129 CPp, anche d'ufficio, dovrà procedere alla valutazione della sussistenza
della detta causa di non punibilità chiarendo, in particolare, la possibilità di ricostruire in un rapporto di
causalità la condotta dell'imputata, da un lato, rispetto ad una condotta ingiusta del querelante, riferibile
alle circostanze sopra ricordate: ed in particolare esaminare se l'iniziativa contestata alla Nocera nel capo
d'imputazione sia stata-o meno- l'effetto e la risposta pressoché necessaria ad un comportamento omissivo
della pubblica amministrazione riferibile anche personalmente a poteri propri o comunque ad iniziative
concrete del querelante, nell'esercizio delle sue funzioni.
Sotto altro profilo, la sentenza impugnata merita censura anche in relazione alla esclusione della causa di
giustificazione dell'esercizio di un diritto, sotto il profilo putativo. della motivazione del provvedimento impugnato. • Come posto in evidenza dal difensore, la sentenza ha omesso di valutare tale richiesta con riferimento al
principio, già fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema del reato di diffamazione,
la circostanza di aver portato il fatto a conoscenza del superiore gerarchico per sollecitare un intervento ha
efficacia scriminante se sussista la condizione che il fatto disonorevole attribuito sia vero o ritenuto tale in
base ad una ragionevole convinzione (Sez. 5, Sentenza n. 12092 del 10/04/1987 Ud. (dep. 03/12/1987) Rv.
177150).
Principi analoghi sono già stati affermati anche con riferimento al tema degli esposti al consiglio dell'ordine
degli avvocati nei quali siano rappresentati dubbi o perplessità sulla correttezza professionale di un legale
(Rv. 248422).
l'esposto o segnalazione al competente Consiglio dell'ordine contenente accuse di condotte
deontologicamente e penalmente rilevanti tenute da un professionista nei confronti del cliente
denunciante, costituisce esercizio di legittima tutela degli interessi di quest'ultimo, attraverso il diritto di
critica ( sub specie di esposto, art. 51 cod. pen.), per il quale valgono i limiti ad esso connaturati occorrendo, in primo luogo, che le accuse abbiano un fondamento o, almeno, che l'accusatore sia
fermamente e incolpevolmente (ancorché erroneamente ) convinto di quanto afferma - che se rispettati
escludono la sussistenza del delitto di diffamazione (Rv. 250406; Rv. 238909).
Invero, nella sentenza impugnata, pur dandosi atto, a pagina 9, che non risultano provate una o più
iniziative del querelante volte a dare corpo ad una serie di espedienti per impedire subdolamente la
concreta attuazione del provvedimento del giudice del lavoro, non si esamina lo stesso comportamento del
querelante sotto il profilo della eventuale sua idoneità a radicare un legittimo convincimento del contrario
nella imputata.
Anche tale punto della motivazione dovrà essere rivisitato subordinatamente al mancato accoglimento del
primo.
PQM
annulla sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Saluzzo per nuovo esame.
Roma 5 aprile 2013 Si è posto in evidenza, al riguardo, ma con principio estensibile ai casi analoghi quale è quello di specie, che