Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28043 del 05/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 28043 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPUTO LUIGI ANTONIO N. IL 10/12/1948
avverso la sentenza n. 5593/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
20/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 05/04/2013

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Piero Gaeta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Nessuno è comparso per il ricorrente.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 20/2/2012, in parziale riforma
di quella emessa dal Tribunale di Vigevano, ha condannato Caputo Luigi a pena

commesso quale legale rappresentante della ICEV srl, dichiarata fallita il
15/4/2004.
Secondo la prospettazione accusatoria, condivisa dai giudice del merito, il
Caputo, presidente del Consiglio di amministrazione della ICEV spa, distrasse
somme per 156 milioni di lire (confluite per 100 milioni nella società Olbiata, di
Vaduz, riconducibile all’imputato, e per la parte restante in conti personali) e
tenne le scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione del
patrimonio e del movimento degli affari (le scritture furono aggiornate solo fino
al 1997), rendendo così problematica la conoscenza delle vicende societarie
successive al 1997 ed il recupero di un terreno uscito dal patrimonio della società
nell’anno 1999.
2.

Ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse dell’imputato, l’avv.

Massimo Lovati, che si avvale di due motivi.
Col primo censura, per violazione dell’art. 216 della L.F., la sentenza
d’appello, che ha ritenuto integrata la bancarotta documentale da una condotta
omissiva. Deduce l’insussistenza del reato de quo, poiché le scritture erano state
istituite ed aggiornate fino al 1997, ultimo anno di operatività della società; che
erano state tenute dal commercialista, rag. Zambruno, il quale non le aveva
restituite perché ancora creditore delle prestazioni professionali rese; che il
Caput° si era reso disponibile a fornire tutte le informazioni necessarie alla
comprensione delle vicende societarie ed era stato il curatore ad non effettuare
“tutte le necessarie verifiche” idonee al recupero e alla valorizzazione dei beni
sociali.
Col secondo censura, sotto il profilo del vizio di motivazione, la sentenza
suddetta, che non ha adeguatamente apprezzato, a suo giudizio, l’elemento
oggettivo e soggettivo del reato di bancarotta documentale. Deduce,
promiscuamente, che il curatore avrebbe potuto, con l’ordinaria diligenza,
“ricostruire l’intera vicenda aziendale”; che il Caput° “non poteva possedere la
consapevolezza che la mancata tenuta della contabilità poteva rendere
impossibile la ricostruzione del patrimonio sociale o il movimento degli affari
societari”; che aveva rilasciato garanzie personali a favore dei creditori sociali;

2

di giustizia per Il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale

che era in carcere al momento della dichiarazione di fallimento e che la società
era inattiva dal 1997; che si prodigò, dopo il fallimento, per fornire al curatore
tutte le informazioni e la documentazione a sua disposizione; che il pagamento di
£ 100 milioni a favore di Orbiada srl era giustificato dai rapporti commerciali
intrattenuti con detta società, e così pure quello di £ 2.975.000 a favore di
Ecosystem srl.
Deduce, infine, la prescrizione del reato.

Nessuno dei motivi di ricorso merita accoglimento.
1. E’ insussistente la violazione di legge lamentata col primo motivo di ricorso.
Nel concetto di “irregolare tenuta” della documentazione contabile, di cui all’art.
216 della L.F., è compresa, infatti, l’omissione della tenuta, quando abbia
l’effetto di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento
degli affari, essendo del tutto illogico sanzionare una condotta doverosa che
devia, nel momento attuativo, dallo schema normativa e mandare esente da
pena la totale omissione della condotta stessa. Lo scopo della norma è, infatti,
quello di rendere possibile la ricostruzione delle vicende societarie, nell’interesse
dei creditori e dei soci, per cui la condotta punita è quella che rende impossibile
la suddetta ricostruzione, qualunque forma assuma (vale a dire, sia che si tratti
di condotta positiva che negativa).
Quanto alle ulteriori doglianze contenute nel primo e secondo motivo di
ricorso, tutte riconducibili al vizio di motivazione, va osservato che esse sono
fondate su motivi non specifici. Con consolidato orientamento, questa Corte ha
avuto modo di precisare che “è’ inammissibile il ricorso per Cessazione fondato
su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza
di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua
genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione
tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità….” (Cass. 4, 5191/2000,
imp. Barone, rv. 216473).
In particolare il giudice di primo e secondo grado hanno evidenziato che la
bancarotta patrimoniale è correlata alla distrazione di circa 156 milioni di lire,
prelevati dal Caputo dal c/c bancario della società (acceso presso la Cassa di
Risparmio di Parma e Piacenza) e fatti confluire, per 100 milioni, nella società
Olbiata di Vaduz, riconducibile all’imputato, e per la parte restante in conti
personali; mentre la bancarotta documentale è correlata al mancato

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

aggiornamento dei libri contabili per il periodo successivo al 1997 e alla mancata
approvazione dei bilanci: fatti che avevano compromesso la capacità di recupero
dei beni sociali da parte del curatore, tant’è che solo in maniera fortunosa era
emersa la circostanza – rilevante per la ricostruzione del patrimonio societario della vendita (nel 1997) e della retrocessione (nel 1999) di un importante bene
immobile societario. Hanno già evidenziato che il dolo generico, richiesto per la
sussistenza della bancarotta documentale, si evince proprio dalle operazioni
distrattive poste in essere nel periodo in cui è stata omessa la tenuta della

correttamente, che obbligato alla tenuta della contabilità è l’imprenditore (e non
il professionista cui egli è affidato); che la tardiva produzione di documenti, nel
corso del dibattimento di primo grado, effettuata dall’imputato, se gli è valsa
l’assoluzione per le altre operazioni distrattive contestate, è tuttavia prova della
sottrazione delle scritture stesse, tenute, comunque, in maniera da non rendere
possibile la tempestiva ricostruzione del patrimonio societario, tant’è che
importanti azioni revocatorie sono rimaste precluse al curatore; che in maniera
del tutto singolare è stata addebitata al curatore “inerzia” nel recupero e nella
valorizzazione dei beni sociali; che la prova della distrazione è
nell’appropriazione della liquidità societaria.
A fronte di questa motivazione il ricorrente non fa che riproporre
doglianze già esaminate e adeguatamente confutate, evitando persino di
confrontarsi con le precise e corrette argomentazioni del giudice di merito e
riproponendo, in maniera senz’altro inammissibile, la tesi della buona fede del
Caput° nella tenuta dei libri contabili e della destinazione a scopi sociali delle
somme prelevate, senza darsi minimamente pensiero di spiegarne il
fondamento.
L’eccezione di prescrizione è, infine, infondata, in quanto il momento
consumativo del reato è segnato, per unanime giurisprudenza, dal fallimento
(che è del 15/4/2004). Quindi, da tale data vanno calcolati i termini di
prescrizione, che non verranno a maturazione prima del 2016.
Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 5/4/2013

contabilità; e hanno disatteso le giustificazioni difensive, rilevando, del tutto

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA