Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28036 del 28/04/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28036 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CENNAME FLAVIO N. IL 19/07/1970
avverso l’ordinanza n. 7745/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
MILANO, del 22/04/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/sen4te le conclusioni del PG Dott. .TAuteketz,
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Data Udienza: 28/04/2016

I

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza depositata in data 22 aprile 2015 il Tribunale di sorveglianza
di Milano rigettava l’istanza proposta da Flavio Cennanne di ammissione
all’affidamento in prova in casi particolari. A sostegno della decisione il collegio di
sorveglianza rilevava l’assenza dei presupposti richiesti per legge per poter disporre
la richiesta misura in quanto il condannato non dispone di una stabile e fissa
dimora, ma soltanto di domiciliazione, offertagli dalla Caritas ambrosiana, che però

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Cenname a mezzo del difensore,
denunciandone la nullità per:
a) inosservanza o erronea applicazione degli artt. 17 e 19 cod. proc. pen. e
conseguente pronuncia “ultra petitum” in violazione degli artt. 516 e 522 cod. proc.
pen., in quanto l’istanza respinta era riferita solamente al procedimento sub n.
3181/13 SIEP, mentre il Tribunale aveva pronunciato anche in riferimento al
procedimento sub n. 778/2015 in assenza di qualsiasi provvedimento di riunione;
b) violazione dell’art. 178 cod. proc. pen. in relazione all’omessa citazione del
difensore e dell’interessato a comparire all’udienza del 22 aprile 2015 con la
conseguente grave violazione del diritto di difesa;
c) erronea applicazione dell’art. 94 d.P.R. n. 309/90 e carenza e manifesta illogicità
della motivazione; l’assenza di uno stabile domicilio non costituisce requisito
indispensabile per l’ammissione all’affidamento terapeutico, che richiede
certificazione sulla condizione di dipendenza, programma terapeutico ed idoneità
dello stesso al recupero del condannato, tutte condizioni attestate dalla
documentazione prodotta. Inoltre, il fatto che il ricorrente abbia presentato la
domanda mentre era già sottoposto a detto programma dimostra come la sua
attuazione non richiede uno stabile domicilio del sottoposto. L’ordinanza omette di
specificare in quale misura l’assenza di domicilio comprometta la prognosi
favorevole circa il recupero del condannato e l’adempimento delle relative
prescrizioni da parte dello stesso ed in modo laconico accenna ad un arresto per
furto avvenuto 11 dicembre 2014 senza indicare la rilevanza di tale circostanza.
3.Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di
Cassazione, dr. Francesco Salzano, ha chiesto annullarsi l’ordinanza impugnata con
rinvio, riscontrando la fondatezza del terzo motivo di ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti in seguito specificati.

1

non gli ha fornito alcuna soluzione alloggiativa.

1.11 primo motivo di gravame è inammissibile per manifesta infondatezza e
per carenza d’interesse: l’indicazione di due titoli esecutivi nella premessa del
provvedimento, anziché dell’unico per il quale la domanda di ammissione a misura
alternativa alla detenzione è stata avanzata non dà luogo a nullità per violazione
delle norme processuali indicate nell’impugnazione, dal momento che l’eventuale
riunione non compete al tribunale di sorveglianza, quanto all’ufficio di procura che
cura l’esecuzione, mentre le disposizioni che riguardano la corrispondenza tra
accusa e sentenza sono dettate per le decisioni emesse nel procedimento di

è obbligato a valutare la complessiva posizione giuridica del condannato anche per
verificare la sussistenza dei presupposti di ammissione alla misura e la
meritevolezza del beneficio al momento della decisione da assumere; piuttosto, se il
difensore, presente all’udienza, avesse avuto necessità di esplicare attività difensiva
avrebbe potuto e dovuto chiedere il differimento dell’udienza, domanda che non ha
proposto. Infine sul punto, non risulta che dalla considerazione di due titoli di
condanna, anziché dell’unico indicato nella domanda, i giudici di merito abbiano
fatto discendere alcun concreto pregiudizio per l’istante.
2. Anche il secondo motivo non ha alcun fondamento: il decreto di fissazione
dell’udienza camerale innanzi al tribunale è stato notificato al difensore di fiducia
del Cenname presso lo studio professionale in tale qualità e quale suo domiciliatario
in base alla dichiarazione effettuata in sede all’atto di conferimento del mandato.
Inoltre, il predetto legale, avv.to Ilaria Sottotetti, risulta avere presenziato
all’udienza e concluso per l’accoglimento dell’istanza, come riportato testualmente
nel relativo verbale, sicchè non è dato comprendere, né l’impugnazione sul punto lo
specifica, quale “vulnus” abbia subito il diritto di difesa del condannato,
adeguatamente rappresentato da difensore partecipe all’udienza ed in grado di
svolgere ogni opportuna attività nel suo interesse.
3. Il terzo motivo, come premesso, è fondato: il collegio di merito ha respinto
la domanda di ammissione all’affidamento in casi particolari dopo avere dato atto
che la pena da espiare rientra nei limiti che consentono l’accesso al beneficio e che
la documentazione prodotta dall’interessato attesta la sua condizione di dipendenza
da alcolici, le modalità del relativo accertamento, la formulazione di un programma
terapeutico di tipo territoriale, dichiarato idoneo dagli operatori dell’istituzione
preposta. Ha però riscontrato quale elemento ostativo la carenza di uno stabile
domicilio, posto che il Cennarne per la sua condizione di bisogno è assistito da
organizzazione caritatevole. In tal modo ha espresso un giudizio negativo basato
su un requisito che la disciplina legislativa non richiede.

2

cognizione nella forma appunto della sentenza. Inoltre, il Tribunale di sorveglianza

3.1 In punto di diritto va ricordato che, in tema di affidamento in prova al
servizio sociale, richiesto per ragioni terapeutiche ai sensi del D.P.R. n. 309 del
1990, art. 94, l’applicazione dell’istituto postula i seguenti presupposti:
a) uno soggettivo, costituito dallo stato di tossicodipendenza o di alcool dipendenza
del soggetto richiedente, che, a pena di inammissibilità (v. art. 94, comma 1, parte
seconda, così come modificato dal D.L. 24 novembre 2000, n. 341, art. 10, comma
3, convertito con modificazioni nella L. 19 gennaio 2001, n. 4), deve essere
certificato da una struttura sanitaria pubblica e non può esaurirsi nell’uso abituale di

per la diagnosi pretesa (Cass. sez. 4, n. 38040 del 27/06/2012, Capuzzi, rv.
254366);
b)

l’altro oggettivo, rappresentato dai limiti edittali massimi della sanzione

complessivamente inflitta al soggetto o del residuo di maggiore pena da scontare e
dalla mancata, pregressa concessione per più di due volte dell’affidamento stesso.
In presenza di questi requisiti spetta all’Autorità giudiziaria procedere ad una
complessa valutazione circa il probabile conseguimento delle finalità del
programma, concordato dal soggetto interessato con un’unità sanitaria locale o con
uno degli enti previsti dal D.P.R. n. 115 del 1990, art. 115 oppure, infine, con
organismi privati, tenuto conto della pericolosità del condannato e dell’attitudine del
trattamento previsto a realizzare un suo effettivo reinserimento sociale. La
disamina pretesa dalla norma di riferimento non include la verifica del possesso di
fissa dimora da parte dell’istante, che è tanto meno richiesta se il programma
terapeutico, come nel caso in esame, sia strutturato con previsione della frequenza
dei presidi territoriali e non con modalità residenziale.
Deve dunque concludersi che il provvedimento impugnato incorre nel duplice
vizio di errata interpretazione ed applicazione della disposizione di cui al citato art.
94 e di carenza di motivazione, dal momento che non esplicita il ragionamento
valutativo sotteso alla decisione e le ragioni per le quali l’assenza di regolare e
stabile domicilio impedisca di dar corso alla misura richiesta e di realizzarne le
tipiche finalità di recupero del sottoposto e di prevenzione di altri reati.
4. Infine, l’ordinanza dà atto che il Cennanne è stato tratto in arresto in data 1
dicembre 2014 per il reato dì furto aggravato: non è però dato comprendere se sia
tuttora detenuto per siffatta violazione, quale rilievo il Tribunale assegni a tale
circostanza e se l’abbia ritenuta indicativa di accresciuta pericolosità sociale del
condannato.
4.1 E’ pur vero che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di
questa Corte, il riscontro circa la pericolosità sociale del condannato rende inidonea
la misura dell’affidamento terapeutico. Il legislatore, con la L. n. 49 del 2006,
proprio in riferimento a tale istituto prevede, infatti, al comma quarto dell’art. 94

3

sostanze psicotrope, il quale costituisce condizione essenziale ma non sufficiente

d.P.R. 309/90 che tale programma debba assicurare la prevenzione dei reati, così
uniformandosi alla giurisprudenza di questa Corte, che più volte aveva segnalato
come il giudice, ben lungi dall’accettare supinamente il programma stesso, dovesse
valutare la pericolosità del condannato, la sua attitudine a intraprendere
positivamente un trattamento, al fine di garantire un effettivo reinserimento nel
consorzio civile (cfr. Cass., sez. 1, nr. 33343 del 4/4/ 2001, Di Pasqua, rv. 220029;
sez. 1, nr. 18517 del 10/5/2006, Trione, rv. 233728; sez. 1, n. 46810 del
06/11/2012, Barbagallo). La Corte Costituzionale, con sentenza 5 dicembre 1997,

32 Cost., della L. 24 novembre 1981 n. 689, art. 67, in relazione alla L. 26 luglio
1975, n. 354, art. 47 bis e successive modificazioni, nonché all’art. 94 D.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, ha chiarito che la ratio dell’affidamento “terapeutico” di
persona tossicodipendente o alcoldipendente, è quella appunto di perseguire la cura
del reo, per cui il programma di recupero assume un ruolo di centralità nella
applicazione della misura vista sempre nell’ottica di un affrancamento del soggetto
dalla dipendenza dalla droga e/o dall’alcool. A fronte però di una valutazione “a
priori” di pericolosità del condannato, il programma terapeutico diviene di per sè
inidoneo ad arginare, per sua natura, le attitudini criminose del soggetto, posto che
la riuscita del progetto di recupero dipende dalla collaborazione del medesimo
interessato, negata in radice dalla sua stessa condizione di persona pericolosa.
4.2 E’ però necessario che tale valutazione tenga conto di tutti i dati
conoscitivi disponibili, della carriera criminosa del condannato, del suo
atteggiamento successivo al reato e durante eventuale periodo di espiazione
intramuraria, della manifestazione sincera e convinta, non strumentale, della
volontà di affrancarsi dalla dipendenza al fine di individuare pregnanti elementi
indicativi della probabile reiterazione di reati grazie alle modalità esecutive del
beneficio richiesto.
Poiché tale analisi della vicenda processuale non è stata condotta s’impone
l’annullamento dell’ordinanza impugnata, affetta da violazione di legge e da
motivazione incongrua e carente, ed il rinnovato esame della domanda del
ricorrente, che dovrà condursi in base ai principi sopra esposti.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
sorveglianza di Milano.
Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

n. 377, nel rigettare la questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art.

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